Il Catilinario/XXI
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Traduzione dal latino di Bartolomeo da San Concordio (XIV secolo)
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CAPITOLÒ XXI.
Come per certe novelle fu avuto consiglio e provvedimento contra la congiurazione.
Intanto Manlio io Toscana sollicitava il popolo, il quale, per sua povertà e per dolore della ingiuria, che da’ Romani aveano ricevuta, erano desiderosi di novità: perciocchè nella signoria di Silla tutte loro possessioni aveano perdute. Anche sollecitava malandrini e ladroni1 d’ogni generazione, de’ quali in quel luogo avea grande abbondanza. Alcuni altri sollecitava della gente di Silla, i quali erano venuti ad abitare in quelle contrade: a’ quali, per loro disordinati desiderii, e per la loro lussuria, non era rimaso niente. Quando queste cose furono nunciate a Cicerone2, temette e dubitò di sì pericoloso male: perocchè egli per suo privato e propio3 consiglio non potea più difendere la città da tradimento e dagli aguati; nè dell’oste di Manlio, quanto fosse, o che intendimento avesse, potea ben sapere la verità. Sicchè egli propose questa cosa in senato, della quale già le genti parlavano. Allora il consiglio stabilì, come si suol fare ne’ grandi e crudeli fatti, che i consoli avessono potestà, e dovessono mettere in opera che la repubblica non avesse dannaggio4. Questa (a)5 è la maggior podestà che il senato a’ consoli conceda: cioè d’apparecchiare oste; di muovere guerra; e costrignere in tutti i modi li compagni6 de’ Romani, e li cittadini; e d’avere sommo e libero imperio e giudizio in città e in oste: altramente, senza comandamento del senato o del popolo, niuno consolo ha signoria delle dette cose. Dopo pochi dì L. Senio senatore recò sue lettere, che gli erano venute di Fiesole, e lessele in senato: nelle quali si contenea che G. Manlio avea preso arme con grande moltitudine di gente nell’uscita d’ottobre7 Anche, siccome suole addivenire in cotali cose, veniano novelle di segni e di grandi meraviglie apparite8: le quali significavano gran male. Altri siccome adunamento si facea annunziavano; altri come armi si portava, e che da’ servi de Romani si moveva guerra in Puglia e a Capova9. Allora per ordinamento del senato fu mandato Q. Marzio Re a Fiesole e per quelle contrade, e Q. Metello Gretico nella Puglia. Li imperadori (a)10erano allora a Roma; ma non andarono là, perocch’egli stavano impediti. Acciocchè la malizia d’alcuni grandi, li quali tutte cose oneste e disoneste soleano rivendere, non potesse avere vittoria nè potenzia del comune, furono eziandio mandati pretori (b)11 Q. Pompeo Rufo a Capova, Q. Metello Celere nella Marca di Ancona; e fu lor conceduto ch’apparecchiassono oste quanto era mestieri secondo il tempo e secondo il pericolo. Altri ordinamenti fece eziandio il senato, cioè che, se alcuno manifestasse niuna cosa della congiurazione che contra il comune si facea, s’egli era servo, dovesse essere francato12, e dovesse avere dal comune cento sesterzi; s’egli era libero, che, perch’egli vi fosse colpevole, non ne dovesse esser punito, anzi dovesse avere dal comune dugento sesterzi13. (c)14. Anche ordinarono che di certi Romani molto usati e dotti d’arme15 li quali si chiamavano famiglie gladiatorie, fossono mandati a Capova e nelle castella che bisognava16; e che, secondo la condizione di ciascuno Romano, si dovesse avere studio e far che per tutta la città vegghiassono guardie, e fossono alcuni minori officiali sopra loro17.
Note
- ↑ sollecitava malandrini e ladroni) Si noti che malandrino suona alquanto diversamente che non è appresso di noi: chè val propriamente rubator di strada.
- ↑ nunciate a Cicerone) Nunciato o nunziato è lo stesso che annunciato o annunziato; ma è meglio usar questi ultimi.
- ↑ propio è voce antica, ed è lo stesso che proprio: ma si usa anche oggi familiarmente.
- ↑ dovessono mettere in opera che la repubblica non avesse dannaggio) Così traduce il latino: darent operam consules ne quid respublica detrimenti caperet. E vogliamo si ponga ben mente a quel mettere in opera, che qui è adoperato assolutamente, e vale mettere opera, far opera, operare; e in questo modo non è registrato nel Vocabolario della Crusca, tutto che a noi è avviso che punto non si debba imitare. Ancora si avverta che dannaggio è voce antica da non adoperare oggi, ed è lo stesso che danno.
- ↑ (dice Sallustio).
- ↑ compagni qui sta per socios de’ Latini, cioè alleati, confederali; e manca in questo sentimento al Vocabolario.
- ↑ nell’uscita d’ottobre) Uscita qui vale fine. Così il Villani nelle sue Cronache: Nel detto anno 1325, all’uscita d’agosto, e all’entrar di settembre, fu un cento ec.
- ↑ veniano novelle di segni e di grandi meraviglie apparite) Segno, oltre alle altre sue significazioni, fu usato anche per miracolo, portento, cosa soprannaturale, come è da intendere in questo luogo; ma non vogliamo lasciar, di avvertire che in questo senso non è oggi molto da usare.
- ↑ Qui abbiam creduto essere da seguitare la punteggiatura de’ testi latini della miglior lezione, e alcun che si è trasposto.
- ↑ (cioè li consoli).
- ↑ (cioè per signori e giudicatori)
- ↑ francato, cioè fatto franco, ovver libero.
- ↑ Il volgarizzamento ha dugento milia. Noi con l’autorità del testo lat. abbiam posto dugento.
- ↑ (E dessi qui intendere che in quel tempo si chiamava sesterzo alcun certo numero di moneta, siccome oggi dodici danari si chiamano soldo).
- ↑ molto usati e dotti d’arme) Usato qui sta per pratico, avvezzo, ed elegantemente si adopera in questo senso con le particelle di ed a, dicendosi usato di una cosa, e a una cosa. Il Boccaccio disse: Posta giù la femminil morbidezza, ed a’ cavalli ed all’arme usatasi ec.
- ↑ che bisognava, cioè dove bisognava.
- ↑ e fossono alcumi minori officiali sopra loro) Esser sopra è propriamente il latino praeesse, cioè soprantendere.