Capitolo XLIV

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Gaio Sallustio Crispo - Il Catilinario (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Bartolomeo da San Concordio (XIV secolo)
Capitolo XLIV
XLIII XLV
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CAPITOLO XLV.


Diceria di Catilina per confortare li suoi a combattere.


Io ho provato, o militi, che le parole non accrescono la forza dell’uomo, e che l’oste non diventa di cattiva provveduta1, nè timorosa [p. 65 modifica]lente per diceria di suo signore: chè quanto sia la velenzia dell’animo in ciascuno o per natura o per usato, tanto si manifesta nella battaglia. Quegli, cui non sollecita la gloria disiata nè i pericoli tenuti2, per niente è confortato: chè la paura dell’animo serra gli occhi. Ma io v’ho qui raunati per ammonirvi d’alquante cose in poche parole, e anche per manifestarvi e aprirvi la cagione del mio intendimento. Voi sapete, o militi, la pigrizia e negligenza di lentulo quanto male ha fatto a sè e a noi; e come io, aspettando ajuto di Roma, non sono potuto andare in Gallia. Ora a che sia3 lo fatto nostro voi tutti lo sapete così com’io. Contra di noi sono due osti di nemici, l’una verso Roma, l’altra di Lombardia: qui non potemo noi stare: seciò sostenesse il nostro animo, la necessità del formento e dell’altre cose ce ’l vieta4; là unque ire volemo, con ferro ci conviene aprire la via. Per la qual cosa io v’ammonisco che voi siate valenti e di vogoroso animo; e, quando vcerrete al combattere, ricordovi che voi ricchezze onore e gloria, anche la libertà e la patria, portate in vostre mani destre. Se vincemo, fratelli miei, tutto avremo a cheto5; cose da vivere in abbondanza, castella e ville saranno a nostro comando: se per paura noi fuggiamo, tutte queste cose avverranno per contrario; nè liogo nè amici difenderà cui l’arme non avrenno difeso. Anche, militi, non è simile cagione di combattere la loro come la nostra: noi combattiamo per la patria, per la libertà, per la nostra vita; aa coloro è poca cura di combattere per la potenzia d’alquanti pochi che li signoreggiano. E pertanto arditamente fedite6 a loro, ricordandovi della vistra prima virtù. Licito fu a noi con somma miseria in isbandamento menare la vita; poteste molti di voi, avendo perduti i vostri benio, aspettare gli altrui: ma, perchè quelle cose pareano molto laide e disconvenevoli ad uomini, diliberaste di seguitar quiest’altra. Se quesata lasciar volete, ardir ci bisogna: la battaglia non si muta in pace se non al vincitore. Sperare salvamento per fuga quando avvrai volte o lasciate l’arme, per le quali l’uoo è difeso, si è somma stoltia; e sempre nelle battaglie quelli sono in maggior pericolo, i quali più temono: l’ardire è [p. 66 modifica]per forte muro7. Quando considero voi, o militi, e ripenso li vostri fatti, io ho grande speranza della vittoria. L’animo vostro, l’età vostra, e la vostra virtù, mi confortano a ciò; anche la necessità, la quale eziandio li timorosi fa prodi e arditi. Moltitudine di nimici non ci può venire addosso, per la strettura del luogo8. Ma, se alla vostra virtù la ventura avesse invidia ovvero odio, guardate9 che non vogliate piuttosto perdere la vita senza vendetta, e essere presi e tagliati come pecore, che, combattendo a modo d’uomo, sanguinosa e dolorosa vittoria lasciare loro.

Note

  1. non diventa di cattiva provveduta) Cattivo qui si ha ad intendere vile, vigliacco, dap- poco, codardo, poltrone; e provveduto, forte, valoroso, chè il latino ha neque ex ignavo strenuum: e non sappiamo qui lodare il traduttore, il quale, potendo usare parole proprie e paerticolari, ha usato in iscambio vocaboli iproprii e generali.
  2. nè i pericoli tenuti) In questo luogo tenuti mostra che valga sostenuti; e in tal significato manca al Vocabolario; un solo esempio ne arrecano le giunte veronesi.
  3. Ora a che sia ec.) A che qui sta in luogo di a che stato, a o in quale stato; ed è proprietà di nostra lingua di adoperare il che solo, senza aggiungere altro, in questo sentimento. Ancora facciamo osservare che la particella come, quando significa in quel modo che, e sta in corrispondenza di così, si può usare o col quarto o col primo caso; e ben si dice: come io e come me. Così nel Boccaccio, nov. 15: Pietro, non essendosi tosto, come lei, de’ fanti, che veniano, avveduto ec. E Introd.: Voi potete così come io molte volte aver udito ec.
  4. la necessità del formento.... ce ’l vieta) Necessità val propriamente, come in questo luogo, estremo bisogno; e formento, che è lo stesso che lievito, cioè quella pasta inforzata per levitare il pane, qui sta per frumento, grano: ma in questo sentimento non è oggi da adoperare.
  5. tutto avremo a cheto) A cheto, posto avverbialmente, vale lo stesso che chetamente, pacificamente: ma non ci par oggi da adoperare.
  6. fedire è voce antica, ed è lo stesso che ferire: ma qui è adoperata assolutamente per attaccare la battaglia, cominciar la mischia.
  7. l’ardire è per forte muro, cioè sta in luogo di forte muro: chè qui la particella per sia in forza di in vece, in luogo. Si vegga il nostro Trattato delle particelle.
  8. per la strettura del luogo) Strettura è qui lo stesso che strettezza, ma è voce antica da non usare oggi.
  9. guardare, elegantemente, come in questo luogo, si adopera per badare, avvertire.