Pagina:Il Catilinario ed il Giugurtino.djvu/116


il catilinario 65

lente per diceria di suo signore: chè quanto sia la velenzia dell’animo in ciascuno o per natura o per usato, tanto si manifesta nella battaglia. Quegli, cui non sollecita la gloria disiata nè i pericoli tenuti1, per niente è confortato: chè la paura dell’animo serra gli occhi. Ma io v’ho qui raunati per ammonirvi d’alquante cose in poche parole, e anche per manifestarvi e aprirvi la cagione del mio intendimento. Voi sapete, o militi, la pigrizia e negligenza di lentulo quanto male ha fatto a sè e a noi; e come io, aspettando ajuto di Roma, non sono potuto andare in Gallia. Ora a che sia2 lo fatto nostro voi tutti lo sapete così com’io. Contra di noi sono due osti di nemici, l’una verso Roma, l’altra di Lombardia: qui non potemo noi stare: seciò sostenesse il nostro animo, la necessità del formento e dell’altre cose ce ’l vieta3; là unque ire volemo, con ferro ci conviene aprire la via. Per la qual cosa io v’ammonisco che voi siate valenti e di vogoroso animo; e, quando vcerrete al combattere, ricordovi che voi ricchezze onore e gloria, anche la libertà e la patria, portate in vostre mani destre. Se vincemo, fratelli miei, tutto avremo a cheto4; cose da vivere in abbondanza, castella e ville saranno a nostro comando: se per paura noi fuggiamo, tutte queste cose avverranno per contrario; nè liogo nè amici difenderà cui l’arme non avrenno difeso. Anche, militi, non è simile cagione di combattere la loro come la nostra: noi combattiamo per la patria, per la libertà, per la nostra vita; aa coloro è poca cura di combattere per la potenzia d’alquanti pochi che li signoreggiano. E pertanto arditamente fedite5 a loro, ricordandovi della vistra prima virtù. Licito fu a noi con somma miseria in isbandamento menare la vita; poteste molti di voi, avendo perduti i vostri benio, aspettare gli altrui: ma, perchè quelle cose pareano molto laide e disconvenevoli ad uomini, diliberaste di seguitar quiest’altra. Se quesata lasciar volete, ardir ci bisogna: la battaglia non si muta in pace se non al vincitore. Sperare salvamento per fuga quando avvrai volte o lasciate l’arme, per le quali l’uoo è difeso, si è somma stoltia; e sempre nelle battaglie quelli sono in maggior pericolo, i quali più temono: l’ardire è

    poco, codardo, poltrone; e provveduto, forte, valoroso, chè il latino ha neque ex ignavo strenuum: e non sappiamo qui lodare il traduttore, il quale, potendo usare parole proprie e paerticolari, ha usato in iscambio vocaboli iproprii e generali.

  1. nè i pericoli tenuti) In questo luogo tenuti mostra che valga sostenuti; e in tal significato manca al Vocabolario; un solo esempio ne arrecano le giunte veronesi.
  2. Ora a che sia ec.) A che qui sta in luogo di a che stato, a o in quale stato; ed è proprietà di nostra lingua di adoperare il che solo, senza aggiungere altro, in questo sentimento. Ancora facciamo osservare che la particella come, quando significa in quel modo che, e sta in corrispondenza di così, si può usare o col quarto o col primo caso; e ben si dice: come io e come me. Così nel Boccaccio, nov. 15: Pietro, non essendosi tosto, come lei, de’ fanti, che veniano, avveduto ec. E Introd.: Voi potete così come io molte volte aver udito ec.
  3. la necessità del formento.... ce ’l vieta) Necessità val propriamente, come in questo luogo, estremo bisogno; e formento, che è lo stesso che lievito, cioè quella pasta inforzata per levitare il pane, qui sta per frumento, grano: ma in questo sentimento non è oggi da adoperare.
  4. tutto avremo a cheto) A cheto, posto avverbialmente, vale lo stesso che chetamente, pacificamente: ma non ci par oggi da adoperare.
  5. fedire è voce antica, ed è lo stesso che ferire: ma qui è adoperata assolutamente per attaccare la battaglia, cominciar la mischia.