Il Caso/Il Caso e la visione teleologica del mondo

Il Caso e la visione teleologica del mondo

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Il Caso e la visione teleologica del mondo
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III.

Il Caso e la visione teleologica del mondo.


Per eliminare il caso si può pensare l’universo nella infinità dei suoi particolari coesistenti nello spazio e succedentisi nel tempo come un immenso organismo che si sviluppa da un unico seme: da questo punto di vista ogni particolare è necessario non più nel senso che ha causa, ma nel senso che esso è una tappa o fase o momento di sviluppo di un fine o Intelligenza universale immanente allo sviluppo stesso attraverso cui si attua, e l’apparenza del caso nasce quando si perde di vista il legame vitale universale delle membra dell’organismo cosmico: allora è naturale che non si veda più la ragione che le singole membra di quel tutto, le singolo fasi di quell’unico processo di sviluppo siano proprio quelle che sono.

Ma nemmeno con questa teoria si riesce a eliminare il caso. Innanzi tutto, si può sempre domandarsi per qual ragione quella Intelligenza universale comporti proprio quel determinato piano di sviluppo anziché un altro qualsiasi. E supponendo che a questa domanda si dia una risposta (per esempio: che l’Intelligenza universale si sviluppa proprio secondo quel piano perchè è per esso che da un minimo sale a un massimo di realtà e di coscienza: è la risposta di Hegel) si può domandarsi per qual ragione v'è l’Intelligenza universale o un qualunque qualcosa anzichè il Nulla. Anche qui, una volta messa in moto, la macchina del domandare non si ferma più.

In secondo luogo, il molteplice di cui si afferma che esso è lo sviluppo interiore dell’Uno è precontenuto tal quale nell’Uno o non vi è precontenuto. Se vi è precontenuto tal quale, lo sviluppo, il divenire, la storia, il tempo sono una pura apparenza di cui è impossibile dare una ragione e che perciò son puro caso, contingenza pura. Se non v’è precontenuto tal quale, il suo [p. 11 modifica]uscir fuori dall’Uno è caso nudo, contingenza pura, inesplicabilità assoluta. L’idea dello sviluppo o evoluzione come conciliazione dell’Uno e del Molto, del Permanente e del Divenire non fa che giustapporre i due contrari di cui essa dovrebbe esser la sintesi.

In terzo luogo, la teoria conduce ad assurdi. Se sul ponte di Arcole Bonaparte non fu colpito da una palla austriaca, secondo questa teoria ciò accadde perchè nel piano di sviluppo della Ragione universale e impersonale immanente all’Universo non c’era che Bonaparte morisse ad Arcole. Fu dunque la Ragione universale e impersonale che ad Arcole tenne lontano da Bonaparte le pallottole! Ma in che modo una Ragione universale e impersonale può volere un effetto assolutamente determinato: volontà determinata che presuppone una conoscenza assolutamente perfetta di una determinata situazione individuale? Che un Dio personale, intelligenza e volontà individuale, conosca una situazione così e così determinata e voglia un effetto così e così individuato, in questo non c’è nessun assurdo. C’è assurdo, invece, nel pensare un evento assolutamente individuale voluto da una Ragione impersonale e universale, che appunto perchè tale non può nè avere nè essere conoscenza e volontà dell’individuale. Per salvarsi dall’assurdo la teoria non ha che due vie d’uscita:

1) o ammettere che ogni e qualunque evento, anche il più piccolo e insignificante, è il momento di sviluppo di una Ragione impersonale e universale, che essendo quella che è, l’evento non può non essere quello che è, così come la sinfonia essendo quella che è, la nota singola dev’essere quella che è, e giungere così a un fatalismo assoluto pel quale la storia del mondo è predeterminata in anticipo fin nei più piccoli particolari, col risultato di negare quel divenire, quello sviluppo, quella storia di cui si vorrebbe affermare la realtà e di svalutarla a mera apparenza di cui rimane assolutamente inesplicabile l’apparizione;

2) o ammettere che nel mondo c’è bensì del caso, ma che questo non turba profondamente il piano di sviluppo della Ragione immanente al mondo: così era certo possibile che Bonaparte morisse ad Arcole, ma in tal caso un altro avrebbe fatto all’incirca ciò che egli fece. Ma così la dottrina (che è quella di Hegel) arriva a un massimo di [p. 12 modifica]contraddittorietà: essa afferma che c’è un fine immanente all’universo che si realizza anche se i particolari del processo della sua realizzazione uno per uno presi fossero diversi da quelli che sono. Essa stacca il fine dal processo della sua realizzazione e dichiara che quello si realizzerà in ogni caso e con ogni mezzo. Ora, il Fatalismo puro consiste appunto nel concepire un evento come inevitabile, quale che ne sia l’antecedente: Fatale e ciò che accade in ogni caso al seguito di questa o quella causa indifferentemente; fatale è ciò di cui tutto può essere causa, e che per ciò stesso, in fondo, non dipende da nessuna causa. E mentre la dottrina crede di esaltare l’individuo facendone lo strumento della Ragione impersonale, lo abbassa affermando che se non c’era lui un altro ne avrebbe benissimo fatto le veci, e ne nega così l’individualità, cioè l’originalità e l’irripetibilità.

Perciò ogni Filosofia della Storia che nella totalità degli eventi storici tende a mostrare l’attuazione di un unico Piano o Fine o Intelligenza o Spirito immanente è condannata inesorabilmente al totale fallimento: perchè essa non può ammettere in nessun punto del processo storico il caso, che d’altra parte non riesce mai a eliminare del tutto da nessun punto di quel processo. Che nella storia ci siano eventi o serie di eventi che attuano piani e fini; che tra le forze della storia ci siano anche di quelle intelligenti (idee, volontà, passioni collettive) che tendono a realizzarsi, questo nessuno lo nega: ciò che neghiamo è che l’evento storico complessivo risultante dall’urto di ognuna di quelle forze con tutte le altre, intelligenti o non intelligenti che ad essa resistono o si oppongono sia, in quanto risultato complessivo, voluto da un Fine o Intelligenza o Spirito cosmico concepito come entità unica; ciò che neghiamo è che l’evento storico in quanto risultato complessivo sia una fase o momento del processo di attuazione di un Piano o Fine o Intelligenza o Spirito unico: che è proprio ciò che l’Immanentismo organicista che qui combattiamo afferma e sostiene.

Infinitamente più forte è la posizione del puro Teismo. Secondo questo, nulla è a caso perchè tutto ciò che accade avviene per volontà di Dio, intelligenza e volontà suprema, personalità somma. Questo Dio essendo concepito come coscienza individuale e personale che sta dinanzi al mondo come [p. 13 modifica]artefice dinanzi alla materia da plasmare, può predisporre fino nei minimi particolari la storia del mondo. Che uno spirito impersonale ad Arcole tenga lontane da Bonaparte le pallottole è logicamente un assurdo. Non è un assurdo logico che da lui le tenga lontane un Dio intelligenza e volontà suprema. Da tal punto di vista il caso è interamente eliminato. Ma solo per raccogliersi in un sol blocco al principio: perchè Dio vuole così piuttosto che altrimenti? perchè il piano di Dio è quello piuttosto che un altro? e ammesso che si risponda a tale domanda, si può sempre domandare ancora: perchè Dio è piuttosto che il Nulla? E a tale domanda non v’è risposta possibile.