LIbertà quanto è cara, in brieve espongo.
* Un Lupo, cui consunto ha lunga fame,
Un ben pasciuto Cane a sorte incontra:
Fermi si salutaro. Primo il Lupo: 5Onde tal liscio, onde sì lauto cibo,
Il ventre ti distese? Io più robusto
Di te, a perir son da ria fame astretto.
Semplicemente il Can: Fia ugual tua sorte,
Se ugual servizio il mio padron n’ottenga. 10E qual? Custode il dì sia de la soglia
Da i ladri la magion guardi la notte.
Io son pronto; nè boschi, e pioggia, e nevi
Soffrir m’è forza, e dura vita io meno;
Quanto più agevol fora sotto il tetto 15Viver agiato, e largamente pascermi?
Vien dunque meco. Nel cammin s’accorge,
Che roso il Can da la catena ha il collo.
Onde è ciò, amico? Nulla. Amo saperlo.
Poichè sembro feroce, il dì mi legano
20Perchè allor dorma, e desto sia la notte:
Sciolto su l’imbrunir, vo dove voglio:
Benchè nol chiegga, mi si porta il pane;
Da la mensa il padron l’ossa mi porge;
La famiglia gli avanzi; e se a taluno 25Vien qualche cibo a noja, a me si getta:
Così senza fatica empiomi il ventre.
Ma se d’altrove andar mi vien talento,
Possol’io far? O questo no! e tu goditi,
Cane, le tue venture: io non le curo. 30Regnar non vo’, se libertade io perdo.