Ifigenia in Aulide (Euripide - Romagnoli)/Parodo
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Entrano le donne di Càlcide che formano il coro.
coro
Strofe I
Alla spiaggia, alle sabbie
eccomi giunta d’Aulide,
poiché dei gorghi d’Èuripo
varcai l’angusto tramite,
abbandonando Càlcide,
la mia città, donde si volge, effusa,
la linfa al mar, dell’inclita Aretusa,
per veder degli Achèi
le belle schiere, e i legni che sul pelago
corrono, e i Semidei.
Li adduce il biondo Menelào, ci dissero
gli sposi, ed Agamènnone
principe, a Troia, pel marino solco,
con mille remi, a far vendetta d’Elena,
cui Paride il bifolco
rapí dai rivi dell’Eurota floridi
di giuncheti. Fu premio
promesso a lui da Cípride,
allor che sulla chiara
acqua sorgiva1, di beltà con Pàllade
venne, e con Giuno a gara.
Antistrofe I
E al bosco, che di vittime
fuma, giunsi or d’Artèmide,
tingendo di purpureo
pudor la gota giovine,
per ammirar dei Dànai
le tende, e dei cavalli
le fitte schiere, e degli scudi i valli.
E l’uno all’altro accanto
d’Oilèo vidi il figlio, e di Telàmone,
di Salamina vanto.
E dei calcoli intento alle molteplici
figure, sul suo seggio
Protesilào poi vidi, e Palamède,
a cui fu padre il figlio di Posídone,
e lieto Dïomède,
del disco al gioco. E, accanto a lui, Meríone,
ch’ebbe da Marte origine,
meraviglioso agli uomini.
Dagli isolani clivi
vien di Laerte il figlio; e seco è Níreo,
il piú bel degli Achivi.
Epodo
E Achille vidi, l’emulo dei turbini,
nei piedi al vento simile,
cui generava Tètide,
e Chirone educò. Sovra i ghiaiòttoli
correa del lido, e l’impeto
spingea dei piedi a vincere,
chiuso nell’armi, in gara una quadriga.
Eumèlo era l’auriga,
di Ferète il nipote; ed alti gridi
levava; e con la sferza i suoi bellissimi
corsier’ dall’aureo morso
spinger lo vidi al corso.
Quelli vicini al giogo, aveano macule
di crini bianchi;
e quelli ai fianchi,
che vario il giro nelle curve segnano,
rossi l'avean nell’altre membra, e vari
sovra i pié solidunguli.
Iva con essi a pari
d’Eaco il nepote,
chiuso nell’armi, e il cerchio
sfiorava e i mozzi alle volanti rote.
Strofe II
Vidi cosí le navi innumerevoli,
spettacolo ineffabile,
onde paghe feci io — piacer dolcissimo —
le femminee pupille.
L'ala destra occupava, con la furia
di cinquanta navigli, la compagine
Ftiòta dei Mirmidoni.
Emblemi delle navi, aurate immagini,
sopra le poppe, stavan le Nerèidi
alle navi d’Achille.
Antistrofe II
Accanto ad essi, degli Argivi stavano
le navi, in ugual numero.
Al duce loro padre era Mecísteo,
che fu di Tàlao figlio.
Quivi era presso Stènelo,
figlio di Capanèo. Schierate in ordine
seguíano, e duce il figlio era di Tèseo,
sessanta navi d’Attica.
Palla, su carri alati e solidunguli
corsier’, diletto e fausto
emblema era al naviglio.
Strofe III
E dei Beòti vidi poi l’esercito,
cinquanta navi, che d’emblemi cariche
avean le poppe loro.
Di Cadmo sugli aplustri era l’immagine,
col suo serpente d’oro.
E il terrigeno Lèito,
comandava di Fòcide
l’oste navale . . . . . . . .
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città di Tronia, di numero pari
di Locride conduce i marinari.
Antistrofe III
Da Micene ciclopia
mandò l’Atríde in cento legni i nauti,
e su le navi stesse
era il germano, amico con l’amico,
perché l’Ellade avesse
vendetta della femmina
che per lo sposo barbaro
lasciò la patria; e Nestore
Gerenio vidi, che da Pito....
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d'ogni nave, l'Alfèo che presso scorre.
Epodo
E c’eran degli Eníadi
dodici navi, e il principe
Gonèo ne avea l’impero.
Presso a loro i Signori eran dell’Elide:
Epèi la gente li chiamava; ed Èurito
era lor condottiero.
E, lasciate l’Echínadi,
isole infeste ai naviganti, Mègete
figliuolo di Filèo v'era, e l’esercito
dei Tafi conducea dai bianchi remi.
E Ajace salaminio
congiungeva al diritto il sinistro ordine,
con le dodici sue navi bellissime
toccando i legni estremi.
Tale un popol dinanti
ho udito, ho visto; e dove alcun dei barbari
navigli al suo contrasto ardisca muovere,
non sarà che alla patria
piú mai ritorni: tale
vidi uno stuol navale.
E quel che in casa udii
narrare, non sarà ch’io pur l’oblii.