Idilli (Mosco)/III
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CANTO FUNEBRE DI BIONE
BUCCOLICO AMATORE
Idillio III
Alto gemete, o poggi, e doric’onde;
L’amabile Bion piangete, o fiumi;
Piante, or in lutto vi sciogliete, e in lai,
Selve; e su i tristi rami, o fior, languite;
5Or anemoni e rose, v’ammantate
Di porpora lugubre, e tu, giacinto,
Tue note parla, e d’un ai ai maggiore
Verga le foglie. Il buon Cantore è spento.
Sicule Muse, incominciate il pianto.
10O rosignuoi ploranti in dense frasche,
Alle sicule fonti d’Aretusa
Ridite, che il pastor Bione è spento,
E il suon dorico, e il canto è con lui morto.
Sicule Muse, incominciate il pianto.
15Strimonj cigni, in riva all’onde un suono
Funebre fuor della gemente bocca
Armonizzate pari al suon, che un giorno
Ei modulava con le vostre labbra.
Alle Bistonie Ninfe, ed all’Eagrie
20Dite, ch’è morto il dorïese Orfeo.
Sicule Muse, incominciate il pianto.
Ei sì caro agli armenti, or sotto querce
Romite assiso ah! non più dolce canta;
Ma presso Pluto or move un suon letèo.
25Son muti i poggi, e intorno a’ buoi le vacche
Giran piangendo ed obblïando il pasco.
Sicule Muse, incominciate il pianto.
Il tuo morir sì ratto Apollo stesso,
O Bion, pianse, e i Satiri, e i Priapi
30In negre vesti lagrimaro. I Pani
Sospirano il tuo canto, e per le selve
Fan le Najadi ognor di pianto fiumi.
Duolsi nelle caverne Eco, che tace,
Ne più il tuo labbro imita. Al tuo morire
35Scosser gli arbori il frutto, e i fior languìro.
Non più venne dall’agne il dolce latte,
Nè il mel dagli alveari. Entro la cera
Per duol si strusse. E già non è più d’uopo
Altro mele raccor, se il tuo ne manca.
40Sicule Muse, incominciate il pianto.
Non mai delfin sì pianse in marin lido,
Nè sì cantò usignuol sopra gli scogli,
Nè sì rondine strise in alti monti,
Nè sì d’Alcione il duol seguìo Ceice.
45Sicule Muse, incominciate il pianto.
Nè Cerilo cantò sui glauchi flutti,
Nè di Mennon l’augello alla sua tomba
Volando pianse in orïente il figlio
D’Aurora sì, come Bione estinto.
50Sicule Muse, incominciate il pianto.
Gli usignuoli e le rondini da lui
Già dilettate, ed a parlare instrutte,
Sovra i rami posando un pianto alterno
Destavano fra loro, e gli altri augelli
55Rispondean: voi, colombe, ancor piangeste.
Sicule Muse, incominciate il pianto.
Chi, o caro, sonerà la tua sampogna?
Chi fia che appressi alle tue canne il labbro?
Chi fia sì ardito? Elle respiran’anco
60L’odor delle tue labbra, ed il tuo fiato.
Eco pur di tue note infra le canne
Si pasce. Io reco a Pan la tua siringa:
Fors’ei pur temerà di porvi il labbro,
Per non restar nel suono a te secondo.
65Sicule Muse, incominciate il pianto.
Piange ancor Galatea, cui già sedente
Vicino a te sulle marine piagge
Il tuo suon dilettava, che non era
Come quel del Ciclope. A questo il tergo
70Volgea la Bella; ma dal mar girava
A te soave il guardo. Ora scordate
L’onde si sta sulle romite arene,
E i bovi tuoi pur anco al pasco mena.
Sicule Muse, incominciate il pianto.
75Tutti i don delle Muse perir teco,
Pastor, delle donzelle i cari baci,
E de’ garzon le labbra. Al tuo sepolcro
Van gli Amori iterando un tristo pianto.
Venere stessa più del bacio t’ama,
80Ch’ella già diede al moribondo Adone.
Questo è per te, sovra ogni fiume arguto
Melete, un altro affanno, affanno nuovo.
Omero in prima ti morì, quel dolce
Di Calliope labbro, ed è pur fama,
85Che con le flebil’onde il tuo gran figlio
Piangessi, e di tue voci empiessi il mare.
Altro or ne piangi, e in grave duol ti struggi.
Ambo fur cari ai fonti. Ad Ippocrene
L’uno beveva, e l’altro ad Aretusa.
90Quei la figlia di Tindaro vezzosa
A cantar prese, il gran figlio di Teti,
L’Atride Menelao. Questi non guerre
E non affanni modulò, ma Pane;
Pastor cantava, e in un pasceva armenti;
95Mungea l’amate vacche, e le sampogne
Ordiva, e i baci dei garzon vantava.
Nudrissi Amore in seno, e a Vener piacque.
Sicule Muse, incominciate il pianto.
Ogni città famosa, ogni castello
100Per te, Bion, s’affligge. Ascra te piange
Ben più ch’Esiodo, e la beotich’Ile
Non tanto cerca Pindaro, nè tanto
La ben difesa Lesbo Alceo, nè plora
Tanto la Ceja gente il suo Cantore.
105Paro te più d’Archiloco desìa,
E invece ognor di Saffo i carmi tuoi
Ripete Mitilene. Ogni pastore
Qual più fervido ha il labbro, in versi piange
Il tuo fato crudel. L’onor di Samo
110Sicelida sospira, e fra i Cidonj
Quel già sì gajo pe’ ridenti lumi
Licida in mesto pianto or si discioglie.
Fra i Triopidi suoi d’Alente in riva
Il buon Fileta, e fra i Siracusani
115Teocrito si lagna. Un mesto carme
Ausonio per te sciolgo, io non ignaro
Del buccolico metro, il qual mostrasti
Ai discepoli tuoi, ch’eredi festi
Per sommo onor del doriese canto.
120Altrui gli aver lasciasti, a me la Musa.
Sicule Muse, incominciate il pianto.
Poichè le malve son negli orti spente,
O il verde appio, o il fiorente e crespo aneto,
Rivivono e fioriscon un altr’anno.
125Ma noi, uomini grandi, e forti o saggi,
Come pria siam morti, in cava fossa
Lungo, infinito, ineccitabil sonno,
Ahimè! dormiamo. Or in silenzio avvolto
Starai sotterra; e pur perenne canto
130Le Ninfe non dinegano alla rana;
Cui però non invidio il rozzo metro.
Sicule Muse, incominciate il pianto.
Rio veneno, o Bion, ti venne in bocca,
E tu il provasti. E come alle tue labbra
135Il venen s’accostò, nè si fe’ dolce?
Chi mai sì crudo, e de’ tuoi carmi schivo,
Mescè il veneno, o a te di darlo impose?
Sicule Muse, incominciate il pianto.
Ma tutti n’han la pena; ed io piangendo
140Nel comun lutto il duro fato accuso.
E s’io potessi, com’Orfeo, che scese
Fino all’Inferno, o come Ulisse, o come
Prima di quegli Alcide, ah! certo anch’io
A casa di Pluton dicenderei,
145Per veder se tu ancora a Dite canti,
E per udir che vai cantando. Or tempra
Sicule note e boscherecci suoni
A Proserpina pur, che sull’etnèo,
E sul Siculo lido ai giochi intenta
150Dorici accenti modulò. Non senza
Premio il canto sarà. S’ella concesse
Al dolce sonator di cetra Orfeo
Euridice menarne, ella sui monti
Te pur rimanderà. Che s’io potessi,
155Sonar l’avena a Pluto anch’io vorrei.