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Piange ancor Galatea, cui già sedente
Vicino a te sulle marine piagge
Il tuo suon dilettava, che non era
Come quel del Ciclope. A questo il tergo
70Volgea la Bella; ma dal mar girava
A te soave il guardo. Ora scordate
L’onde si sta sulle romite arene,
E i bovi tuoi pur anco al pasco mena.
Sicule Muse, incominciate il pianto.
75Tutti i don delle Muse perir teco,
Pastor, delle donzelle i cari baci,
E de’ garzon le labbra. Al tuo sepolcro
Van gli Amori iterando un tristo pianto.
Venere stessa più del bacio t’ama,
80Ch’ella già diede al moribondo Adone.
Questo è per te, sovra ogni fiume arguto
Melete, un altro affanno, affanno nuovo.
Omero in prima ti morì, quel dolce
Di Calliope labbro, ed è pur fama,
85Che con le flebil’onde il tuo gran figlio
Piangessi, e di tue voci empiessi il mare.
Altro or ne piangi, e in grave duol ti struggi.
Ambo fur cari ai fonti. Ad Ippocrene
L’uno beveva, e l’altro ad Aretusa.
90Quei la figlia di Tindaro vezzosa
A cantar prese, il gran figlio di Teti,
L’Atride Menelao. Questi non guerre
E non affanni modulò, ma Pane;
Pastor cantava, e in un pasceva armenti;
95Mungea l’amate vacche, e le sampogne
Ordiva, e i baci dei garzon vantava.
Nudrissi Amore in seno, e a Vener piacque.
Sicule Muse, incominciate il pianto.
Ogni città famosa, ogni castello
100Per te, Bion, s’affligge. Ascra te piange
Ben più ch’Esiodo, e la beotich’Ile