I racconti della Bibliotechina Aurea Illustrata/Il baleniere

Il baleniere

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Nell'isola delle scimmie I naufragatori del Canadà

IL BALENIERE


Le balene! – Quale stupore ha destato in voi, miei giovani lettori, la vista d'uno scheletro di quei giganti del mare, scheletri visibili in parecchi musei zoologici d'Italia?

M'immagino che vi sarete più volte domandati, dinanzi a quegli immensi scheletri, forniti di costole enormi e di mandibole lunghe parecchi metri, quale effetto devono produrre quei mammiferi colossali rivestiti di pelle e di carni e nuotanti sugli sconfinati oceani.

Voglio quindi oggi parlarvi di questi giganti dei mari e narrarvi alcune strabilianti avventure toccate ai pescatori di balene.

Non vi stupirete di certo udendo parlare di pescatori di balene, perché suppongo che anche voi avrete letto in parecchi libri come vi siano degli uomini tanto audaci da affrontare e da uccidere quei mostri.

Le balene, ve lo dico subito, non sono più tanto numerose come due o trecent'anni or sono, tuttavia anche oggidì se ne incontrano molte, specialmente nei mari glaciali del Polo Artico ed Antartico.

Hanno tutte dimensioni enormi, superando sovente i venti metri di lunghezza con un peso che può variare dai sessantamila agli ottantamila chilogrammi.

Hanno la forma d'un fuso che termina da una parte con una testaccia grossissima fornita d'una bocca lunga tre metri e larga quattro, e la mascella superiore coperta da una specie di denti lunghi cinque metri, un po' curvi, per lo più variegati e che sono in numero di settecento.

Questi sono ciò che voi chiamate stecche di balena e che vengono adoperate nella confezione dei busti e degli ombrelli di lusso.

L'altra estremità del fuso termina invece in una coda fornita di due pinne d'una potenza incalcolabile, lunghe tre metri e larghe due e che imprimono alla balena una tale velocità da poter fare il giro del mondo in quindici o venti giorni.

Questi giganti si cacciano per avere il loro grasso che poi si trasforma in olio. Da talune balene si giunge perfino a ricavarne duecento barili del costo di otto o diecimila lire.

Al principiare della buona stagione in maggio e giugno, ossia quando l'Oceano Artico comincia a sgombrarsi dei ghiacci che lo coprono durante i mesi d'inverno, le navi baleniere salpano dai porti della Norvegia e vanno a cercare i grossi mammiferi sulle coste dello Spitzberg o su quelle della Nuova Zembla.

Queste navi non sono grandi, non avendo che uno stazzamento da duecentocinquanta a trecento tonnellate; sono però montate da uomini coraggiosissimi, abituati da lunga pezza a quelle cacce pericolosissime e anche alle tempeste terribili che sconvolgono sovente l'Oceano Artico.

Ora che sapete cosa sono le balene e chi sono i balenieri, voglio narrarvi alcune cacce emozionanti che mi furono raccontate da un capitano mio amico, incontrato in uno dei miei viaggi in Norvegia.


* * *


Al di là del capo Nord, la punta più settentrionale dell'Europa, lungo le coste della Lapponia, si apre un canale molto profondo o fiord come lo chiamano i norvegiani, il quale oggi è diventato famosissimo in causa delle balene.

Su di una piccola isola che sorge quasi all'entrata di quel golfo tortuoso, da alcuni anni si sono riuniti i più celebri pescatori di balene sotto la condotta d'un famoso capitano che si chiama Fayn.

Su quel pezzo di terra che alcuni anni or sono non contava nemmeno dieci abitanti, ora si trovano degli stabilimenti grandiosi, una folla di operai e centinaia d'uomini di mare. Macchine sbuffanti, fischiano o russano da mattina a sera muovendo dei piloni enormi, mentre parecchie dozzine di camini altissimi eruttano nuvoloni di fumo.

Lungo le coste molte navi vanno e vengono rimorchiando delle masse enormi le quali non sono altro che delle balene uccise nell'Oceano Artico e poi trascinate in quel canale.

In quell'isola si smembrano i giganti del mare.

Il grasso strappato da quei dorsi mostruosi si fonde entro caldaie mastodontiche per ricavarne l'olio che più tardi servirà per lubrificare le macchine; le ossa triturate dai piloni dànno del nerofumo; la carne, sepolta entro fosse si tramuta in concime eccellente destinato ad ingrassare i campi della Norvegia, della Svezia e della Danimarca.

È da quell'isola che tutti gli anni parte la flotta dei pescatori di balene.

In quei giorni è una confusione enorme su tutte le coste. Navi a vapore e navi a vela completano le loro provviste, imbarcano gli equipaggi, già scelti da lunga pezza, poi se ne vanno alla ventura ad affrontare i ghiacci ed i venti polari pur di tornare con qualche grossa balena a rimorchio.

Non tutti quei pescatori cacciano i giganti del mare nello stesso modo.

I velieri hanno ancora le scialuppe baleniere ed i ramponi; quelli a vapore hanno invece dei cannoncini che lanciano dei dardi oppure delle palle ripiene di stricnina, materia velenosissima che uccide forse meglio delle granate o d'altri ordigni guerreschi.

Nel 1884 una di quelle navi era uscita dal golfo per recarsi a perlustrare le acque dello Spitzberg che si dicevano frequentate dalle balene.

Era comandata dal capitano mio amico, uomo molto esperimentato in fatto di pesche e che aveva affrontato più volte i ghiacci dell'Oceano Artico ed anche i giganti del mare.

Quella nave era un piccolo skooner di trecento tonnellate, montato da venti uomini e armato di tre scialuppe baleniere.

Aveva viveri per dieci mesi, quindi poteva inoltrarsi molto al nord per cercare le balene, ritiratesi ormai nei climi freddi.

La navigazione era stata felicissima, non ostante i venti freddissimi ed i ghiacci incontrati nei paraggi del capo Nord.

A metà giugno la nave giungeva in vista dello Spitzberg, gruppo d'isole di estensione considerevole che si trovano in mezzo all'Oceano Artico e popolate solamente da orsi bianchi, da foche, da trichechi e da uccelli marini.

Il capitano Svatt – così si chiamava il mio amico – era già stato altre volte in quei paraggi e conosceva a menadito le coste di quelle terre, quindi sua prima cura fu quella di dirigersi verso una baia assai ampia che supponeva frequentata dalle balene.

Le sue speranze non lo avevano tradito.

Proprio all'entrata della baia i suoi marinai avevano subito osservate delle larghe macchie oleose le quali indicavano il recente passaggio dei grossi cetacei; poi avevano anche notata la presenza di banchi immensi composti di granchiolini, cibo prediletto delle balene.

– Ragazzi, – disse rivolgendosi ai marinai, – fra poco noi avremo del lavoro.

Il capo fiociniere, un garzone robusto come un ercole, che aveva rampinati parecchi cetacei, si era fatto innanzi, dicendo:

– Capitano, se i miei sguardi non si sono ingannati ho scorto di già una balena e mi pare che sia insieme ad un balenottero.

– L'hai già scoperta, Klass? – chiese il capitano, con stupore.

– Sono disceso or ora dalla crocetta dell'albero maestro. Il cetaceo si è nascosto dietro il promontorio settentrionale e noi lo troveremo presto.

– Se è accompagnato da un balenottero, l'affare sarà serio – brontolò il capitano. – Quando hanno da difendere la prole, le balene diventano cattive.

Salì sulla coffa dell'albero maestro dove si trovava un forte cannocchiale e prima di dare il comando di armare le scialuppe, esplorò lungamente l'orizzonte.

Al nord della baia si estendeva un promontorio assai aguzzo, il quale terminava in una serie d'isolotti rocciosi coperti ancora da frammenti di ghiaccio.

Precisamente fra la prima scogliera e la punta estrema del promontorio, si delineava una grossa macchia oscura la quale ora appariva a fior d'acqua e ora si immergeva.

– È la balena – mormorò il capitano. – Ha scelto un brutto luogo, irto di pericoli per farsi cacciare, ma Klass è un buon fiociniere e non se la lascerà scappare.

Scese sulla tolda e diede senz'altro il comando:

– In acqua le scialuppe!

Due lunghi canotti, d'una solidità straordinaria, furono subito calati dalle grue e vi presero posto in ognuno sei uomini ossia un fiociniere, un timoniere e quattro rematori.

Quelle barche vengono guidate con un lungo remo, molto più efficace d'uno dei soliti timoni e contengono due ramponi che sono specie di lance coi margini esterni molto taglienti e quelli interni grossi assai; delle lance colla lama piatta e di forma arrotondata e parecchie lenze lunghe ognuna quattrocento braccia.

Klass, nella sua qualità di capo fiociniere, si spinse subito innanzi colla sua scialuppa, mentre l'altra invece prendeva il largo per chiudere il passo alla balena nel caso che questa cercasse di fuggire verso l'altomare.

– Ragazzi! – gridò Klass, il quale si era già armato del rampone. – Stiamo in guardia! Quando vi è un balenottero la battaglia diventa dieci volte più pericolosa. Innanzi a tutto cerchiamo di sorprendere la madre finché sta facendo colazione.

– Sarà un po' difficile, – disse il timoniere, un gigantesco danese che godeva fama di essere uno dei migliori piloti dell'Oceano Artico – tuttavia ci proveremo, Klass.

La scialuppa aveva attraversata la baia e si avvicinava al promontorio per accostarsi alle scogliere, dietro le quali dovevansi celare la balena ed il balenottero.

I marinai avevano rallentata la battuta dei remi e s'avanzavano adagio adagio per non destare l'attenzione del cetaceo che supponevano occupato ad inghiottire niriadi e granchiolini in compagnia del piccino.

Klass, ritto sulla prora, col rampone sempre in mano, cercava di scorgerla e non vi riusciva ancora.

Quando la scialuppa giunse presso la prima scogliera diede un comando breve, incisivo:

– Fermi!

Fra il promontorio e la scogliera era improvvisamente comparsa la balena seguita, a breve distanza, dal balenottero, un piccino che misurava nientemeno che sette metri di lunghezza.

Il corpo del mostruoso cetaceo era semisommerso; la sua massa involta in una pelle lucida e untuosa, percossa dal sole, brillava come un immenso fuso d'acciaio.

Di quando in quando dagli sfiatatoi situati sulla cima dell'enorme testa, si alzavano con cupo fragore due colonne di vapore biancastro le quali dopo essere salite alcuni metri, si scioglievano, disperdendosi in goccioline oleose.

La balena non si era ancora accorta della presenza dei suoi nemici.

Nuotava lentamente aprendo incessantemente l'enorme bocca ed inghiottendo la sua zuppa, perché quei banchi di crostacei chiamansi precisamente zuppa delle balene.

Il balenottero, già sazio, giocherellava intorno alla madre, facendo dei capitomboli e sollevando colla coda, già robustissima, delle ondate le quali andavano a rompersi, muggendo, sul promontorio e sulle scogliere.

– Cosa dici, timoniere? – chiese Klass, al gigantesco danese.

– Mi pare che non sia difficile a sorprenderla.

– Vi è il balenottero che mi inquieta. Appena si accorgerà della nostra presenza darà l'allarme e la madre ci presenterà la fronte.

– Se non fuggirà al largo.

– I nostri camerati s'avanzano già verso le scogliere e saranno pronti a tagliarle la ritirata.

– Allora andiamo avanti, Klass – disse il pilota. – Sei pronto tu?

– Il rampone mi brucia già la mano.

– Lancialo subito e non mancare.

– Sono sicuro del mio braccio.

La scialuppa riprese le mosse, avanzandosi in silenzio, mentre l'altra, giunta di già dinanzi alle prime scogliere si celava dietro una roccia, pronta a farsi innanzi al momento della lotta.

Klass, colla gamba destra fortemente incastrata entro una specie di scanalatura che si trova in tutte le scialuppe baleniere, aveva alzato la fiocina e la faceva oscillare in avanti ed indietro per imprimerle maggior slancio.

All'asta vi aveva già fatta attaccare la lenza lunga quattrocento e cinquanta braccia.

La scialuppa giunse ben presto a soli trenta passi dalla balena senza che questa, assorta a inghiottire la sua colazione, se ne fosse accorta.

Il balenottero in quel momento si era discostato dalla madre, giuocherellando presso una scogliera.

Era il momento propizio.

Klass alza la fiocina e la scaglia a tutta forza.

La pesante lancia parte sibilando e va a sprofondarsi nel fianco destro del cetaceo in un luogo ricco di tendini e di muscoli, un po' più innanzi delle pinne.

Un istante dopo il povero gigante dei mari manda fuori una nota metallica, rimbombante, agita pazzamente la coda sollevando due ondate immense e si tuffa di colpo formando alla superficie un largo vortice.

– Toccata? – urlano i marinai.

– Silenzio – disse il pilota. – Attenti alle onde!

La scialuppa aveva subito dato indietro per non venire rovesciata dai colpi di mare sollevati dalla possente coda della balena e si era rifugiata fra le scogliere.

Una viva ansietà si era impadronita di tutti, quantunque quei marinai fossero agguerriti contro le sorprese più terribili.

Soprattutto Klass era diventato pallidissimo.

– Che nessuno parli – aveva detto, armandosi di un secondo rampone.

Vedendo la madre inabissarsi, anche il balenottero si era cacciato sott'acqua. Aveva compreso che un grave pericolo lo minacciava.

La seconda scialuppa intanto si era avanzata lentamente per portare soccorso alla prima.

Però si teneva ancora al largo, non sapendo dove il cetaceo sarebbe comparso.

– Guardatevi! – disse ad un tratto Klass. – La balena sta per rimontare a galla!

Pochi istanti dopo a circa cinquanta metri dalla scialuppa comparve un punto nerastro, l'estremità del muso, quindi apparvero gli sfiatatoi, poi l'intera massa emersa d'un colpo, sollevando una grossa ondata circolare.

La balena tornava a galla furibonda per la ferita ricevuta. Nel fianco aveva ancora infisso il rampone che Klass le aveva lanciato così destramente e la ferita mandava sangue in abbondanza, arrossando le acque.

Vedendo la scialuppa, con un colpo di coda allontanò il balenottero invitandolo, con quella carezza brutale, a porsi in salvo, poi si scagliò innanzi mandando note formidabili.

Il pilota aveva subito gridato:

– Al largo! Date dentro ai remi!

La scialuppa con una mossa fulminea si sottrasse all'assalto del gigante ed andò a rifugiarsi dietro ad un altro scoglio.

Il cetaceo, cieco di rabbia e di dolore, correva all'impazzata, sconvolgendo il mare colla terribile coda.

Si rizzava uscendo quasi mezzo dall'acqua, si inabissava con fragore, poi tornava a galla e si avvoltolava cercando di strapparsi il rampone, il quale invece s'era profondamente infisso nelle carni.

– Tentiamo di reciderle i nervi della coda – disse Klass, vedendo che il gigante non accennava ad indebolirsi.

Si era armato della lancia a palla tagliente ed aveva fatto cenno al pilota di farsi innanzi.

Nonostante le ondate, la scialuppa era uscita dal suo nascondiglio e si era diretta verso il promontorio per accostare il gigante.

L'impresa però non era facile inquantoché la balena non accennava a lasciarsi sorprendere una seconda volta, né pareva che fosse ancora infiacchita per la perdita del sangue. Anzi si sarebbe detto che nel dolore attingeva maggior energia e maggior rabbia.

Continuava a inabissarsi col fragor del tuono, poi tornava a galla lanciando dagli sfiatatoi dense colonne di vapore e si scagliava in tutta la direzione colla speranza di incontrare la scialuppa e di sfracellarla.

I marinai avevano un gran da fare ad evitare ed a reggere ai colpi di mare.

Dopo dieci minuti però, parve che il cetaceo cominciasse a dar segni di stanchezza. Non si precipitava più coll'impeto primiero e diminuiva le sue immersioni.

– Addosso! – gridò Klass. – Se tutto va bene, fra pochi istanti la balena sarà nostra.

Quindi alzando la voce gridò agli uomini della seconda scialuppa:

– Avanti anche voi! Preparate le lenze!

La balena in quel momento si era inabissata dopo d'aver mandato un'ultima e più poderosa nota.

Klass lasciò che la scialuppa si facesse innanzi e attese colla lancia alzata.

Quando vide il mostro emergere ed alzare la coda, scagliò l'arma, colpendolo sotto le ultime vertebre.

A quella nuova ferita, la disgraziata balena mandò un urlo spaventevole, poi voltandosi bruscamente si scagliò sulla seconda scialuppa che in quel momento aveva fatto il giro del promontorio.

Sfracellarla con un colpo di pinna, poi gettare in alto uomini e rottami con un colpo di coda, fu l'affare d'un solo momento.

I sette marinai, uccisi sul colpo, erano ricaduti in acqua senza mandare un grido.

Klass, pallido come un cencio lavato, aveva scagliato un terzo rampone, sperando di attirare su di sé la collera del gigante, ma non era giunto in tempo per evitare la catastrofe.

– Vendichiamoli! – gridò, con voce soffocata dai singhiozzi.

Non aveva ancora terminata la frase quando si vide precipitare addosso l'enorme massa.

Il cetaceo aveva scorta anche la seconda scialuppa e la caricava con furore per farle subire l'orribile sorte della prima.

– Indietro! – aveva gridato il pilota.

Troppo tardi! Il gigante per la seconda volta si era voltato con velocità incredibile ed aveva scagliato un colpo di coda formidabile.

Fortunatamente nel momento in cui vibrava il colpo, la scialuppa investita dall'onda era affondata, sicché la coda non aveva spazzato che il mare.

Tutti gli uomini in un baleno si erano trovati in acqua. I quattro marinai, più fortunati, avevano potuto aggrapparsi alla scogliera e risalirla velocemente, mentre Klass ed il pilota erano stati respinti al largo dalla contro-ondata.

Avendo però trovato sotto le loro mani la lenza del primo rampone, vi si erano aggrappati coll'energia della disperazione.

– Non abbandonarla, Klass! – aveva gridato il pilota.

– Verremo trascinati! – aveva risposto il fiociniere.

– Lascia fare, Klass.

La balena, sbarazzatasi dei suoi avversari, si era messa in cerca del balenottero, dirigendosi velocemente verso l'uscita della baia.

Klass ed il danese si erano lasciati trascinare, ora sommersi ed ora barcollanti sulle creste delle onde.

– Klass! – disse ad un tratto il danese che temeva di venire ammazzato da un colpo di pinna del gigantesco cetaceo. – Proviamo a issarci sul corpo della balena. Sei ferito?

– No – rispose il fiociniere.

– Hai forze bastanti?

– Lo spero.

– Allora arrampichiamoci e cerchiamo di dare il colpo mortale al cetaceo. La nave si è rimessa solamente ora alla vela e non potrà raggiungerci prima di molte ore.

– Tanto più che questo indiavolato cetaceo non accenna a indebolirsi – aggiunse il fiociniere.

Facendo forza di braccia, i due marinai a poco a poco si issarono fino al rampone senza che questi avesse ceduto sotto il peso e quello che era più strano, senza che la balena si fosse accorta di quella audace scalata.

Aggrappati al rampone, i due marinai, ancora stupiti della loro fortuna, guardavano con un misto di terrore e di sorpresa il cetaceo il quale continuava la sua pazza corsa verso l'altomare, balzando sulle onde.

Con note rauche che a poco a poco diventavano più fioche, la povera madre chiamava il balenottero. Si comprendeva che stava per perdere le forze. Il sangue le sfuggiva in gran copia dalle ferite, arrossando le onde e la massa intera provava, di quando in quando, dei brividi intensi.

Anche l'acqua che sfuggiva dagli sfiatatoi diventava sempre meno abbondante e più torbida.

La nave intanto si era rimessa alla vela per inseguirla. Il suo equipaggio aveva veduto le due scialuppe a scomparire e voleva vendicare i camerati. Disgraziatamente il vento era debole e non poteva lottare in velocità con quel rapido mostro.

Klass ed il pilota guardavano con ansietà la nave la quale rimaneva sempre più indietro. Cosa sarebbe accaduto di loro, se la balena dopo la sua morte affondasse, come talvolta succede?

– Io credo che sia finito – disse Klass. – Noi affonderemo colla balena ed i pescicani ci mangeranno.

– Ed i delfini gladiatori – disse il pilota. – Sono abbondanti in questi mari e sono di una voracità incredibile.

In quel momento la balena mandò un urlo rauco e dagli sfiatatoi lanciò in aria due zampilli di acqua rossa.

Un tremito formidabile la prese, sollevò la enorme testa, batté due o tre volte la coda, poi si allungò sull'acqua.

Era morta!

Calava allora la sera e colle tenebre scendevano anche le nebbie.

I due marinai, aggrappati al rampone, si erano accovacciati in una delle tante gibbosità che deformano il dorso di quei giganti del mare.

La nave era scomparsa fra le brume ed il mare aveva cominciato a gonfiarsi.

L'enorme corpaccio rollava lentamente e l'acqua, entrando nell'enorme bocca rimasta aperta, muggiva cupamente.

Ad ogni momento i due marinai credevano di sentirsi mancare sotto quel corpaccio e di trovarsi in mezzo alle onde.

La notte fu piena d'angosce e di terrori.

Quando però l'alba sorse, la balena galleggiava ancora e la nave, che non aveva cessato di veleggiare incessantemente, non ostante il nebbione, si trovava in vista.

Il capitano con un cannocchiale, prima che le tenebre scendessero, aveva scorti i due marinai sul dorso del cetaceo e dopo d'aver salvato i rematori della scialuppa si era rimesso in caccia, inoltrandosi al largo.

La buona fortuna l'aveva condotto sulle tracce della balena e l'aveva raggiunta quando già i due disgraziati marinai si credevano irremissibilmente perduti. Il cetaceo non fu abbandonato come si può immaginare. Fu rimorchiato fino nel fiord ed il suo scheletro intero figura oggidì nel museo di Hammerfest.