I pericoli della Fede (Pio IX)/Voi sapete e vedete siccome noi
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PIUS PP. IX.
AGLI ARCIVESCOVI E VESCOVI D’ITALIA
Voi sapete e vedete siccome noi, Venerabili Fratelli, per quale perversità hanno prevaluto in questi ultimi tempi certi uomini perduti, nemici d’ogni verità, d’ogni giustizia, i quali, sia colla frode e con artifizi d’ogni maniera, sia ancora apertamente e gittando, come mare spumoso, la feccia delle loro nequizie, si sforzano di spandere per ogni dove, tra i popoli fedeli d’Italia, la sfrenata licenza del pensiero, della parola, di ogni atto empio ed audace, per abbattere nell’Italia stessa la religione cattolica e, se fosse possibile, schiantarla dalle fondamenta. Tutto il piano del loro diabolico divisamento si è rivelato in diversi luoghi, ma specialmente nella diletta città, sede del supremo Nostro Pontificato, nella quale, dopo averci costretti ad abbandonarla, essi poterono per alcuni mesi dar più libero sfogo a tutti i loro furori. Là, in un orribile e sacrilego tramestamento delle cose divine ed umane, la loro rabbia s’accrebbe a tal punto, che, disprezzando l’autorità dell’illustre Clero di Roma e dei Prelati, che per ordine Nostro stavano intrepidi alla sua testa, non li lasciarono neppure continuar in pace l’opera del santo lor ministero, e senza pietà pei poveri malati in preda alle angoscie della morte, allontanavano da lora tutti i soccorsi della religione e li costringevano a morire tra le braccia delle prostituite.
Ora benchè la città di Roma e le altre provincie del pontificio dominio siano state, grazie alla misericordia di Dio, restituite, mediante le armi delle nazioni cattoliche, al nostro temporale governo; benchè le guerre ed i disordini che ne sono la conseguenza, siano egualmente cessate nelle altre contrade d’Italia, cotesti infami nemici di Dio e degli uomini non desistettero però, nè desistono dal loro lavoro di distruzione; essi non possono adoperare la forza aperta, e ricorrono perciò ad altri mezzi, quali velati sotto fraudolenti apparenze, quali visibili a tutti. In mezzo a sì grandi difficoltà portando Noi il carico supremo di tutto il gregge del Signore, e penetrati essendo dalla più profonda afflizione alla vista dei pericoli cui vanno specialmente esposte le Chiese d’Italia, riesce però alla nostra infermità, fra tanti dolori, di grande consolazione, o Venerabili Fratelli, lo zelo pastorale, del quale voi, anche nel più forte della burrasca testà passata, deste tante prove, e che si manifesta ogni giorno con sempre più splendide testimonianze. Ciò non pertanto la gravità delle circostanze ci stimola ad eccitare anche più vivamente colle nostre parole ed esortazioni, secondo il dovere del nostro apostolico ufficio, la vostra fraternità, chiamata a parte delle nostre sollecitudini, a combattere e con noi e nell’unità le guerre del Signore, e preparare ed a prendere d’unanime consenso tutte quelle misure, per le quali colla benedizione di Dio, ne venga dato riparare al male già fatto in Italia alla nostra santissima religione, e siano pervenuti e respinti i pericoli, de’ quali un avvenire prossimo la minaccia.
Tra le frodi senza numero che i suddetti nemici della Chiesa sogliono adoperare per mettere in uggia agl’Italiani la fede cattolica, una delle più perfide si è l’affermare che essi fanno impudentemente e spacciare per tutto a piena gola, che la cattolica religione è un ostacolo alla gloria, alla grandezza, alla prosperità dell’italica nazione, e che perciò, per restituire all’Italia lo splendore degli antichi tempi, vale a dire dei tempi pagani, gioco forza è toglier di mezzo la religione cattolica, ed in sua vece insinuare, propagare e stabilire gl’insegnamenti de’ protestanti e le loro conventicole. Non si sa qual cosa in tali affermazioni sia più detestabile; se la perfidia dell’empietà furibonda, ovvero l’impudenza della sfrontata menzogna.
Il bene spirituale per cui, sottratti noi alla potestà delle tenebre, siam trasportati nella luce di Dio e, giustificati colla grazia, siam fatti eredi del Cristo nella speranza della vita eterna, questo bene delle anime derivante dalla santità della religione cattolica è certamente di tal pregio e valore che, a petto di esso, tutta la gloria e felicità di questo mondo deve essere riguardata come puro nulla: «Quid enim prodest homini si mundum universum lucretur, animae vero suae detrimentum patiatur? aut quam dabit homo commutationem pro anima sua? (1)» Ma tanto è lungi che la professione della vera fede abbia cagionato alla gente italica i danni temporali di cui si parla, che anzi alla sola religione cattolica essa va debitrice, se nello sfasciarsi del romano impero ella non fu ravvolta nella rovina che toccò ai popoli dell’Assiria, della Caldea, della Media, della Persia, della Macedonia. In fatti, nessun uomo leggermente istruito ignora che non solo la santissima religione del Cristo ha liberato l’Italia dalle tenebre di tanti e sì gravi errori che tutta la coprivano, ma di più frammezzo alle rovine dell’antico impero, e le invasioni de’ barbari devastanti tutta Europa l’ha innalzata in gloria e grandezza sopra tutte le nazioni del mondo, per forma che par singolar beneficio di Dio, possedendo l’Italia nel suo seno la sacra cattedra di Pietro, ottenne per la divina religione un impero troppo più solido ed esteso, che non l’antica sua terrestre denominazione. Questo peculiarissimo privilegio di possedere la sedia apostolica, e del metter che fece conseguentemente la religione cattolica più forti e profonde radici tra i popoli d’Italia, fu per lei la sorgente di altri insigni ed innumerevoli beneficii. Imperocchè la santissima religione del Cristo, maestra della vera sapienza, protettrice e vindice dell’umanità, madre feconda di tutte virtù, spense nell’animo degl’Italiani quella sete funesta di gloria, che avea trascinati i loro maggiori a fare perpetuamente la guerra, a tener i popoli stranieri nell’oppressione, a ridurre, secondo il diritto di guerra allor vigente, un’immensa quantità d’uomini alla più dura schiavitù, e nello stesso tempo rischiarando le loro menti cogli splendori della cattolica verità, li recò con potente impulso alla pratica della giustizia, della misericordia, alle opere più magnifiche di pietà verso Dio e di beneficenza verso gli uomini. Di che sorsero nelle principali città italiane tante sante basiliche ed altri monumenti delle età cristiane, i quali non furono già l’opera dolorosa di una moltitudine gemente nel servaggio, sì veramente il libero frutto di una carità vivificante. Al che voglionsi aggiungere le pie istituzioni d’ogni maniera consacrate sia all’esercizio della vita religiosa, sia all’educazione della gioventù, alle lettere, alle arti, alla savia coltura delle scienze, sia infine al sollievo degl’infermi e degl’indigenti. Tale è dunque quella religione divina, che abbraccia: sotto tanti titoli diversi, la salute, la gloria e la felicità dell’Italia, quella religione che oggidì si vorrebbe far rinnegare ai Popoli della Penisola. Noi non possiamo trattenere le lagrime, Ven. Fr., nel vedere che si trovano in quest’ora degl’Italiani così perversi, così acceccati da miserabili illusioni, che non temono di applaudire alle depravate dottrine degli empii, e cospirare con essi alla rovina della lor patria. Ma voi troppo sapete Ven. Fr., che i principali autori di questa orribile macchinazione hanno per iscopo di spingere i popoli, agitati da ogni vento di perverse dottrine, al sovvertimento d’ogni ordine nelle cose umane, e di traboccarli negli orrendi sistemi del nuovo socialismo e del comunismo.
Ora cotesti uomini ben sanno e il veggono per la lunga esperienza di molti secoli, che e’ non possono sperare nessun assenso per parte della Chiesa cattolica, la quale, custode gelosissima del deposito della Rivelazione, non soffre mai che nè un apice sia tolto od aggiunto alle verità proposte dalla Fede. Quindi è che eglino son venuti nel disegno di trarre gl’Italiani alle opinioni ed alle conventicole dei protestanti, nelle quali (ripetono essi continuamente a fin di sedurli) non si deve vedere altro che una forma differente della stessa vera religione cristiana, in cui si può piacere a Dio egualmente che nella Chiesa cattolica. Frattanto essi sanno benissimo che nulla può tornar più utile all’empia lor causa, che il primo principio del protestantismo, il principio della libera interpretazione delle Sacre Scritture, fatto dal privato giudizio di ciascuno. Posto questo, dopo aver abusato delle Sacre Scritture, traendole a cattivo senso per ispandere i loro errori, essi sperano di potere, quasi in nome di Dio, spingere dipoi gli uomini, già gonfii dell’orgogliosa licenza di giudicare delle cose divine, a rivocar in dubbio eziandio i principii comuni del giusto e dell’onesto.
Piaccia a Dio, Ven. Fratelli, piaccia a Dio che l’Italia, nella quale le altre Nazioni sono avvezze ad attingere le acque pure della sana dottrina, perchè la Sede Apostolica è stabilita a Roma, non divenga per esse d’or in poi una pietra d’inciampo e di scandalo! Piaccia a Dio che questa cara porzione della Vigna del Signore non sia lasciata in preda alle fiere! Piaccia a Dio che i popoli italiani, dopo aver bevuta la demenza alla coppa avvelenata di Babilonia, non arrivino mai ad impugnar armi parricide contro la Chiesa lor madre! Quanto a Noi ed a Voi, cui Dio nel suo segreto giudizio ha riserbati a tempi di sì gran pericolo, guardiamoci bene dal temere le astuzie e gli attacchi di cotesti uomini che cospirano contro la Fede d’Italia, quasichè noi dovessimo vincerli colle nostre proprie forze, mentre che il Cristo è il nostro consiglio e la nostra forza; il Cristo, senza del quale possiamo nulla, ma col quale possiamo tutto (2). Operate dunque, Ven. Fratelli, operate, vegliate con attenzione sempre maggiore sul gregge che vi è affidato, e fate tutti i vostri sforzi per difenderlo dalle insidie e dagli attacchi dei lupi rapaci. Comunicatevi vicendevolmente i vostri disegni, continuate, siccome avete già cominciato, a tenere riunioni tra di voi, affinchè, dopo avere scoperto per comune investigazione l’origine dei nostri mali, e, secondo la diversità dei luoghi, le sorgenti principali dei pericoli, voi possiate trovarvi, sotto l’autorità e la condotta della S. Sede, i rimedi più pronti, ed applichiate così, d’unanime accordo con Noi, coll’aiuto di Dio e con tutto il vigore dello zelo pastorale, le vostre cure e le vostre fatiche a render vani tutti gli sforzi, tutti gli artifizii, tutte le trame e tutte le macchinazioni dei nemici della Chiesa.
A questo fine bisogna che vi adoperiate continuamente, per timore che il popolo, troppo poco istruito intorno alla dottrina cristiana ed alla legge del Signore, istupidito dalla lunga licenza dei vizii, a mala pena arrivi poi a distinguere gli agguati che gli son tesi, e la tristizia degli errori che gli son proposti. Noi domandiamo con istanza alla vostra pastorale sollecitudine, Ven. Fratelli, di non cessar mai dall’adoperare tutte le vostre cure, acciocchè i fedeli a voi confidati vengano ammaestrati, secondo l’intelligenza di ciascuno, circa i santissimi dogmi e precetti di nostra religione, e nello stesso tempo siano avvertiti ed eccitati con tutti i mezzi a confermar a questi la loro vita ed i loro costumi.
Infiammate per questo fine lo zelo degli ecclesiastici, specialmente di quelli che hanno cura di anime, affinchè, meditando profondamente sul ministero ricevuto dal Signore, e tenendo dinanzi gl’occhi le prescrizioni del Concilio di Trento (3), si adoperino colla massima attività, secondo che esige la necessità dei tempi, all’istruzione del popolo, e procaccino d’imprimere in tutti i cuori le sacre verità, gli avvisi della salute, facendo loro conoscere con discorsi brevi e semplici i vizii che debbono fuggire per evitare la pena eterna, le virtù che deggiono praticare per ottenere la gloria celeste.
Bisogna invigilare specialmente a ciò che i fedeli stessi abbiano profondamente scolpito nell’animo il dogma della nostra santissima religione sulla necessità della Fede cattolica per ottener la salute (4). A quest’effetto sarà sommamente vantaggioso che, nelle pubbliche preghiere, i fedeli uniti al Clero rendano di tanto in tanto particolari azioni di grazie a Dio per l’inestimabile beneficio della religione cattolica, della quale van tutti debitori alla sua infinita bontà, e chiedano umilmente al Padre delle misericordie di degnarsi di proteggere e conservar intatta nelle nostre contrade la professione di questa medesima religione.
Tuttavia voi vi farete uno studio speciale di amministrare a tutti i fedeli, in tempo conveniente, il sacramento della Confermazione, il quale, per sommo benefizio di Dio, conferisce la forza di una grazia particolare per confessare con costanza la Fede cattolica anche fra’ più gravi pericoli. Voi non ignorate pure esser molto conducevole allo stesso fine, che i Fedeli, purificati dalle sozzure dei loro peccati, espiati con una sincera detestazione e col sacramento della Penitenza, ricevano frequentemente e con divozione la Santissima Eucaristia, la quale è il cibo spirituale delle anime, l’antidoto che ci libera dalle colpe quotidiane, e ci preserva dai peccati mortali; il simbolo di quel solo corpo di cui Cristo è il capo, ed al quale Egli volle che noi fossimo raggiunti col legame sì forte della Fede, della Speranza e della Carità, affinchè formiamo tutti un sol corpo, e non siano scismi tra noi (5). Noi non dubitiamo punto che i parrochi i loro vicari e gli altri sacerdoti, i quali in certi giorni, e specialmente nel tempo del digiuno, lavorano nel ministero della predicazione, non siano per farsi premura di prestarvi il loro concorso in tutte queste cose. Ciò non pertanto, bisogna di tempo in tempo confortare le loro sollecitudini coi soccorsi straordinarii degli esercizi spirituali e delle sante missioni, le quali, quando sono affidate a uomini capaci, sono, colla benedizione di Dio, utilissime a rinfiammare la pietà dei buoni, eccitare a salutar penitenza i peccatori e gli uomini depravati da inveterate abitudini viziose; far crescere il popolo fedele nella scienza di Dio, condurlo a praticare ogni sorta di bene, e munendolo cogl’abbondanti aiuti della grazia celeste inspirargli un’invincibile orrore per le dottrine perverse dei nemici della Chiesa. Del resto in tutte queste cose le vostre cure e quelle dei sacerdoti vostri cooperatori tenderanno particolarmente a far concepire ai fedeli il più grande orrore per quei delitti che si commettono con grande scandalo del prossimo. Imperocchè voi ben sapete quanto è cresciuto in diversi luoghi il numero di coloro che osano bestemmiare pubblicamente i santi del Cielo e lo stesso Santissimo nome di Dio, o che sono conosciuti come concubinari e talora anche incestuosi, o che ne’ giorni festivi si danno alle opere servili, tenendo aperte le botteghe, o che, anche in presenza di molti, disprezzano i precetti del digiuno e dell’astinenza, o che finalmente non arrossiscono di commettere allo stesso modo altri diversi delitti. Alla voce del vostro zelo il popolo si rappresenti e consideri seriamente l’enorme gravezza di cotesti peccati e le pene severissime onde saranno puniti i loro autori, tanto per la colpa lor propria, che pel pericolo spirituale a cui essi espongono i loro fratelli pel contagio del loro mal esempio. Imperocchè sia scritto: Vae mundo a scandalis.... Vae homini illi per quem scandalum venit (6).
Tra i diversi generi di lumi con che i più sottili nemici della Chiesa e dell’umana società cercano d’invescar i popoli, uno de’ principali è certamente quello che essi avean già preparato da lunga mano nei colpevoli loro disegni, cioè l’uso depravato dell’arte della stampa. Essi vi si appigliano con tutta l’anima, per forma che non passano un giorno senza moltiplicare e spargere nelle popolazioni libelli empi, giornali, fogli volanti pieni di menzogne, di calunnie, di seduzioni. Non basta; servendosi dei soccorsi delle società bibliche già da lunga pezza condannate dalla S. Sede (7), essi non vergognano di diffondere gran numero di Sacre Bibbie tradotte, senza che si siano osservate le regole della Chiesa (8), in lingua volgare, profondamente alterate e tratte a cattivo senso con audacia inaudita, e di raccomandarne la lettura al popolo fedele, sotto un falso pretesto di religione. Voi intendete ottimamente nella vostra saviezza, Ven. Fratelli, con quanta vigilanza e sollecitudine voi dobbiate affaticarvi acciò che i fedeli rifuggano con orrore da questa avvelenata lettura, e si ricordino che, in quanto alle Divine Scritture segnatamente, nessuno appoggiato alla propria prudenza può arrogarsi il diritto ed avere la presunzione d’interpretarle altramente che non le ha interpretate e le interpreta la Santa Chiesa nostra madre, alla quale sola Cristo Signor nostro ha confidato il deposito della Fede, il giudizio sul vero senso dei libri divini (9). Sarà cosa utilissima, Venerabili Fratelli, per arrestare l’infezione dei libri cattivi, che libri della stessa mole, scritti da uomini forniti di scienza sana e distinta, e previamente da voi approvati, siano pubblicati per l’edificazione della Fede, e la salutare educazione del popolo. Voi vi adoprerete affinchè cotesti libri ed altre di dottrina egualmente pura, scritti da altri uomini secondo l’esigenza dei luoghi e delle persone, siano diffusi tra i fedeli.
Tutti coloro che cooperano con voi alla difesa della Fede avranno specialmenle in mira di far penetrare, rassodare e scolpire profondamente nell’animo de’ vostri fedeli la pietà la venerazione ed il rispetto verso questa suprema Sede di Pietro, sentimenti questi, pei quali voi eminentemente vi distinguete, o Venerabili fratelli. Si rammentano i popoli fedeli che qui vive e presiede, nella persona de’ suoi successori, Pietro il principe degli Apostoli (10), la cui dignità non è separata dalla persona del suo indegno erede (11). Si sovvengano che G. Cristo Signor Nostro ha collocato su questa cattedra di Pietro l’inespugnabile fondamento della sua Chiesa (12), e che a Pietro Egli ha date le chiavi del regno de’ cieli (13), e che perciò Egli ha pregato, affinchè la Fede di Pietro non venisse mai meno, e comandato a Pietro di confermare i suoi fratelli in questa Fede (14), di qualità che il Successore di Pietro, il Romano Pontefice, tenendo il primato in tutto l’universo è il vero Vicario di G. C., il Capo di tutta la Chiesa, il Padre ed il Dottore di tutti i cristiani (15).
Egli è nel mantenimento di quest’unione comune dei popoli nell’ubbidienza al Pontefice Romano che dimora il mezzo più spedito e più diretto per conservarli nella professione della cattolica verità. Infatti non è possibile ribellarsi alla Fede cattolica senza rigettare ad un tempo l’autorità della Chiesa romana, nella quale risiede il magistero irreformabile della Fede, fondato dal Divin Redentore, e nella quale, per conseguenza, fu sempre conservata l’Apostolica tradizione. Quindi nasce che gli antichi eretici ed i protestanti moderni, così divisi nel resto delle loro opinioni, sono tutti unanimi nell’attaccare l’autorità della Sede Apostolica, cui non poterono però mai in nessun tempo e con nessun artificio o macchinazione, indurre e tollerare neppur uno dei loro errori. Quindi è parimenti che gli attuali nemici di Dio e dell’umana famiglia niun mezzo tralasciano per istrappare i popoli italiani dalla Nostra ubbidienza e dall’ubbidienza della Santa Sede, persuasi che, ottenuto questo troppo verrà lor fatto di ammorbare l’Italia coll’empietà delle loro dottrine e colla peste dei loro nuovi sistemi.
Quanto a questa dottrina di depravazione ed a cotesti sistemi, tutto il mondo conosce che il loro scopo primario si è di spargere nel popolo, abusando delle parole di libertà e di eguaglianza, i perniciosi trovati del comunismo e del socialismo. È cosa evidente che i capi, vuoi del comunismo, vuoi del socialismo, avvegnacchè adoperino metodi e mezzi differenti, hanno per iscopo comune di tenere in continua agitazione ed avvezzare a poco a poco ad atti, anche più criminosi gli operai e gli uomini d’inferior condizione, ingannati dal loro scaltrito linguaggio e sedotti dalle promesse di una vita più felice. Essi contano di servirsi poi del loro braccio per attaccare il potere d’ogni autorità superiore, per invadere, saccheggiare, oltraggiare, dilapidare le proprietà della Chiesa dapprima, e poi di tutti gli altri particolari, per violare finalmente tutti i diritti divini ed umani, disperdere dal mondo il culto di Dio e sovvertire da capo a fondo le civili società.
In così grande pericolo per l’Italia, egli è vostro dovere, Venerabili Fratelli, di spiegare tutte le forze dello zelo pastorale per far intendere al popolo fedele che, se essi si lasciano trascinare a queste opinioni da questi perversi sistemi, ne avranno per solo frutto l’infelicità temporale e l’eterna perdizione.
I fedeli affidati alle vostre cure siano dunque fatti avvertiti che è essenziale alla natura stessa dell’umana società, che tutti ubbidiscano all’autorità legittimamente in essa costituita, e che nulla può esser cangiato nei precetti del Signore, che in questa materia ne vengono enunciati nelle Sacre Lettere.
Conciossiacchè è scritto: «Subiecti estote omni humanae creaturae propter Deum sive Regi, quasi praecellent, sive ducibus, tamquam ab eo missis ad vindictam malefactorum, laudem vero honorum; quia sic est voluntas Dei, ut benefacientes obmutescere faciatis imprudentium hominum ignorantiam: quasi liberi, et non quasi velamen habentes malitiae libertatem, sed sicut servi Dei (16)»; ed ancora: «Omnis anima potestatibus sublimioribus subdita sit: non est enim potestas nisi a Deo: quae autem sunt, a Deo ordinatae sunt: itaque, qui resistit potestati, Dei ordinationi resistit: qui autem resistunt, ipsi sibi damnationem acquirunt» (17).
Sappiano essi ancora che, nella condizione delle cose umane, è cosa naturale ed invariabile che, anche tra coloro che non sono costituiti in autorità, gli uni soprastino agli altri, sia per diverse qualità di spirito o di corpo, sia per ricchezze od altri beni esteriori di questa fatta: e che giammai, sotto nessun pretesto di libertà e di eguaglianza, può esser lecito invadere i beni od i diritti altrui, o violarli in un modo qualsiasi. A questo riguardo, i comandamenti divini, che sono scritti qua e colà nei libri santi, sono chiarissimi, e ci proibiscono formalmente non pure d’impadronirci del bene altrui, ma eziandio di desiderarlo (18).
I poveri, gl’infelici si ricordino sovratutto di quanto essi son debitori alla religione cattolica, la quale guarda viva ed intatta e predica altamente la dottrina di G. C., il quale ha dichiarato di riguardare come fatto a sè il bene fatto ai poveri ed ai miserabili (19). Egli ha pronunziato a tutti il conto particolare che chiederà, nel giorno del giudizio, intorno alle opere di misericordia, sia per ricompensare colla vita eterna i fedeli che le avranno praticate, sia per castigare colla pena del fuoco eterno quelli che le avranno trasandate (20). Da questo avvertimento di Cristo Nostro Signore, e dagl’avvisi severissimi (21) che Egli ha dati circa l’uso delle ricchezze ed i loro pericoli, avvisi conservati inviolabilmente nella Chiesa cattolica, ne è risultato che la condizione dei poveri e dei miserabili è fatta molto più dolce presso le nazioni cattoliche, che presso tutte le altre. Ed i poveri riceverebbero nelle nostre contrade soccorsi troppo più abbondanti, se in mezzo alle recenti commozioni della cosa pubblica numerosi stabilimenti fondati dalla pietà dei nostri antenati, non fossero stati distrutti o derubati. Del rimanente, i nostri poveri non si dimentichino che dietro l’insegnamento di Gesù Cristo medesimo, essi non devono punto accorarsi della lor condizione; poichè, a dir vero, nella povertà la strada della salute è fatta loro più facile, purchè tuttavolta essi portino in pazienza l’indigenza loro, e siano poveri non materialmente soltanto, sì ancora di spirito. Perocchè è scritto; Beati pauperes spiritu, quoniam ipsorum est regnum Coelorum (22).
Il popolo fedele tutto quanto sappia che gli antichi re delle nazioni pagane ed i capi delle loro repubbliche hanno abusato del loro potere troppo più gravemente e più spesso: e quindi riconosca che è tutto benefizio della nostra santissima religione, se i principi cristiani tementi, alla voce di questa religione, il giudizio severissimo che sarà fatto da coloro che comandano, e l’eterno supplizio destinato ai peccatori, supplizio nel quale i potenti saranno potentemente tormentati (23), hanno usate, riguardo ai popoli loro soggetti, un modo più clemente e più giusto di governare.
Finalmente i fedeli, confidati alle Nostre cure ed alle Vostre, riconoscano che la vera e perfetta libertà ed uguaglianza degli uomini sono state poste sotto la custodia della legge cristiana, poichè il Dio onnipotente che ha fatto il piccolo ed il grande e che ha cura eguale di tutti (24), non esimerà dal giudizio la persona di chicchessia, e non guarderà a nessuna grandezza (25): egli ha fissato il giorno in cui giudicherà l’universo nella sua giustizia (26) in Gesù Cristo, suo figlio unico, il quale deve venire nella gloria del Padre cogli Angeli suoi, e renderà allora a ciascuno secondo le opere sue (27).
Che se i fedeli, disprezzando gli avvisi paterni dei loro pastori ed i precetti della legge cristiana che abbiamo accennati, si lasciassero aggirare dai promotori delle odierne macchinazioni, e consentissero a cospirare con loro nei perversi sistemi dal socialismo e del comunismo, sappiano essi e considerino seriamente che ciò non fanno che accumularsi presso il Divin Giudice tesori di vendetta nel giorno dell’ira, e che frattanto da questa cospirazione non uscirà alcun vantaggio temporale pel popolo, sì veramente un accrescimento smisurato di miserie e di calamità. Imperocchè non è dato agli uomini di poter istabilire nuove società e comunanze opposte alla condizione naturale alle cose umane; epperciò il risultamento di cotali cospirazioni, se si propagassero in Italia, sarebbe questo: Lo stato attuale della cosa pubblica sarebbe scardinato e rovesciato da cima a fondo per le lotte dei cittadini contro i cittadini, per le usurpazioni, per gli omicidi; e poi alcuni pochi arricchiti delle spoglie del gran numero afferrerebbero la somma del potere in mezzo alla comune rovina.
Per salvar il popolo dagli agguati degli empi, per mantenerlo nelle professione della religione cattolica ed infiammarlo alle opere della vera virtù, l’esempio e la vita di coloro che sono consecrati al santo ministero, ha, Voi lo sapete, una grande efficacia. Ma, oh dolore! si son trovati in Italia degli ecclesiastici, in piccol numero è vero, i quali sono passati nelle file dei nemici della Chiesa, e li hanno aiutati non poco ad ingannare i fedeli. Per Voi, Ven. Fratelli, la caduta di questi è stata un nuovo stimolo che vi ha eccitato a vegliare, con zelo sempre più attivo, al mantenimento della disciplina del Clero. E qui volendo, secondo il Nostro dovere, prendere delle misure preservatrici per l’avvenire, Noi non possiamo trattenerci dal raccomandarvi di bel nuovo un punto, sul quale abbiamo già insistito nella Nostra prima Lettera Enciclica a tutti i Vescovi dell’universo (28), ed è di non imporre mai leggermente le mani a chicchessia, e di apportare la più attenta sollecitudine nella scelta della milizia ecclesiastica. È necessaria una lunga ricerca, una minuta investigazione a proposito di quelli specialmente che desiderano di entrare negli ordini sacri; fa d’uopo assicurarvi che essi si raccomandano per iscienza, per gravità di costumi e zelo del culto divino in siffatta guisa, da darvi certa speranza che, simili a lampade ardenti nella casa del Signore, essi potranno, colla loro condotta e colle loro opere, tornare al vostro gregge di edificazione e di utilità spirituale.
La Chiesa di Dio ritrae dai monasteri, quando questi sono ben regolati, un’immensa utilità ed una grande gloria, ed il Clero regolare fornisce a Voi stessi, nelle vostre fatiche per la salute delle anime, un soccorso prezioso. Egli è perciò che vi sollecitiamo dapprima, Ven. Fratelli, ad assicurare, da nostra parte, le famiglie religiose di ciascuna delle vostre diocesi, che in mezzo a tanti dolori, Noi abbiamo particolarmente risentiti i mali, che molte di loro ebbero a soffrire in questi ultimi tempi, o che la coraggiosa pazienza, la costanza nell’amore della virtù e della propria religione, di cui in gran numero di religiosi diedero l’esempio, fu per Noi sorgente di consolazioni tanto più vive, in quanto che alcuni altri furono visti, dimentichi della santità di lor professione, con grande scandalo dei buoni e con infinita amarezza del Nostro cuore e cordoglio dei loro fratelli, prevaricare vergognosamente. In secondo luogo, voi sarete solleciti di esortare, in Nostro nome, i capi di queste famiglie religiose ed, ove fosse necessario, i superiori, che ne sono i moderatori supremi, a nulla trascurare dei doveri della loro carica, a fine di rendere sempre più rigorosa e fiorente la disciplina regolare dove questa si è conservata, ed a ristabilirla in tutta la sua forza ed integrità dove si fosse illanguidita. Questi superiori ricorderanno incessantemente, e cogli avvertimenti, e colle rimostranze, e coi rimproveri, ai religiosi delle loro case, ch’essi devono seriamente considerare con quali voti si sono a Dio legati, attendere e mantenere le promesse fatte osservare inviolabilmente le regole del loro istituto, e portando nei loro corpi la mortificazione di Gesù, astenersi da tutto ciò che è incompatibile colla loro vocazione, dedicarsi intieramente a quelle opere che alimentano e crescono la carità verso Dio ed il prossimo, e l’amore della perfetta virtù. Oltreciò, i moderatori di questi ordini invigilino attentamente perchè l’ingresso in religione non sia aperto a chicchessia se non dopo maturo e scrupoloso esame della sua vita, de’ suoi costumi e del suo carattere, e perchè nessuno possa esser ammesso alla professione religiosa, se non dopo aver date, in un noviziato fatto secondo le regole, prove di vera vocazione, di maniera che si possa a buon diritto presumere che il novizio abbraccia la vita religiosa col solo intendimento di vivere unicamente a Dio, ed attendere, secondo le regole del proprio istituto, alla propria salute ed a quella dei prossimi. Su questo punto Noi vogliamo ed intendiamo che si osservi tutto ciò che è stato stabilito e prescritto, pel bene delle famiglie religiose nei decreti pubblicati il 25 gennaio dell’anno scorso dalla nostra Congregazione sullo stato dei regolari, decreti rivestiti della nostra Apostolica autorità.
Dopo avervi così parlato del Clero regolare, Noi ci facciamo premura di raccomandare alla Vostra Fraternità l’istruzione e l’educazione dei chierici minori; che la Chiesa non può guari sperare di trovar degni ministri, se non tra coloro che fin dalla loro giovinezza e prima età, sono stati, secondo le regole prescritte, informati a questo sacro ministero. Continuate dunque, Ven. Fratelli, ad usare di tutti i vostri mezzi, a fare tutti i vostri sforzi, affinchè i giovani, destinati alla sacra milizia, siano ricevuti, per quanto è possibile, nei seminarii ecclesiastici fin dalla loro più tenera età, ed affinchè, raccolti intorno al tabernacolo del Signore, essi vigoreggino e crescano, come piantagione novella nell’innocenza della vita, nella religione, nella modestia, nello spirito ecclesiastico, imparando nello stesso tempo da scelti maestri, la cui dottrina sia al tutto scevra da ogni pericolo, di errore, le lettere, le scienze elementari e le alte scienze, ma sovratutto le lettere e le scienze sacre.
A quest’effetto, Voi vi rivendicherete la principale autorità, un’autorità pienamente libera sui professori delle sacre discipline e su tutte le cose che spettano alla religione o le si attengono da vicino. Vegliate acciò che in nulla e per nulla, ma specialmente in tutto che tocca alle cose di religione, non si adoperino altro che libri esenti da ogni sospetto di errore. Avvertite quelli che hanno cura di anime, di essere vigilanti cooperatori in tutto ciò che concerne le scuole dei fanciulli e della prima età. Le scuole non siano affidate se non a maestri e maestre di provata onestà, e per insegnare gli elementi della Fede ai ragazzi ed alle ragazze non si usino altri libri, fuorchè quelli approvati dalla Santa Sede. Su questo punto, Noi non possiamo dubitare che i parochi non siano i primi a dar l’esempio, e che, sollecitati dalle vostre incessanti esortazioni, essi non si applichino ogni giorno più ad istruire i fanciulli intorno agli elementi della dottrina cristiana, ricordandosi che questo è uno dei più gravi doveri della carica loro commessa (29). Voi dovrete parimenti rammentar loro che, nelle loro istruzioni sia ai fanciulli che al popolo, eglino non devono mai perdere di vista il catechismo romano, pubblicato conformemente al decreto del Concilio di Trento, per ordine di San Pio V, nostro predecessore, d’immortale memoria, e raccomandato a tutti i pastori di anime da altri Sommi Pontefici, ed in ispecie da Clemente XIII, come un aiuto valevolissimo a respingere le frodi delle perverse opinioni, a propagare e stabilire solidamente la vera e sana dottrina (30).
Voi non vi maraviglierete punto, Ven. Fratelli, se Noi vi parliamo un po’ stesamente su questa materia. La vostra prudenza ha certamente riconosciuto che, in questi tempi pericolosi, Noi dobbiamo, Voi e Noi, fare i più grandi sforzi, lottare con una costanza invincibile, spiegare una vigilanza continua per tutto ciò che s’attiene alle scuole all’istruzione ed all’educazione dei fanciulli e dei giovani dell’uno e dell’altro sesso. Voi sapete che, ai giorni nostri, i nemici della religione e dell’umana società, aggirati da uno spirito veramente diabolico, si sbracciano per pervertire il cuore e l’intelligenza dei giovani fin dalla loro primissima età. Quindi è che s’appigliano ad ogni mezzo, tentano ogni più audace partito per sottrarre intieramente all’autorità della Chiesa ed alla vigilanza de’ sacri pastori le scuole ed ogni stabilimento destinato all’educazione della gioventù.
Noi abbiamo pertanto ferma speranza che i nostri dilettissimi figli in Gesù Cristo, tutti i Principi d’Italia, aiuteranno la Vostra Fraternità col loro potente patrocinio, affinchè voi possiate adempiere con maggior frutto i doveri del vostro ufficio che vi abbiam rinfrescati. Non dubitiam pure in verun modo che essi non abbiano la volontà di proteggere la Chiesa e tutti i suoi diritti, sia spirituali che temporali. Nulla è più conforme alla religione e pietà che essi hanno ereditata dai loro maggiori, e dalla quale si mostrano animati. Non può sfuggire alla loro sapienza che la causa prima di tutti i mali, onde siam travagliati, non fu altra che il male fatto alla Religione ed alla Chiesa cattolica nei tempi anteriori, ma specialmente all’epoca in cui comparvero i protestanti. Essi veggono, per esempio, che il disprezzo crescente dell’autorità de’ sacri Pontefici, le violazioni, sempre più moltiplicate ed impunite dei precetti divini ed ecclesiastici, hanno scemato in analoga proporzione il rispetto del popolo verso il potere civile, ed aperto agli attuali nemici della pubblica tranquillità una via più larga alle rivolte ed alle sedizioni. Essi veggono in pari modo, che lo spettacolo sovente rinnovato dei beni temporali della Chiesa invasi, divisi, venduti pubblicamente, avvegnachè a Lei appartenessero in virtù di un legittimo diritto di proprietà, e che l’indebolimento, presso i popoli, del sentimento di rispetto per la proprietà consacrata ad una destinazione religiosa, hanno avuto per effetto di rendere un gran numero d’uomini più accessibili alle audaci asserzioni del novello socialismo e del comunismo, insegnanti che si può, alla stessa guisa, porre la mano sulle altre proprietà, impadronirsene, e spartirle o trasformarle in qualunque altra maniera per uso di tutti. Essi veggono ricadere poco a poco sul potere civile gl’impacci e le pastoie già una volta moltiplicate con tanta perseveranza per impedire i pastori della Chiesa dall’usare liberamente di loro sacra autorità.
Essi veggono finalmente che, in mezzo alle calamità che ci premono tutt’intorno, è impossibile trovare un rimedio di effetto più pronto, di efficacia maggiore che il far rifiorire e ridonare tutto l’antico splendore alla Religione ed alla Chiesa cattolica per tutta Italia, a quella Chiesa cattolica, la quale possiede, non si può dubitarne, i mezzi più acconci a soccorrere le diverse indigenze dell’uomo in tutte le condizioni.
Ed in verità, per usare qui le parole di sant'Agostino: «La Chiesa cattolica abbraccia non pure Dio stesso, ma ancora l’amore e la carità verso il prossimo in guisa che ella ha rimedii per tutte le malattie che provano le anime a cagione dei loro peccati. Essa esercita ed ammaestra i suoi figliuoli in modo appropriato alla loro età, i giovani con forza, i vecchi con tranquillità, in una parola, secondochè esige l’età non solamente del corpo, ma eziandio della loro anima. Essa assoggetta la donna al marito, non per appagare il libertinaggio, sì veramente per propagare la specie umana e conservare la dimestica società. Essa fa il marito superiore alla moglie, non già perchè egli si faccia giuoco del sesso più debole, ma perchè entrambi ubbidiscano alla legge di un sincero amore. Essa assuddita i figli ai loro genitori in una specie di libere servitù, e l’autorità onde investe i parenti è una cotal foggia d’amorevole dominazione. Essa raggiunge i fratelli ai fratelli con un vincolo di religione più forte, più stretto di quello del sangue. Essa stringe e rafferma tutti i legami di parentela e di alleanza per una vicendevole carità, la quale rispetta nodi della natura e quelli formati dalle diverse volontà. Essa insegna ai servitori a star soggetti ai loro padroni, non tanto per la necessità di lor condizione, quanto per l’attrattiva del dovere; essa rende i padroni miti e dolci verso i loro servi col pensiero del comune signore, il sommo Iddio, e far loro preferire le vie della persuasione a quella del costringimento. Essa lega i cittadini ai cittadini, le nazioni alle nazioni, e tutti gli uomini tra di loro, non solamente col vincolo sociale, ma ancora con una specie di fratellanza, frutto della memoria dei nostri primi parenti. Essa addottrina i re ad aver sempre di mira il bene dei loro popoli, ed ammonisce i popoli a sottomettersi ai loro re. Essa fa conoscere a tutti con una sollecitudine instancabile a chi sia dovuto l’onore, a chi l’affezione, a chi il rispetto, a chi il timore, a chi la consolazione, a chi l’avvertimento, a chi l’esortazione, a chi la disciplina, a chi il rimprovero, a chi il supplizio, mostrando come tutte le cose non son dovute a tutti, ma che a tutti è dovuta la carità, a nessuno l’ingiustizia (31).
Egli è dunque Nostro dovere e Vostro, Vener. Fratelli, di non indietreggiare dinanzi a nessuna fatica, di affrontare tutte le difficoltà, di porre in opera tutta la forza del Nostro zelo pastorale per proteggere, presso i popoli italiani, il culto della cattolica religione, non solamente coll’opporci energicamente agli sforzi degl’empi che congiurano a divellere l’Italia stessa dal seno della Chiesa, ma ancora lavorando potentemente per ricondurre nelle vie della salute quei figli degenerati d’Italia, che già ebbero la debolezza di lasciarsi sedurre.
Ma ogni bene eccellente ed ogni dono perfetto viene dall’alto; accostiamoci adunque con fiducia al trono della grazia, Ven. Fratelli, non cessiamo dal supplicare e scongiurare con preghiere pubbliche e particolari il Padre celeste dei lumi e delle misericordie, affinchè pei meriti del suo Figliuolo unico Gesù Cristo, divolgendo il suo sguardo dai nostri peccati, illumini, nella sua clemenza, tutti gli spiriti e tutti i cuori colla virtù della sua grazia, e domando le ribelli volontà, glorifichi la sua Chiesa con nuove vittorie e nuovi trionfi; così che in tutta l’Italia e per tutta la terra, il popolo che lo serve, cresca in numero ed in merito. Invochiamo altresì la Santissima Madre di Dio, Maria Vergine Immacolata, la quale, col suo onnipossente patrocinio presso Dio, ottenendo tutto ciò che domanda, non può domandar invano. Invochiamo con Lei, Pietro Principe degli Apostoli, Paolo suo fratello nell’apostolato, e tutti i santi del Cielo, affinchè il clementissimo Iddio, placato dalle loro preghiere, divolga dai popoli fedeli i flagelli della sua collera, e conceda, nella sua bontà a tutti quelli che portano il nome di cristiani, di potere colla sua grazia e rigettare tutto ciò che è contrario alla santità di questo nome, e praticare tutto ciò che le è conforme.
In fine, Ven. Fratelli, ricevete in pegno del nostro vivo amore per Voi, l’Apostolica benedizione, che dal fondo del Nostro cuore affettuosamente vi compartiamo, a Voi ed al Clero ed ai Fedeli laici commessi alla vostra vigilanza.
Datum Neapoli in Suburaano Portici, die viii decembris anni mdcccxlix Pontificatus Nostri ann. iv.