I divoratori/Libro secondo/XXII
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XXII.
— Anne-Marie, il Re vuole udirti a suonare.
— Il Re? il vero Re?
— Sì!
— Non un Re di racconti delle fate?
— No. Il Re d’Inghilterra.
— Quello che era ammalato tanto tempo fa e che io ho fatto guarire?
Nancy sorrise.
— L’hai fatto guarire tu? Questo non lo sapevo.
— Sì, — disse Anne-Marie con gravità. — L’ho fatto guarire io. Il giorno del mio natalizio al Gartenhaus. Tu eri via.
— Sì, io ero via, — sospirò Nancy.
— E avevo sette candele intorno alla torta che mi aveva regalato Fräulein.
— «Das Geburtstagskuchen», — pronunciò Fräulein, con gutturale solennità. — Avevi sette candele; una per ogni anno della tua vita.
— E, sai, mamma! — ogni candela è un desiderio, — spiegò Anne-Marie a sua madre. — Si desidera una cosa, poi si soffia, e se la candela si spegne subito, allora il desiderio si compie. Fräulein l’ha anche messo in poesia:
Se il cuore è puro |
— Ma no, ma no, — corresse Fräulein. — Non è così. Gli ultimi due versi sono:
Soffia una sola volta, |
Nancy rise.
— Ma non vedo cosa c’entri col Re.
— C’entra, — spiegò Anne-Marie. — Perchè io avevo sette desideri, e ne avevo fatto una lunga lista tanto tempo prima. Avevo desiderato, — e Anne-Marie colla testa appoggiata al petto di sua madre, enumerò: — prima un cavallino tutto bianco con la coda lunga; poi una casa pel Schopenhauer; poi un battello a vapore per andarti a prendere, perchè non venivi mai; poi un vestito magnifico per Fräulein; e poi un orologio d’oro per Elisabeth; e poi un altro orologio, più d’oro, per te; e poi un altro per me; e poi un altro cane, non come Schopenhauer, ma nero con zampe bianche; e poi...
— Ma mi pare che siano già più di sette cose, — disse Nancy.
— Ce n’erano ancora! Ed erano tutte cose di cui avevo molto bisogno, — disse gravemente la piccola. — Ma allora tu mi hai scritto che il Re era ammalato.
— Mi ricordo, — disse Nancy.
— Mi hai detto che era il Re del tuo papà, ed era tanto buono che perdonava tutti. Degli intieri paesi pieni di gente cattiva, lui li perdonava!
— È vero, — disse Nancy.
— E mi hai detto di pregare il buon Dio che lo facesse guarire.
— Sì, — disse Nancy.
— Io invece non ho fatto così. Ho detto a Dio: «Aspetta un momento!» E il giorno dopo era la mia festa, e avevo i sette desideri. Allora, — continuò gravemente Anne-Marie, assorta nei ricordi, — quando ho visto le candele accese ho pensato che per il tuo Re rinuncerei a un desiderio... e invece dell’orologio per Elisabeth, ho desiderato che il Re guarisse. Poi ho rinunciato anche al vestito per Fräulein, e ho desiderato ancora che guarisse il Re. Poi ho pensato che potevo anche fare a meno del cane nero; e poi ho lasciato andare anche il cavallo, e il bastimento, e tutto! — Anne-Marie alzò verso la madre i fidenti occhi azzurri. — E ho spento tutte le candele perchè guarisse il Re!... Così, è guarito.
Nancy la baciò.
— Che buona bambina, — disse.
— E adesso, proprio quel Re vuol vedermi e sentirmi suonare! — disse Anne-Marie, pensosa. — Come è strano!... Credi che farei bene a dirgli che l’ho salvato io?
— Forse no, — disse Nancy. — Forse è più bello averlo fatto senza dirglielo.
...E Anne-Marie non lo disse.
— ...Ma egli lo sapeva, lo sapeva! Io non gli ho detto niente, eppure lo sapeva, — singhiozzò Anne-Marie, chiusa nelle braccia di sua madre, e tutta scossa d’emozione, narrandole alla sera gli avvenimenti di quel giorno solenne. — L’ho visto nei suoi occhi che mi guardavano così dolcemente! Oh mamma! mentre suonavo avrei voluto dirgli che, se allora ho dato sette desideri per la sua vita, oggi, che ho dieci anni, potevo dargliene tre di più!... Ma quando ho smesso di suonare, egli mi ha detto: «Grazie! oh, grazie!»... Eppoi mi ha baciata. Dunque sapeva tutto!... Sapeva quanto l’amavo! — Anne-Marie avvicinò la guancia al viso della mamma, e soggiunse piano: — Forse Dio gliel’ha detto!
Ora, forse, o piccola Anne-Marie, Dio gliel’ha detto.
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