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le invasioni barbare, i romani sentirono la necessità di erigere due muraglie di sbarramento intermezzate e affiancate da valli e opere minori. Ed è appunto qui che in tutti i secoli la linea del confine italiano subì piccoli spostamenti, che si ripetono anche ora, dal 1848, nelle varie opinioni dei geografi e dei politici. Noi però anche qui ci teniamo a quella che è meglio basata sulla realtà geografica, convalidata nei secoli, sia pure con piccoli mutamenti, dalla storia. Fra la Venezia Giulia e la Carniola è sempre esistita, come già vedemmo, una provincia mediana di costumi e di civiltà, ora completamente slavizzata: la Carsia, cioè l’attuale capitanato di Postumia (Adelsberg). Essa s’estende su per giù fra le due catene marginali della Selva di Tarnova e di quella del Piro, prolungandosi da Postumia stessa lungo la catena degli Albi a sud-est fino alle falde meridionali del Nevoso. Abbandonare questa provincia ci sembra impossibile sia perchè per allacciarsi al margine occidentale dell’altipiano bisognerebbe rinunziare già all’altezza di Tolmino alla catena invalicabile delle Alpi e in gran parte al bacino dell’Idria, sia perchè da Prevald a San Peter s’apre una grande trouée, la cui fortificazione (anche se possibile erigendo delle salde opere sul Gaberk sopra Senosec) sarebbe assai costosa. Inoltre bisogna notare che mentre sulla linea Idria-Longatico-Postumia-Nevoso le strade di passaggio — i passi hanno ancora carattere di valico — a Aidussina, Prevald, San Peter, Dornegg sono già ricche di varie e facili ramificazioni e accentramenti. Per tutto ciò mi pare che non sia possibile altro che seguire l’esempio datoci dai romani, i quali condussero dal nodo degli Albi due valli: l’uno, il fondamentale, esterno che