I Salmi di David (Diodati)/SALMO XXII

SALMO XXII.

../SALMO XXI ../SALMO XXIII IncludiIntestazione 17 marzo 2023 100% Da definire

SALMO XXI SALMO XXIII
[p. 35 modifica]

SALMO XXII.

1          Dio mio, Dio mio, perchè lasciato m’hai,
     E da me ti nascondi?
     Nè salute mi porgi, in tanti guai?
     N’al ruggir pur rispondi,
     Che tutto giorno di sfogar non poso,
     Di notte ancor, senza trovar riposo?
2          E pur tu se’ quel Santo venerando,
     Che ’n eterno dimori:
     A cui s’ode Israel tuttor, cantando,
     Sacrar solenni onori.
     I nostri padri in te fondar la spene,
     E gli scampasti da travagli e pene.
3          A te gridaro, e furo liberati:
     In te fermar la fede,
     Nè di vergogna mai furo adombrati.
     Là dove, a chi mi vede,
     Non uom, ma sembro un verme sozzo e vile:
     Scherno del mondo, e sprezzo al volgo umile.
4          Chi mi riguarda, onta mi face e scorno:
     E, con la bocca torta,
     Scuotemi il capo, e va dicendo attorno,
     Or siegli aita porta,
     Dal Signor, sopra cui s’appoggia in pace.
     Or salvi ’l, se l’amar tanto gli piace.
5          Ma pur, Signor, da le materne celle
     Tu m’hai tratto a la luce.
     Infin da che pendeva a le mammelle,
     Ripar mi fosti e duce.
     Tu mio Dio sei, tu ne le braccia accolto
     M’hai, fuor del ventre uscendo, ove era involto.

[p. 36 modifica]

6          Ora di me, Signor, non star lontano,
     Che l’angoscia è vicina:
     Nè v’è chi per salvarmi erga la mano:
     E, con rabbia ferina,
     D’ogn’intorno mi son grandi e possenti
     Di Basan tori, ad assalirmi ardenti.
7          Qual rapace leon apron lor gola,
     Contra me fiacco e frale.
     E ’n me, come acqua, si distempra e scola
     Tutto l’umor vitale.
     E, per la grave e dolorosa arsura,
     De l’ossa si scommette ogni giuntura.
8          Dentro, qual cera, il mio dolente core
     Si strugge a poco a poco.
     Spasima asciutto il bel natio vigore,
     Come arso testo al foco.
     S’attien la lingua a l’arido palato.
     Tu ne l’avello m’hai cupo affondato.
9          Un stuol m’accerchia d’abbaianti cani,
     Folta gente maligna:
     E, con chiodi confitti e piedi e mani,
     Mi fer piaga sanguigna.
     L’ossa posso contar spuntanti e scarne:
     Essi stanno a mirar senza curarne.
10          Hanno fra lor la mia spoglia divisa.
     E, per l’intera veste,
     La gara ingorda a sorte hanno decisa.
     Or, tua mercè non reste
     Lunge da me: tu, che se’ mia virtute,
     I passi muovi ratto a mia salute.
11          E, l’alma mia riscoti dal coltello:
     La soletta e diserta
     Del can rabbioso da l’artiglio fello.
     E da la foce aperta
     Del fier leone, che mi rugge attorno,
     Mi salva, e dagli assalti del liocorno.

[p. 37 modifica]

12          A’ mie’ fratei farò tue glorie conte,
     In mezzo a’ cori santi.
     Tementi suoi, ciascun di voi racconte
     I suo’ famosi vanti.
     Del buon Iacob, o tu pietoso seme,
     Dàgli ognor, con timor, lodi supreme.
13          Perchè agli strazi del meschin non fue
     Unque sdegnoso e schivo.
     Udì ’l gridante, n’a le preci sue
     Nascose il volto divo.
     Tu di lodi mi dai larghi argomenti,
     In mezzo a schiere d’adunate genti.
14          E ’n presenza de’ tuoi fidi devoti,
     Con ostie e canti lieti,
     Imprendo sciorre i conceputi voti.
     De’ tuo’ pii mansueti.
     Allor a pien farai le brame paghe,
     Di cari beni e di delizie vaghe.
15          Que’ che cercan il tuo divin aspetto
     Ti loderan, Signore:
     E vivo avran, in gioia ed in diletto,
     In sempiterno il core.
     Ciò rimembrando fin a’ stremi liti
     Del mondo, a te si volgeran pentiti.
16          Tutte le genti a te verran prostrate:
     Perch’a te s’appartiene
     Di regnar sopra lor la podestate.
     Di beni aperte vene
     Godendo i grassi, e’ miseri morenti,
     Adoreranno chini e riverenti.
17          La lor progenie fra ’l tuo popol conta,
     Ti servirà, devota.
     A far accorrerà, di voglia pronta,
     La tua giustizia nota.
     Fonte/commento: ed. 1664 (indentatura errata)Ed i suo’ figli, ch’indi nasceranno,
     Di te gli eccelsi fatti vanteranno.