I Salmi di David (Diodati)/SALMO XLIV
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SALMO XLIV.
1 Agli orecchi, Signor, il chiaro bando
De le prodezze tue già ne pervenne;
I padri nostri a’ lor figli narrando
Ciò che d’alto adoprasti e di solenne,
In quella memoranda etade antica,
Che provaro di te la destra amica.
2 Con quella, o Dio, le scellerate genti
Mettesti in fuga e ne sterpasti ’l seme.
E nel voto terren i buon parenti
Nostri piantasti ed allevasti insieme.
Ond’allignaro e crebber e fioriro,
Ed i nemici lor fiacchi periro.
3 Che di ver l’acquistar l’almo paese,
Opra non fu di lor coltello o mano:
Vane del braccio lor fur le contese:
Gli scampò solo il tuo valor sovrano,
Tua destra e ’l folgorar de’ lumi divi:
Perchè d’amor paterno gli gradivi.
4 Ora lo stesso sei, mio Rege e Dio,
Dà di salvar Iacob l’alta parola.
Per te faremo strage e calpestio
D’ogni nemico, che ci assale e ’nvola,
Perchè ne l’arco mio non ho fidanza,
Nè mia spada mi dà schermo o baldanza.
5 Anzi da te speriam esser riscossi
Da color, che ci son cotanto infesti,
D’odio mortal incontra noi commossi.
Fattigli in volta gir confusi e mesti,
In te faremo festa trionfale,
Alto vantando il tuo Nome immortale.
6 Or n’hai scacciati e ricoperti d’onte,
N’uscendo più con nostre insegne in campo
Star a’ nemici non potemmo affronte,
Che ne predar, senza riparo o scampo.
Tu ne desti, dispersi in lunghi esigli,
Come agnelli a sbranar a’ lor artigli.
7 La tua gente vendesti a vili pregi,
E del danaro non facesti avanzi.
Da spietati vicin dispetti e spregi
Festi ch’ognor ci son sfogati innanzi.
A capo scosso siam punti e scherniti,
Da popoli profani infelloniti.
8 Ho l’onta mia davanti tutto ’l giorno,
Porto coperto di vergogna il volto,
Per l’agre ingiurie e per l’atroce scorno,
Che da’ nemici infuriati ascolto.
Ma non però, per questi avvenimenti,
Giammai uscisti de le nostre menti.
9 Nè contr’al santo tuo giurato patto
Unque ribelli fummo o disleali.
Nè da te s’è ’l cor nostro unque ritratto,
Nè smosso il piè da’ tuoi calli reali.
Benchè tu ci abbi in fosse tenebrose
Triti, e di draghi in tane cavernose.
10 S’avessim messo in neghittoso oblio
Del Dio nostro e Signor il Nome altero:
E stese ad ottener nostro disio,
L’empie palme ad alcun nume straniero,
Non avrebbe egli pur fattone inchiesta,
Che de’ cori ha notizia manifesta?
11 Per tua cagion di noi tuttor si fanno
Stragi crudeli e sanguigni macelli.
E que’ felloni ne la stima n’hanno
Sol d’esposti a scannar miseri agnelli.
Perchè dormi, Signor, destati omai,
Nè sempre ributtarci in tanti guai.
12 Perchè ne celi il tuo volto sereno,
Nè curi l’oppression e’ strazi nostri?
Il ventre abbiam disteso in sul terreno,
Da tua mano affondati in cupi chiostri.
Sorgi, Signor, e ne scampa ed aita,
Per tua mercede eterna ed infinita.