I Salmi di David (Diodati)/SALMO XCIV

SALMO XCIV.

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SALMO XCIII SALMO XCV
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SALMO XCIV.

1          Ne l’alto solio ascendi,
     O Dio, del mal oprar vendicatore.
     Tu, de l’offese grave correttore,
     Di gloria i raggi accendi.

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     Tu che, col giudicar, temperi il mondo,
     Rendi a’ fellon di giusto merto ’l pondo.
2          Signor, infin a quando
     Da la tua lenta pazienza umana
     Gli empi cagion prendran di gioia insana,
     Protervi, trionfando?
     E i scellerati dispettose voci
     E vanti alteri sgorgheran feroci?
3          Di tua gradita gente
     Questi tiranni fan strazio crudele.
     Di te, Signor l’eredità fedele
     Per lor geme languente.
     Vedove oppresse e forestieri uccisi,
     E morti sono gli orfani e conquisi.
4          A bestemmiar son osi,
     Che lo Dio di Iacob null’ode o vede,
     E che nel cielo nighittoso siede.
     O pazzi e furiosi,
     Vie più ch’altra non fu vil turba mai:
     Saggi, e fie tardi, divenite omai.
5          Quel che l’orecchia inserta
     Have ne l’uom e l’occhio divisato,
     Saravvi sordo, cieco ed insensato?
     Quel che con norma certa
     Le genti affrena, e a l’uom infonde il senno,
     Non fie che vi castighi ad un sol cenno?
6          Il Signor ha contezza
     Di quanto l’uom nel cor volge sagace,
     Ch’altro non è che vanità fallace.
     Beata l’alma avvezza
     A tua santa paterna disciplina,
     Cui di tua legge insegni la dottrina.
7          Perchè ’n queto riposo
     La stagion varchi travagliosa e dura:
     Mentre è cavata in giù la tomba scura,
     A l’empio prosperoso.

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     Che non può Dio lasciar il suo legnaggio,
     Nè ’l proprio abbandonar caro retaggio.
8          Anzi, i tempi felici
     Torneran che giustizia in trono segga,
     E del mondo al governo alma provegga.
     Allor i cori amici
     Di virtute, al gran Rege attorno attorno
     Aggreggiati faran bel cerchio adorno.
9          Or da chi, per mio scampo,
     Fie con l’iniquo stuol la pugna presa?
     Incontro a’ malfattori a mia difesa
     Chi metterassi in campo?
     Già se ’l Signor non mi porgeva aita,
     Sarei sotterra senza voce e vita.
10          Quando, smarrito, dissi,
     Ohimè, che ’l piè mi sfugge vacillante!
     La tua bontà mi raffermò le piante.
     Quando i pensieri, fissi
     A le mie doglie, il petto m’accoraro,
     I tuo’ conforti quello ricrearo.
11          Qual convenenza o patto
     Evvi fra te, Signor, e ’l seggio iniquo,
     Che ’n giudicar la legge torce obliquo
     In favor del misfatto?
     S’aduna il lor collegio a pieni scanni,
     Perch’a la morte l’innocente danni.
12          Ma pur, alto rifugio
     Emmi il Signor: la destra e la virtute
     Del mio Dio m’è riparo di salute.
     Esso i rei, senz’indugio,
     Ingombrerà di lor colpe e peccati:
     E fien per quelli estinti e sterminati.