I Salmi di David (Diodati)/SALMO L

SALMO L.

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SALMO XLIX SALMO LI
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SALMO L.

1          L’alto Signor eterno,
     Di tutti i Dei lo Dio,
     Un chiaro bando diè dal ciel superno.
     E ’n terra il suon s’udio
     Dal Levante fin là ’ve ’l sol tramonta.
     Di gloria lampeggiante
     Ingombrò di Sion le cime sante,
     Ch’è monte di beltà compiuta e conta.
2          Il nostro Dio repente
     Moverà le pedate:
     Innanzi gli arderà foco fervente.
     Ed a sua Maestate
     Fosco cerchio farà turbo e procella:
     E d’alto darà gridi
     A terra e ciel per far giudizi fidi,
     Di color che la sua gente egli appella.
3          Adunate le schiere,
     Dirà, de’ mie’ devoti,
     Che meco patto fer con ostie vere.
     Faran i cieli noti
     De la giustizia sua gli effetti chiari:
     Che giudice e rettore
     Egli è del mondo, e con voci sonore
     A’ suoi così dirà popoli cari:
4          Porgimi inteso orecchio,
     O seme mio diletto:
     Aprirti il mio voler or m’apparecchio,
     O Israel diletto.
     I’ son tuo Dio, nè vo’ querela darti
     Per vittime od offerte,
     Che tuttodì mi son da te proferte,
     Nè ’n dono buoi, nè becchi domandarti.

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5          Perch’io son pur padrone
     Di quante bestie e belve
     Vanno pascendo in ogni regione,
     Pe’ monti e per le selve.
     Noti mi son tutti i montani augei:
     Ogni fiera campestre,
     Fin entro ’l lor ripar selvaggio, alpestre,
     Ho pronta e ’n man a tutti i cenni miei.
6          Se mi strignesse fame,
     Bisogno non mi fora
     Del tuo, per appagar l’accese brame,
     Nè te ’l direi ancora.
     Però che ’l mondo, e quant’egli contiene,
     È tutto ’n mio potere.
     Soglio io mangiar di bue carne, e bere
     Il sangue uscito a’ becchi da le vene?
7          Presenta sacrifizio
     Di lode schietta e pura:
     E di voti al Sovran il sacro uffizio
     Abbi di render cura.
     E se ti preme aspra necessitade,
     A me dirizza i prieghi:
     Nè fie giammai che d’aitarti i’ nieghi,
     A fin ch’esalti l’alma mia bontade.
8          Poscia, a l’empio converso,
     Dirà: Perchè pur osi
     Narrar le leggi mie col cor averso?
     E’ mie’ patti pietosi
     Recarti in bocca con profana lena?
     Poichè riprovi ed odi
     D’ogni correzion i lacci e’ nodi,
     E gitti i detti miei dietro a la schiena.
9          S’un ladro talor vedi
     A correr dietro a lui,
     Pel suo stile seguir tu muovi i piedi:
     Ed i conforti tui

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     Sozze alme son, macchiate d’adulteri.
     Ad ogni mal l’audace
     Labbro tu metti, e la lingua fallace
     Contesse inganni insidiosi e fieri.
10          A tuo bell’agio assiso
     Sparli del tuo fratello:
     E sciogli, a biasimarlo, in gabbo e riso
     De la lingua il flagello.
     Ciò facendo, perchè raffreno l’ire,
     Tu mi stimi tuo pari.
     In faccia ten farò richiami amari,
     E spiegherotti le tue colpe dire.
11          Or siate a questo attenti
     Voi che ’l Signor sovrano
     Vi lasciate fuggir fuor de le menti:
     Ch’a lacerar la mano
     I’ non metta, nè sie chi porga scampo.
     Chi m’offerisce lodi
     Mi face onor, e a cui tien dritti modi
     Rivelerò di mia salute il lampo.