I Mille/Capitolo XXX

Capitolo XXX. Il Ratto

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Capitolo XXIX Capitolo XXXI

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CAPITOLO XXX.

IL RATTO.

Intanto
All'onta ed al disprezzo è condannata
Lei, che fu la stella di mia vita,
Il dolce paradiso sulla terra!
 (Autore conosciuto).



Eran le sei d’una bella serata d’agosto, non v’era soffio di vento, e la superficie dello stretto era inargentata. Le città di Reggio e di Messina come su d’uno specchio riflettevansi in quelle onde fatate, quando le nostre eroine misero il piede sulla graziosa gondola che dovea condurle sulla barca peschereccia ove giaceva il malcapitato cadavere del pesce spada ancora caldo della vitalità scomparsa, e la barca colla trionfale sua ciurma cantarellando vogava trasportata dalla marea verso la cittadella di Messina.

«Ma che con questi quattro robusti rematori, la Sirena che gareggia coi venti, non raggiungerà quegli stupidi pescatori?»

Quella millanteria era vociferata da tale che se fosse stato ben osservato dalle fanciulle pria [p. 145 modifica] d’imbarcarsi, esse non si sarebbero certamente affidate a tale guida.

Il comandante della Sirena, posto al timone con Marzia alla destra e Lina alla sinistra, era una di quelle figure che colpiscono ed impongono l’ammirazione in tutti i loro movimenti fisici. Pettoruto e largo di spalle, sulle quali posava una di quelle meridionali teste adornate d’ebano tanto negli occhi che nella capigliatura. — Era di statura mediana, ma svelto quanto il capriolo dei monti.

Non era marino Talarico, non cavaliere1, ma su un cavallo o su un palischermo egli dondolavasi graziosamente quanto un marino italiano, un figlio de las Pampas, od un Monarca della cuchilla del Rio Grande2; infine era un tipo di razza gagliarda, non tutta spenta in Italia, malgrado gli sforzi del prete e della tirannide per corromperla.

Dunque è Talarico, eh! — E voi le mie buone fanciulle l’avete fatta grossa d’affidarvi a lui, o non avete saputo distinguere sulla maschia figura del figlio d’Aspromonte l’occhio aquilino e micidiale del bandito. — E Talarico non solo, ma tutto quanto voi avete veduto di pesca, di pescatori e di Sirena sotto le finestre della vostra [p. 146 modifica] abitazione, tutto era stato premeditato ed ordito per involare la Marzia.

Lina, altrettanto preziosa preda, non entrava nel ratto che come un accessorio.

La barca peschereccia vogava sempre verso la cittadella, trasportata dalla marea e dai remi, e la Sirena, benchè sveltissima, accorciava di poco la distanza che la separava dal pesce spada. La curiosità delle nostre belle cangiossi presto in timore, e gettato un colpo d’occhio verso la sponda sicula da dove eran partite e che già oscuravasi colle ombre della notte, esse richiesero al timoniere d’esser ricondotte verso la loro dimora. — Tutt’altro che Talarico avrebbe potuto usare un po’ di diplomazia, cioè d’inganno — confortar le donne, ingiunger loro di star quiete ed infine canzonarle ancora per un pezzo, ma tale non era il modo del calabrese brigante; e quando s’avvide che gli occhi delle due eroine lampeggiavano di sdegno, e che forse potevano, dopo d’aver riconosciuto l’inganno, scagliarsi su di lui, le prevenne, ed abbandonando il timone, pose una mano su d’ogni braccio delle donzelle, e le strinse come se fosse graffa di leone, mentre i rematori, assoldati come il loro capo, avanzaronsi a prestar man forte, nel caso che la potenza di Talarico non avesse bastato.



  1. Qui per Cavaliere non intendo quella caterva di servi che coi cavalli altro non hanno di comune che la greppia ove s’ingrassano a spese dei popoli che disonorano.
  2. Monarca della collina: così si chiamano i famosi cavalieri della provincia più meridionale del Brasile.