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capitolo xxx 145


d’imbarcarsi, esse non si sarebbero certamente affidate a tale guida.

Il comandante della Sirena, posto al timone con Marzia alla destra e Lina alla sinistra, era una di quelle figure che colpiscono ed impongono l’ammirazione in tutti i loro movimenti fisici. Pettoruto e largo di spalle, sulle quali posava una di quelle meridionali teste adornate d’ebano tanto negli occhi che nella capigliatura. — Era di statura mediana, ma svelto quanto il capriolo dei monti.

Non era marino Talarico, non cavaliere1, ma su un cavallo o su un palischermo egli dondolavasi graziosamente quanto un marino italiano, un figlio de las Pampas, od un Monarca della cuchilla del Rio Grande2; infine era un tipo di razza gagliarda, non tutta spenta in Italia, malgrado gli sforzi del prete e della tirannide per corromperla.

Dunque è Talarico, eh! — E voi le mie buone fanciulle l’avete fatta grossa d’affidarvi a lui, o non avete saputo distinguere sulla maschia figura del figlio d’Aspromonte l’occhio aquilino e micidiale del bandito. — E Talarico non solo, ma tutto quanto voi avete veduto di pesca, di pescatori e di Sirena sotto le finestre della vostra

  1. Qui per Cavaliere non intendo quella caterva di servi che coi cavalli altro non hanno di comune che la greppia ove s’ingrassano a spese dei popoli che disonorano.
  2. Monarca della collina: così si chiamano i famosi cavalieri della provincia più meridionale del Brasile.