I Mille/Capitolo VII

Capitolo VII. Lina e Marzia

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Capitolo VII. Lina e Marzia
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CAPITOLO VII.

LINA E MARZIA.

     E tu i cari parenti e l’idïoma
Desti a quel dolce di Calliope labbro
Che amore in Grecia nudo e nudo in Roma
D’un velo candissimo adornando
Depose in grembo a Venere celeste.
 Foscolo.


Ma chi furon quei due giovinetti che nel gruppo dei più arditi tra gli Argonauti volevan precederli verso il nemico gareggiando a chi doveva affrontarlo pel primo?

Essi son diversi di forme, l’uno pare un figlio della Germania, colla sua capigliatura bionda, che non potea esser nascosta da un bonetto cui s’attortigliava graziosamente una fascia di seta; l’altro bruno di volto e di capelli, somigliava piuttosto ad un meridionale italiano. Ambi imberbi, ciocchè li mostra giovanissimi. La foggia del vestire è quasi identica, alquanto più accurata del resto dei Mille, ma modesta. E veramente non v’era sfarzo nella famosa schiera.

Giovanissimi sì, ma il moschetto lo maneggiavano da veterani, e siccome tali armi eran pure [p. 30 modifica] armi regie, di cui accennammo più sopra, i crik dei colpi falliti eran numerosi e la speranza della vittoria riposava sull’innestata baionetta.

Tra i numerosi giovani studenti v’eran pure imberbi, bellissimi di volto e della persona, ma nessuno certamente pareggiava la squisita bellezza dei nostri due dell’avanguardia. Il loro volto, come abbiam detto, di colore diverso, colpiva lo sguardo colla nobile beltà della robusta Cinzia, indomabile cacciatrice. I contorni dei loro fianchi però accusavano, più d’alcune svolazzanti treccie, qualche cosa esclusiva del sesso gentile.

E veramente mentre, in un momento di sosta sotto una delle banchine descritte nel capitolo anteriore, io contemplava quella bellissima e valorosissima copia davanti a me — P..... diretto a Nullo diceva: «È inutile! queste ragazze non vogliono stare indietro» .

Io informato sino a quel momento che una sola del sesso gentile1 faceva parte della spedizione, venni così a sapere esser esse di più.

Nel turbinio dell’assalto, della fuga, e della persecuzione, io vidi avvolgersi sempre fra i primi le due incantevoli creature. — E per un momento trasportato dal calore della pugna, e dal fascino della bellezza, mi sembrò d’esser lanciato in quei tempi eroici ove i genii e le dee presiedevano agli eventi delle battaglie.

Le due eroine, giacché le conosciamo donne, [p. 31 modifica] avevano perduto nella mischia i loro fez (bonetti) e turbanti; dimodoché una capigliatura d’oro ed una d’ebano avean per un momento svolazzato sull’altipiano del Pianto del Romani. — Esse indispettite d’essere state svelate, misero le ali ai piedi, e perseguirono disperatamente il nemico. — Le due coraggiose sarebbero forse giunte a Calatafimi la stessa sera, se P... e Nullo, l’eroe della Polonia — ferito in un piede, correndo sopra il sano solo — non le avessero fatte tornare indietro.

La sera di quel glorioso giorno, io stanco, mi riposavo nella vallata che divide Calatafimi dal Pianto dei Romani; quando P... presentossi a me con quelle due belle figure che tanto m’avean colpito nella giornata.

«Lina, mia sorella, mi disse, viene colla sua compagna Marzia, a chiedervi perdono, d’aver trasgredito l’ordine di non potersi imbarcare donne nella spedizione».

«Lina è dunque figlia delle belle valli lombarde», io risposi: non potendo decidermi ad un rimprovero, ed un poco sorpreso da tale visita; poi alquanto rinfrancato: «quando per una trasgressione si acquistano tali valorose come sono vostra sorella e la compagna, io, che non sono un modello d’ordine, posso bene accomodarmivi».

Un momento di silenzio seguì l’interessante colloquio, e vedendomi fiso al volto di Marzia, P... riprese: «Marzia è Romana, e non possiamo dirvi altro di essa, poiché ella stessa non ci ha fatto [p. 32 modifica] sapere di più». E senza aspettare la mia risposta, P... continuò: «Non vogliamo tediarvi, poiché dovete essere stanco».

«Lina vuol presentarvi un mantello incerato, tolto ad un ufficiale nemico, e che vi servirà, sprovvisto come siete, per coprirvi dalla rugiada », e senza darmi tempo di ringraziare, i tre si dileguarono nelle tenebre.

Io m’addormentai, sognando di battaglie, di dee, di genii, d’Italia intiera risorta, e la sveglia, con cui il mio tromba avea petrificato il nemico nel giorno antecedente, mi destò colla piacevole notizia: che il nemico avea abbandonata Calatafìmi.

E fu veramente grata tale notizia, poiché tenendo il nemico Calatafimi, noi avremmo dovuto ben sudare per impossessarci di quella formidabile posizione.



  1. La signora Crispi.