I Marmi/Parte seconda/Ragionamento della stampa/Academici Fiorentini e Peregrini
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Academici Fiorentini e Peregrini.
Peregrini. Veramente la cittá e voi altri signori rispondete ottimamente alla fama che suona della vostra virtú e nobiltá. Noi siamo restati sodisfatti molto, per sí pochi giorni che siamo qua, né credo che ci sia per uscir mai di memoria i diletti mirabili che noi ci abbiamo avuto e le cortesie che dalle vostre magnificenze abbiamo ricevute.
Fiorentini. Quando voi poteste tardare, vi faremmo vedere particolarmente molte belle cose che nelle nostre case abbiamo: insino a oggi voi non ne riportate altro che l’universalitá.
Peregrini. Il veder solamente una congregazione di virtuosi sí stupenda, in una sí illustre academia, è cosa da maravigliarsi e mostrare a dito: — Vedete quello? e quello? e quegli altri? Son tutti eccellenti nella greca lingua; quegli altri (a decine ne gli mostravate) sono nelle latine, e da quest’altra parte sono mirabili scrittori nella lingua nostra. Dalla parte di sopra sono eccellentissimi in varie lingue. — Il mostrarci poi tanti musici, scultori, architetti, pittori e le centinaia d’uomini industriosi è da fare stupire il mondo, non che noi altri. Oh, solamente i libri che io ho veduti scritti a penna, composti da vostri fiorentini, son cose da riverirvi mille secoli e onorarvi in perpetuo. Voi non faceste mai miglior pensiero che far venire una bellissima stampa, acciò che per sí fatto mezzo voi illustriate il mondo con le vostre degne opere.
Fiorentini. Le vostre nobiltá, come virtuosi e generosi d’animo, non potrebbero favellare altrimenti; e vi ringraziamo d’esserci sí cortesi e l’attribuiamo alla vostra gentilezza e non al nostro merito. Diteci ora, in cortesia, alcuni ordini della vostra academia?
Peregrini. Son pochi i nostri statuti e debili ordinazioni; onde mal volentieri ne ragiono; ma non posso mancare a sí onesta dimanda, se bene il manifestare i nostri secreti ci fosse di vergogna o danno.
Fiorentini. Anzi credo che ogni cosa venga in pro vostro e onore, perché siate uomini, come si vede, si nell’opere come nella presenza, ne’ costumi e nel parlare, rari e degni di fare ogni cosa virtuosa perfettamente.
Peregrini. Accetto il buono animo vostro. La nostra academia, signori magnifici, ebbe principio da sei cittadini, che in Vinegia si ritrovarono in lor compagnia uno spirito ornato d’alcune virtú; onde, vedendo costoro il nobil virtuoso, si ristrinsero fra loro dicendo: — Perché non possiamo noi fare che i nostri figliuoli sien creati di sí fatta sorte e cinti d’onore come questo ingegno buono? — E, dopo molti ragionamenti fatti fra loro, si risolverono che la forza de’ dinari dovesse portare il peso, e, usciti di Vinegia, se n’andarono a una terra tanto lontana alla cittá che in tre ore, e per acqua e per terra, si va e in tre altre si torna; talmente che, fatto le faccende della cittá, bene a sera potevano andar fuori a quel luogo rimoto e atto a tenére i lor figliuoli separati dal vulgo, acciò che tutti si dessero alle virtú. E, speso buona somma di danari in case e possessioni, tenevano, sí come fate voi altri fiorentini, casa in villa e in Firenze, come costumava messer Francesco da Colle, uomo letterato, di fare di quel suo luogo di Montuvi, sí come ci avete narrato pochi di fa, quando ragionavamo de’ litterati particolarmente. E loro sei solamente, uomini fatti e di matura etá, tolsero due lettori, uno per le lettere latine e l’altro per le volgari, e gli stanziarono in quel luogo, però con la libertá che piaceva loro d’andare a Vinegia e sera e mattina; bastava che, nel tempo che in quel luogo dimorassino, si parlasse con loro, si ragionasse e leggesse, da reale e piacevol negoziare e libero, non ristretto o terminato. Passato un tempo, vi si cominciò a ridurre molta nobiltá e i giovani a pigliar modestia dalla norma de’ padri e dai vecchi, talmente che il salvatico luogo fu fatto domestichissimo. E di questo primo principio, o radice piantata, ne sono usciti e fiori odoriferi e frutti suavi, e dottori e cavalier e capitani e altri spiriti degni: le guerre velarono alquanto sí bell’ordine e la morte disturbò il virtuoso ridotto per alcun tempo. Oggi, adunque, di quel ceppo ne son discesi sei altri, i quali, unitisi insieme, acciò che il frutto divenga maggiore, hanno fatto un luogo speziale per un’academia e fatto sopra le lor possessioni lasciti per mantenimento di sí mirabil ordine.
Fiorentini. Bene abbino eglino, poi che con il proprio loro hanno fondato sí degna opera.
Peregrini. A lor sei cittadini v’hanno unito sei altri gentiluomini viniziani e fatto corpo nobilissimo; e tutti a dodici insieme eletto ventiquattro virtuosi, due per uomo, e messi in questa academia, nella quale si legge, si disputa, si ragiona e si fa stampare, onorando tutti i signori onorati, principi illustri e persone degne d’onore. Non hanno voluto che mai si dien fuori lor capitoli o ordini né si sappi per alcuno altro che fra loro, che sono numero trentasei, chi è di questa academia, salvo che due secretari, che sono persone conosciute; e a questi si fa capo, e loro uniscano l’academia, la quale il piú delle volte s’aduna fuori della cittá per poter gustare con piú quiete i virtuosi ragionamenti: non curano applauso di brigate o gran numero d’uomini che gli lodino, anzi fuggono la lode e cercano d’attendere a tutte le virtú.
Fiorentini. Ottima elezione hanno fatta: veramente e’ son d’ingegno elevato a ritrarsi dal vulgo, che offende, lacera, biasima, e non si può far cosa, per perfetta che la sia, che da ciascuno la non sia beffata in qualche conto.
Peregrini. Di quei sei fondatori se n’elegge ogni sei mesi uno, che si chiama presidente, e dai cinque altri riceve, come egli entra nell’offizio, un tazzone d’argento con l’arme in mezzo della cittá e il segno dell’academia. Egli, come esce, dona alquanti libri alla libraria che s’è fatta nell’academia; onde in pochi anni vi saranno infiniti e bellissimi libri. In quella stanza, fatta per tal congregazione, son l’insegne di ciascuno principe e signore che è per lettere fatto amico e familiare dell’academia; in tutti i libri a stampa se ne fa memoria, e sempre si onora. Quando si legge i poeti latini o vulgari, gli academici vengano alla lezione che paiono nel numero degli altri udienti; né mai tengano il grado e l’ordine dei seggi, se non quando loro soli s’uniscano e adunano per ragionamenti dotti, dispute e altre lezioni particolari per loro intelligenza.
Fiorentini. Altri offizii ci sono dentro che questi che avete detti?
Peregrini. Assai, ma non gli posso dire, perché cosí è il nostro termine: vi sono i consiglieri, il tesorieri che fa fabricare, provede le tapezzerie, panni... Una volta l’anno si fa con buona spesa una comedia; si pagano i lettori; e vi son quattro protettori che hanno la cura di fare scrivere per tutte le provinzie, uno per la Magna, l’altro per la Spagna, per la Francia e per Italia, e i secretari ubidiscano loro e il presidente sottoscrive e sigilla le lettere. Il qual presidente si elegge per capo, nel suo tempo del reggimento, un gran signore, verbigrazia, il doge di Vinegia, un altro s’elegge il duca di Fiorenza, un altro quel di Ferrara o qualche altro gran signore a suo beneplacito, come il signor don Ferrante Gonzaga, il principe di Salerno, il legato del papa, un procurator di san Marco e simili gran personaggi; e fa fare la sua arme e quella del signore che egli s’elegge e la mette nell’academia, con un epitaffio scritto in marmo, ad eterna memoria. Tuttavia si fa fare de’ gran litterati i ritratti e si mettono attorno alla academia; onde fa un bellissimo vedere e mette un grand’animo alle persone di seguitar la virtú, vedendo sí fatti uomini rari correre per i secoli eterni con sí onorata fama.
Fiorentini. Debbe esser un bel luogo e bene dotato, alla spesa che vi si fa.
Peregrini. Abbiamo pittori nell’academia che fanno questi presenti, abbiamo gentiluomini che donano tapezzerie, e scultori che sculpiscano, maestri d’intaglio che fanno gli ornamenti mirabili; e ciascuno mostra quanto sia amatore della fama buona e de’ virtuosi fatti e opere egregie.
Fiorentini. Voi dovete fare scrivere e presentare tutto il mondo.
Peregrini. Ogni virtuoso e ogni signore amatore de’ virtuosi ha nostre lettere e nostre opere.
Fiorentini. Talmente che l’academia giova a Vinegia, alla villa academica e a tutto il mondo? Questo ordine mi diletta e n’ho gran consolazione. Chi maneggia l’intrate?
Peregrini. Quei cinque cittadini; e il presidente, sempre del suo tempo, rivede il tutto, né ha, mentre che egli è presidente, autoritá alcuna sopra l’entrate, ma di farle ben ministrare solamente; e, nel far delle faccende, quei cinque governano e reggono il perno.
Fiorentini. Ancor questo è modo libero e retto governo.
Peregrini. Dove entra gentiluomini, dico de’ veri gentiluomini, viniziani, vi si pon sempre ottimi ordini e liberi, perché la libertá è regina del mondo.
Fiorentini. Una stampa particolar vi manca.
Peregrini. Quella di messer Francesco Marcolini, un de’ nostri secretari, è una, e una ne abbiamo fuori per istampare le nostre conclusioni; i nostri sonetti e i nostri epigrammi che si portano nell’academia, tutto viene lá in congregazione stampato e si pone in una bellissima arca; in un’altra urna ci sono tutte le minute delle lettere che scrive e sono scritte all’academia, e in un’altra tutte le risposte. Per ciascuno che muore, che sia academico, se gli fa fare un’orazione, ponendola in una altra urna, e l’academia, in pietra, scrive il suo epitaffio ad onore della sua fama: e altri mirabili ordini, di poca fatica, di grand’onore; e per farsi onore, non si guarda a spesa, in conto alcuno. Ma tutte le nostre cose vanno fuori del corpo dell’academia piú secretamente che si può: basta, che prima appariscono i fatti che s’odino le parole.
Fiorentini. Viver poss’ella eternamente, ché, almanco, la non fa spampanate di grandezza di fumo né va con il cembolo in colombaia!
Peregrini. Se voi sapeste con quanto amore noi ci veggiamo l’un l’altro e con quanta caritá ci amiamo, stupireste; non credo che sia congregazione piú separata dal vizio dell’odio che la nostra, sia detto con pace de’ buoni.
Fiorentini. Cosa rara certo e che poche volte accade in fra i pari.
Peregrini. Ogni volta che occorrerá a far doge, l’academia gli ha a mandare a fare un’orazione e a presentargli, in nome di tutti gli academici, come suoi obedientissimi servi, tributo: e questa è una di quelle tazze d’argento con la sua arme dentro e di fuori quella dell’academia.
Fiorentini. Quando la vostra congregazione o, per meglio dir, quei sei mancheranno?
Peregrini. Ogni volta, come che uno muore, se n’elegge un altro; e fa quel medesimo dono perpetuo che ha fatto il suo antecessore.
Fiorentini. In spazio di tempo cotesta academia avrá parecchi centinaia di ducati d’entrata.
Peregrini. Chi ne dubita? non vi pare che sia stato un bel trovare senza molto carico della borsa?
Fiorentini. L’è stata un’invenzion dolce da trarre, senza far male ad alcuno. Che si fará di quell’entrata?
Peregrini. Potrebbesi rispondere: chi verrá a quei tempi ci pensi; ma egli s’è ordinato per istrumento reale, confermato dai nostri signori, che, avendo l’academia, come avrá, stabile di buona entrata, la prima cosa, se ne cavi il terzo e di quei dinari si salarii un maestro alla terra, publico, che insegni umanitá a tutti i poveri figliuoli che non hanno il modo a sostentarsi, e libri; l’altro terzo, si maritino tante fanciulle povere sí della terra come di contadini del suo confino...
Fiorentini. Ottimamente dispensáti, e bene.
Peregrini. ... il resto serva a fabricare, alle spese e altre cose necessarie per l’academia.
Fiorentini. Non mi potreste voi dir cosa alcuna particolare d’alcuno academico?
Peregrini. Questo v’importa poco di saperlo; l’opera, per mezzo della fama, ve ne fará chiari con il tempo. Vi dirò bene alcuni particulari d’un nostro academico che poco fa è morto, uno de’ dodici primi, gentiluomo viniziano, chiamato messer Cipriano Moresini, uomo tanto amator della virtú e de’ virtuosi che poco si può dir piú. Egli si ritraeva fuori talvolta all’academia e lasciava le dignitá de’ maneggi per accrescere l’academia e ricusava offizi e benefizi nella cittá, per potere star fuori a suo piacere e godersi quella congregazione virtuosa.
Fiorentini. È egli quello che si vede la sua medaglia in rame stampata del Doni?
Peregrini. Quello era veramente: un uomo ottimo, che tratteneva, presentava, donava, pasceva, vestiva e teneva alla tavola e in casa sua ogni bell’intelletto; e particolarmente alla sua villa aveva per ridotto de’ virtuosi fatto una stanza, chiamata Apolline, e in quella v’erano stromenti, viole, leuti, scacchi, libri d’ogni sorte musica e altri libri latini e vulgari, e del continuo con ogni piacevolezza e carezze tratteneva tutti gli academici, e quanti forestieri vi passavano, di grado, di lettere, di riputazione e d’onore accettava in casa sua.
Fiorentini. Uomo degno d’una sí fatta memoria veramente, d’esser veduto in vólto e letto sopra d’ogni libro d’eternitá! E’ mi pareva ben vedere in quello adornamento non so che di grande uomo, ma non lo potetti intendere che significava tal fregio.
Peregrini. Chi loda, signor miei illustri, un gentiluomo viniziano loda tutta la republica, acciò che voi sappiate; e chi onora la divina lor republica fa riverenza a ciascuno gentiluomo viniziano: dico a intendere la cosa realmente. In capo dell’ornamento è la testa d’un lione, che significa san Marco, il quale ha un festone di chiocciole e di nicchi, come quel leone che spande le sue ali per mare ancóra; da un canto v’è la Pace, sedia veramente di quello stato divino, e ha legato il Litigio, perciò che tutti gli uomini amatori della quiete stanno in quel dominio senza alcun dispiacere; dall’altro canto v’è la Vittoria che abrucia le spoglie della Guerra, e, sotto, l’arme Morisina. Di questo ornamento ne nasce in mezzo questo ritratto di gentiluomo, mostrando che della republica viniziana e della cittá di Vinegia divina n’escano questi uomini rari, nobili, reali, sinceri e virtuosi. Eccovi sodisfatto a dirvi le qualitá d’un academico Peregrino, e qual era il suo animo, amatore della virtú e conservator de’ virtuosi.
Fiorentini. Ancóra non ho io udito dire che si trovi un altro academico sí fatto.
Peregrini. Il tempo ci manca; ché ve ne dipingerei molti e vi farei stupire delle mirabil cose che partorisce quel sito, riposo di tutti i buoni; e ho speranza di far vedere, nell’opere dell’academia, d’un suo nipote e d’un suo figliuolo che egli ha lasciato eredi, di molte nobilissime e virtuose parti che hanno in loro e come ogni giorno, nel fior della gioventú loro, vanno acquistando virtú rare, da onorare la patria loro e la memoria di sí raro intelletto, a onore della republica e della casa Morisina.
Fiorentini. Io non voglio per ora che il fresco ci godi né che noi godiamo piú i Marmi, ma che ci ritragghiamo a casa, e un’altra volta si sodisfará a pieno. Ma, in tanto che andremo, avrei caro di saper se quei forestieri che ragionarono iersera della stampa, son de’ vostri academici.
Peregrini. A poco a poco m’andrete cavando mezzi i secreti di bocca: ma perché desiderate di saper questo?
Fiorentini. Per avere udito una certa favella acattata, in pezzi, certi detti che paion rubati da questo e da quell’autore, una certa pazza legatura, spesso spesso fuor di proposito posti i detti e i parlari, che a pena vi potrei dire che cosa me ne pare: al giudizio di chi non ha questo nostro suono, la pare una bella tirata, e io l’ho per un belletto, per una certa affettazione; tanto è, la non mi piace, cosí stringata a stringhe vecchie.
Peregrini. Cosí rinvolto nella cappa udi’ ancor io tutto il lor discorso e ne restai mezzo sodisfatto, ma non tutto: avrei avuto caro che si fossero posti dietro a certi componitori che fanno un uovo solo con cento mila stiamazzi; poi, come e’ va alla stampa piú d’una volta, e’ te gli fanno un codicillo, onde chi ha compro il libro rimane a piedi, se non l’ha con la coda; e avessin toccato ancóra la gara degli impressori, che fanno rappezzare, e dagli e ridagli, a concorrenza dell’uno e dell’altro: onde i poveri libri ne toccano di male strette. Ma bisognerebbe che chi compra fosse dell’animo mio; so che i rattoppamenti non mi farebbon soggiorno nello scrittoio.
Fiorentini. Per la fede mia, che talvolta è pur bene riveder le cose sue e assettarle.
Peregrini. Per la fede mia e d’altri, che doverebbon sempre pensare ciò che fanno innanzi e poi dar nella borsa de’ poveri uomini, che, tratti dalla novitá d’una bugia, si lasciano trappolare. Ma, chi sa, un’altra volta e’ diranno forse queste e mill’altre cose e mostreranno che questi rappezzatori piú tosto doverebbon fare un’altra opera che rattacconar di nuovo quella ogni tre mesi.
Fiorentini. Noi siamo a casa; egli è bene che ci posiamo e diamo al nostro ragionamento fine.