I Caratteri/I caratteri morali/La malacreanza
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15.
LA MALACREANZA
La malacreanza1 è sgarbatezza2 di parole, e lo screanzato è cotal uomo che interrogato Il tale dov’è? risponde Non mi seccare; e salutato non risaluta; e se vende alcuna cosa non dice ai compratori a che prezzo ei venderebbe, ma chiede che valore abbia la sua merce3. E a quelli che per fargli onore gli mandano regali per le feste dice che se ne potrebbe fare a meno4. E non ha scuse per chi gli abbia involontariamente dato uno spintone, o l’abbia sporcato5 o pestato. E all’amico che l’invita a contribuire a una colletta, egli, dopo aver detto che non darebbe nulla, il giorno dopo viene a portar la sua parte e dice: Anche questo danaro è perduto. E se inciampa per la via, impreca contro il sasso; e non tollererebbe d’aspettare a lungo nessuno6. E non vorrebbe né cantare né recitare né danzare7. Ed è anche capace di non pregare gli dèi8.
ἀπήνεια in latino è crudelitas, asperitas. Ma «asperità» in italiano, seppure è possibile adoperare tal vocabolo per traslato, è troppo grave. E poiché alla lettera trattasi di «asperità di consuetudine di vita nelle parole», traduco senz’altro «sgarbatezza di parole».
Non è facile tradurre τί εὑρίσκει; ma per un passo di Aristotele, nel quale leggesi, come del resto già in Erodoto e Senofonte, di cosa che fu venduta a ottimo prezzo, καλλίστη πρὸς χρυσίον εὑρίσκει τιμή praestantissima contra aurum venit, non mi pare possibile altra traduzione che quid preti mereat (haec res)?
Letteralmente «potrebbero essere non dati». Ogni altra interpretazione non avrebbe senso.
Non espungo l’οὔτε τῶι ὤσαντι dei codici, ma lo correggo con altri filologi in οὔτε τῶι ῥυπώσαντι.
Non credo sia da espungere ὑπομεῖναι o l’ἀναμεῖναι. Stabilito che il primo significa più frequentemente «aver pazienza» e il secondo significa «aspettare», non capisco perché giocando sui due sinonimi Teofrasto non possa aver detto quel che noi traduciamo nel testo. Anche qui i filologi per troppo vedere hanno veduto poco: e dunque conservo la lezione, tanto piú che allora, in antico, non essendoci orologi da tasca, gli appuntamenti esigevano pazienza, e la pazienza anche lunga era segno di buona creanza.
Che erano consuetudini della buona società, e un uomo di spirito e bene educato avrebbe, allora, dovuto osservarle per rimaner ligio alle cosiddette convenienze.
Teofrasto ha scritto che non si saprebbe essere uomini virtuosi senz’essere anche uomini pii; e che la religiosità non consiste in celebrar numerosi sacrifizi, il che sarebbe segno di fastosa opulenza, ma nell’omaggio che un’anima pura e onesta rende agli dèi.
Note
- ↑ Traduco αὐθάδεια «malacreanza», e mi sembra che questo vocabolo si adatti al carattere descritto da Teofrasto assai meglio che «insolenza», o «impertinenza», o «inconvenienza». Lo screanzato di Teofrasto ha abito più vizioso e difettoso del maleducato di Aristone che noi abbiamo tradotto a pagina 52, e opera sgraziatamente e quasi villanamente; con petulanza di maniere e di maniere e di parole, con insofferenza ed arroganza e presunzione. I sinonimi italiani corrispondenti al concetto più generico e comprensivo dell’αὐθάδεια greca sono molti; ma è chiaro che noi dobbiamo tradurre col vocabolo più conveniente alla descrizione del carattere. Più innanzi, traduco αὐθάδης con «screanzato», poiché l’italiano «malcreato» significa tutt’altra cosa ed è assai più forte.
- ↑ [p. 114 modifica]ἀπήνεια in latino è crudelitas, asperitas. Ma «asperità» in italiano, seppure è possibile adoperare tal vocabolo per traslato, è troppo grave. E poiché alla lettera trattasi di «asperità di consuetudine di vita nelle parole», traduco senz’altro «sgarbatezza di parole».
- ↑ [p. 114 modifica]Non è facile tradurre τί εὑρίσκει; ma per un passo di Aristotele, nel quale leggesi, come del resto già in Erodoto e Senofonte, di cosa che fu venduta a ottimo prezzo, καλλίστη πρὸς χρυσίον εὑρίσκει τιμή praestantissima contra aurum venit, non mi pare possibile altra traduzione che quid preti mereat (haec res)?
- ↑ [p. 114 modifica]Letteralmente «potrebbero essere non dati». Ogni altra interpretazione non avrebbe senso.
- ↑ [p. 114 modifica]Non espungo l’οὔτε τῶι ὤσαντι dei codici, ma lo correggo con altri filologi in οὔτε τῶι ῥυπώσαντι.
- ↑ [p. 114 modifica]Non credo sia da espungere ὑπομεῖναι o l’ἀναμεῖναι. Stabilito che il primo significa più frequentemente «aver pazienza» e il secondo significa «aspettare», non capisco perché giocando sui due sinonimi Teofrasto non possa aver detto quel che noi traduciamo nel testo. Anche qui i filologi per troppo vedere hanno veduto poco: e dunque conservo la lezione, tanto piú che allora, in antico, non essendoci orologi da tasca, gli appuntamenti esigevano pazienza, e la pazienza anche lunga era segno di buona creanza.
- ↑ [p. 114 modifica]Che erano consuetudini della buona società, e un uomo di spirito e bene educato avrebbe, allora, dovuto osservarle per rimaner ligio alle cosiddette convenienze.
- ↑ [p. 114 modifica]Teofrasto ha scritto che non si saprebbe essere uomini virtuosi senz’essere anche uomini pii; e che la religiosità non consiste in celebrar numerosi sacrifizi, il che sarebbe segno di fastosa opulenza, ma nell’omaggio che un’anima pura e onesta rende agli dèi.