I Caratteri/I caratteri morali/L'avarizia
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30.
L’AVARIZIA
L’avarizia è eccesso di guadagno turpe, e l’avaro è cotal uomo che quando offre un banchetto non imbandisce pani bastevoli; e chiede in prestito all’ospite che si ferma da lui; e distribuendo le porzioni dichiara esser giusto che se ne dia una doppia al distributore e súbito se l’assegna. E se vende vino vende vino annacquato anche all’amico: e allora va allo spettacolo e vi conduce i figliuoli quando gl’impresari permettono l’ingresso gratuito. Se poi parte per pubblico incarico, lascia a casa il viatico avuto dalla città e si fa imprestar danaro dai suoi colleghi di missione; e al servo che l’accompagna impone bagaglio più grave di quel che non possa portare ma gli fornisce vettovaglie più scarse di tutti gli altri; e dei donativi ospitali1 richiede la propria parte e la vende. E quando nel bagno si unge, gridando O ragazzo, mi hai comprato l’olio rancido, si unge con l’olio di un altro; e delle monete di bronzo che i suoi servi trovano per la strada è capace di pretender la sua parte dicendo che Ermete è comune2. Ed è capace di dare a smacchiare la sua veste, e, fattasene prestare una da un conoscente, di tirare in lungo più giorni finché non gli è richiesta3.
E altre cose del genere. Con un misurino stretto il quale ha il fondo rificcato in dentro4 misura egli stesso la razione ai domestici rasandola per bene. E cerca di comprare alcunché sotto prezzo da un amico il quale crede di venderglielo per fargli un piacere5, e ottenutolo poi lo rivende. E nel pagare un debito di trenta mine dà in meno quattro dracme. E se i suoi figliuoli non vanno a scuola per una malattia, diminuisce l’onorario in proporzione, ma in tutto il mese Antesterione6 per esserci troppi spettacoli egli non li manda affatto a lezione per non pagar la mesata. E quando riceve il tributo dal servo pretende anche l’aggio per il cambio della moneta, e anche quando riceve i conti dal suo amministratore. E quando convita quelli del suo rione chiede per i propri figli una porzione dal piatto comune, e conta anche i mezzi ravanelli rimasti in tavola affinché non se li prendano i tavoleggianti. E se viaggia con conoscenti si fa servire dai loro servitori, ma il suo lo dà fuori a nolo e non pone sul conto comune la mercede. E in verità se in casa sua si riuniscono a convito gli amici, egli sottrae una parte della legna, delle lenticchie, dell’aceto, del sale, dell’olio per la lucerna che gli sono stati affidati. E quando un suo amico si marita o dà marito alla figliuola, egli va via un po’ prima per non mandare il regalo. E si fa prestare dai conoscenti quelle certe cose che non si saprebbe facilmente richiedere se uno non le restituisce.
I donativi qui sono i viveri e le provvigioni in natura che le città fornivano agli ambasciatori.
Ermete proteggeva anche coloro che per caso trovassero qualche cosa che altri aveva smarrita.
Anche questo particolare si riferisce ad esperienze vissute da Teofrasto, quando, giovinetto, frequentava la bottega di suo padre che era tintore.
Nota che φειδωνείωι, da noi tradotto «con un misurino stretto» (cfr. φείδων, «l’avaro», titolo di una commedia di Aristofane), in realtà è la misura antica istituita dal re d’Argo Pheidone e chiamata anche eginetica, e poi sostituita dalla soloniana. Aristotele ci dice che le misure soloniane erano piú generose; e dunque il nostro avaro adopera le vecchie misure.
Traduco πρὸς τρόπου nell’unica maniera possibile dato il contesto.
Leggo col Wilamowitz τὸν Ἀνθηστεριῶνα μῆνα ὅλον. L’Antesterione cadeva in febbraio-marzo tra la seconda e prima quindicina dei due mesi, e vi ricorrevano feste famose e pubbliche fiere.
Note
- ↑ [p. 141 modifica]I donativi qui sono i viveri e le provvigioni in natura che le città fornivano agli ambasciatori.
- ↑ [p. 141 modifica]Ermete proteggeva anche coloro che per caso trovassero qualche cosa che altri aveva smarrita.
- ↑ [p. 141 modifica]Anche questo particolare si riferisce ad esperienze vissute da Teofrasto, quando, giovinetto, frequentava la bottega di suo padre che era tintore.
- ↑ [p. 142 modifica]Traduco πρὸς τρόπου nell’unica maniera possibile dato il contesto.
- ↑ [p. 142 modifica]Traduco πρὸς τρόπου nell’unica maniera possibile dato il contesto.
- ↑ [p. 142 modifica]Leggo col Wilamowitz τὸν Ἀνθηστεριῶνα μῆνα ὅλον. L’Antesterione cadeva in febbraio-marzo tra la seconda e prima quindicina dei due mesi, e vi ricorrevano feste famose e pubbliche fiere.