I Calabroni (Aristofane-Romagnoli)/Seconda parabasi

Seconda parabasi

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Aristofane - I Calabroni
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1924)
Seconda parabasi
Parte seconda Parte terza
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SECONDA PARABASI

coro

Strofe
Tante volte me sembrato d’esser fino, e mai salame!
Ma il figliuol di Siilo, Aminia Tuttozazzera, m’avanza!
Ché una volta con Leògora desinar lo vidi: or pranza
con un pomo ed un granato,
non meno d’Antifonte patisce ora la fame.
In Tessaglia una volta andò legato;
e 1( stava in compagnia
col fior fior dei poveracci;
ché di certo, quanto a stracci — non la cede a chicchessia!

corifeo

Epirrema
Quanto dobbiamo, Autòmene, felice ritenerti,
ch’ài generati figli nell’arte così sperti!
Primo il gran citaredo, l’uom savio che guadagna
l’amor di tutti quanti, che la Grazia ha compagna.

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Dir quanto è bravo l’altro, l’attore, è cosa dura.
Ma d’ogni altro Arifràde più saggio è per natura.
Da sé, per sottigliezza spontanea di cervello,
senza maestro, apprese, com’entra in un bordello,
a manovrar di lingua: suo padre così giura!
Antepirrema
C’è più d’uno che afferma ch’ io venni a transazione
quando a scombussolarmi, a tritarmi, Cleone
piombò con sue male arti. Or, mentre ei mi scuoiava,
la gente, nel sentirmi strillare, sghignazzava:
di me non gli premeva; badava sol se, pesto
così, lanciassi qualche burla. Veduto questo,
un paio di scimiate gli ebbi presto ammannite:
or poi, di nuovo il palo ha gabbata la vite!