Gynevera de le clare donne/20. De Genevera consorte del conto Brunoro da Gambara

20. De Genevera consorte del conto Brunoro da Gambara

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20. De Genevera consorte del conto Brunoro da Gambara
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Ginevera, consorte del circumspecto et felice conte Brunoro da Gambara, fu figliuola de Leonardo da Nugarola veronese, splendidissimo conte, et de Bianca Bonromea, donna de grandissima claritate. A li quali genitori questa figlia Genevera per sue virtute fulse molto lume, et a lei gratiosa et etterna fama. Fu dona bella, savia, prudente et benigna, religiosa, devota, grata et liberale; et sopra l’altre excellentie de virtute fu molto affabile in recogliere altrui: che mai in quilli tempi fu cognosciuta donna in simili acti et maniere tanto benigna, et in rendere honore a quilli, i quali la honoravano; che ella lo facea cum tanta maiestà de reverentia et lieta fronte, che era una sanctità a vedere. Non facea come fano alcune indiscrette donne, o per viltà de costumi, per essere [p. 168 modifica]male nutrite, che quando altri le saluta et fazali honore et reverentia, pare li sia de uno sterco dato per incenso sotto il naso; overo sono tante altiere de la loro gloria vana, che non degnano altrui. Fu costei erudita sotto la disciplina de molti famosi et eloquentissimi homini, di che lei divenne sì disciplinata, che fu de gravissima et singular facundia, come ostendeno le sue luculente epistole et oratione. Il parlar suo fu sempre modesto et magnifico; li gesti suoi furono assignati, et il stare et l’andare fu cum assai prestantia et splendore; li habiti suoi furono pudichi et cum idonea pompa et senza lasivia: che se Claudia Quinta romana fusse stata come costei temperata ne li suoi legiadri portamenti et politeze, nè tanto curiosa del splendore de sua vagheza, non se ne sarebbe de lei mormorato essere men che pudica et casta. Quantuncha che nel tempo de la secunda guerra Affricana, essendo consoli Marco [p. 169 modifica]Cornelio et Publio Sempronio, dimostrasse lei essere sempre stata pudica, tirando la matre de li dei ne la nave sola cum uno cingulo dove volse, che la forza de la moltitudine degli homini mai posette fare. Di che la opinione et mormoramento habiuto de ella men che servata pudicitia se revolse in grandissima laude.

Fu questa Gynevera, come pudica et casta, de la matrimoniale fede observatrice. Infra lei ed il signor suo consorte fu sancta dilectione; et specialmente ella tanto lui castamente l’amòe, per le honestissime et fervente fiamme del coniugale amore, che ogni male de lei, quantuncha grande, haverebbe cum patientia portato, excepto quando lo vedea nel caro mariti, che quasi de affanno non moria; perchè, affirmando cum parole, dicea che più avea caro la valitudine del marito che la propria. Per la qual cosa se iudicava, se ella veduta havesse la fine del marito non havrebbe doppo [p. 170 modifica]lui voluta vivere; pensando non havere mai habiuto contento, se haverebbe data la morte, et non cum manco animo che facesse Portia, figlia de Marco Cato, quando sentì per vendetta di Cesare moriente essere morto Decio Bruto suo marito. Lei ancora non fu manco tenera de l’honore et fama del marito, che fusse de quello se potesse cum rasone iudicare Emilia Terza, illustre sposa del primo Affricano, che tanto lei refulse de lucido splendore, per conservare la honorata fama de la memoria del strenuo marito. Conservò ne la magnifica famiglia de la casa del prefato marito uno amore, una pace et una tranquilitate, che fin al cielo ne iubilava, come per heredità beata fin ad nostri tempi, ad triumpho del Gambaro nome, se vede, ode, sente et gusta. Fu ella ancora ne li suoi subditi molto humana; pigliava piacere gratificare quilli et concordare le loro differentie, quando nascevano. Visitava per carità [p. 171 modifica]li infermi, et quali cum parole, et quali cum doni confortava cum bello, mansuetto et gratioso aspecto et de grate et ornate parole: et dove rechedea la rasone et il bisogno, era familiare, dolce, humana et pia, et sì benigna a li suoi, che dire se potea loro compagna, sorella, et non madonna; spesse volte accadendo, disse che li savii homini et donne doveano fugire la ambitione presso el vulgo, ma forzare se doveano piacere et essere grati a quilli che meritamente erano laudati.

Oh che più singular virtù se potrebbe trovare in una illustre, alta et prudentissima donna? Sarebbe ancora lungo volere ogni cosa de l’ingegno et integrità de la mente de costei explicare. Fu ancora, in ogni tempo et fortuna, officiosa in li amici; non sdegnò mai, anzi cum grande amore et humilità auscultava li poveri. Fu grata et memoranda di recevuti servitii, et constante cum iustitia nel [p. 172 modifica]suo sancto proposito, per modo che invano s’afaticava chi cercava removerla da quello.Fu fecunda di bellissimi et illustri figliuoli, per li quali a sè istessa ha dato, per loro virtute glorie et magnificentie, uno ornamento et uno fulgore de benigna fama, che non solamente la regione Bresana, ma tutta Italia se ne gloria et exulta de tanti figliuoli.

Questa felicissima donna, florente de immortal gloria, finitte li suoi giorni in giovenile etate. Di che fu cum grandissimo merore da picoli et grandi honorata de molte lachyme et sepulta cum pomposo exequio, come donna de molto splendore et de non manco gloria, che fusse la vergene sua sorella, che nel succedente dire narreremo, al magior ornamento del nostro odorifero Gynevero, che cum tanta dolceza et liberalità spande li suoi rami charichi de’ desiderati fructi, quali de odore augumentano per la pudica et sancta fama de la illustre memoria [p. 173 modifica]de Gynevera da Gambara, che fidelmente mentuamo infra le donne clare. E tu dunque, da Gambara felicissima prole, del nome de tanta donna de meritata laude ringratiando il cielo, gaudi, triumpha, iubila, canta et fa festa, come facio io cum lo mio calamo fidele.