Guida turistica di Dostrento/Il nome

Il nome

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Cos'è dunque il Dostrento? Sua natura Regno animale e vegetale

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Il nome.

L’ultima interpretazione pervenutaci del nome „Trento“ (dovuta a ricerche d’un valente studioso concittadino) si riferirebbe proprio ad una certa radice comune a molte lingue indoeuropee, anche galliche, gaeliche, indicante „separazione“ e comparente per esempio in certi altri toponimi simili al toponimo „Trento“ esistenti nelle Isole britanniche. Così si risalirebbe all’epoca dell’occupazione gallica successa qui a [p. 21 modifica]quella degli Etruschi, e il nome gallico o sarebbe stato creato ex-novo o, meglio forse, tradotto da uno precesso di eguale significato. I Romani poi non avrebbero che latinizzato con paludamento assonante il nome, risultandone „Tridentum“, coi supposti tre denti, del „tridente“ di Nettuno, che ha anche dato lo spunto per la bella fontana settecentesca di piazza Vittorio Emanuele III, già del Duomo, o dei tre famosi dossi, colli o „denti“ (primo naturalmente Dostrento, poi i due Dosso di S. Rocco e Dosso di S. Agata di qui ben visibili).

Così Trento potrebbe voler dire semplicemente: „separato“, „staccato“ inteso il Dosso. Monte in isola, l’aveva detto anche il Mariani nel Seicento.

Ingegnosa e profonda ci pare pure altra spiegazione del toponimo recentemente emersa da uno studioso (vedi su ciò pagine 121-124 e 238 della nostra pubblicazione maggiore sul Dostrento). Il significato etimologico dei nomi di Trento e Trentino sarebbe quello di „Paese dell’Adige“, latinamente „Atharentum“ e „Atharentinum“, nei documenti dei secoli VII-XII: „Terentum“, „Tharentum“ e „Tarentinum“...

Comunque è da credere che in qualche modo il nome anche di Trento oltre che le sue origini siano in rapporto col Dosso, che i Romani già devono aver principiato a chiamare pure col nome di Verrùca (= „porro“, „bitorzoletto“), così espressivo della sua forma, nome che però compare per la prima volta in Cassiodoro sulla bocca di re Teodorico e più tardi in Paolo Diacono nella corruzione barbarica: „Ferruge“.

Quanto alla grafia della parola „Dostrento“ mette pur conto di dire qualchecosa; e si può ammettere che la grafia in corso possa essere un po’ in arretrato per il fatto precipuo che il Dosso, sottratto per sì lungo tempo alla vita pubblica, era poi alla fine quasi sparito sotto la soglia della coscienza cittadina!

Non per nulla è stato osservato e scritto dal Menestrina nel 1905: „la città, divenuta fortezza come un dì Verona e Peschiera, sacrifica la torre d’Augusto e le dorate sale del Castello, ove giovani strappati a lontani paesi hanno voci e canti ben diversi dalle squisite eleganze d’una volta“, il nostro dosso „ormai a nessuno di noi accessibile, ci incombe misterioso, perennemente custodito da sentinelle tedesche o boeme“ e „rimane una sfinge“, sicchè ad esso „nessuno più pensa“ e „le generazioni si seguirono“, ai piedi del colle arcano, e tutte lasciarono detto: Lassù non si passa“.

Così è comparsa radicandosi la grafia Doss Trento (abbreviazione di Dosso Trento) coll’idea anche d’indicare col raddoppiamento che la s è forte. Dopo una vivace campagna di Ernesto Lorenzi di alcuni anni or sono si è preso a scrivere Dos Trento, pur suscitando e lasciando diverse contrarietà. Si trova pure scritto qualche volta così: Dos-Trento, anche prima della campagna. Certo che quel dos fa credere ad un errore tipografico o, per chi non è di casa, ad una dote per nubende, e si pensa di primo acchito a tutto, meno che a un dosso.

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Erratissime le dizioni Doss di Trento, Dosso di Trento, Dos di Trento. La prima è del giornalista veneto Adalulfo Falconetti (anno 1867), che ha scritto il romanzo in tre volumi: „Il Doss di Trento“, l’ultima è del frate tirolese padre Albert Jäger (anno 1844). E ciò per la capitale ragione che il Dosso non è di Trento, ma il Dosso stesso è Trento, dosso-città, che si estese poi sull’altra sponda, — come dice la parola originale Dostrento (questa è infatti anche la pronuncia vera locale, decisiva: Dostrènt).

Perciò a dir giusto, ed anche a togliere ogni discrepanza nella discussione accademica di quelli che vorrebbero le due s per indicare il suono e quelli che ne vorrebbero una sola per ragioni ortografiche, appare scrivere unito: Dostrento. Scritto unito, non c’è più nessun dubbio che quelle tre consonanti in fila non ci stanno. Nella lingua italiana però si può tollerare per nomi di luogo il sussistere di anomalie come Rho, Thiene, Santhià, forse così anche Doss Trento (due s, in fine).

Non si tratta già di un’idea recente — quella di scrivere unito: Dostrento — , nè di un colpo di testa: anche nel forbitissimo Settecento vannettiano, quando qui si scriveva ben meglio che non durante l’involutismo linguistico, se non nazionale, dell’epoca austriaca, si scriveva: Dostrento. Vedere per esempio il Bonelli (anno 1765) nei „Monumenta“, volume III, parte II, pagina 12.

Guardate. Perciò stesso anche la grafia Pie’ di Castello e meno esatta Piè di Castello è andata in disuso abbastanza presto, anzi da qualche anno è già morta, per la moderna superstite Piedicastello; e ciò trattandosi di luogo più vivo, non sparito per tanto tempo come il Dostrento dalla vita e dalla coscienza pubblica.

Se non ci fosse già la vecchia e anche moderna, giusta grafia Dostrento, che c’è e si stampa da tanto tempo, si dovrebbe introdurre adesso per armonizzare coll’uso corrente italiano di unire a due a due certe parole formanti toponimi analoghi; ovunque in Italia: Montecristo, Monviso, Monferrato, Monsalvato, Montefiascone, Montelupo, Monselice, Montenegro, (italiano di „Cerna Gora“), Montalbano, Montenero, Montichiari, Montemerlo, Montenuovo, Montegrotto, Dossobuono, Acquapendente, Lungarno, Lungadige, Sanremo, Sampierdarena, Sanseverino, Carloforte, Casalbuttano, Bagnacavallo, Mirafiori, Courmayeur, Castelvetro, Capodistria, Rocciamelone, Battipaglia, Grottaferrata, Francofonte, Campoformio, Valtellina, Valdichiana, Valdarno, Castellamare, Crevalcore, Montecatini, Monsummano, Chiusaforte, Roccatagliata... Anche il nostro umile dialetto stesso trentino e quello nostro ladino (italianissimi pur essi, quant’altri mai, ed anche spesso sonanti e saporosissimi con reminiscenze di alta latinità) conoscono tali contrazioni corrispondenti anche all’effettivo modo di pronunciare, come Campolongo, Canfedìn, („campo delle pecore“, „fede“), Campomaggiore, Campofranco, Camtrentìn („campo trentino“), Livinallongo, Monclassico, Monreale, Montecroce, Montevaccino, Montepiana, Monmezzana, Valmorbia, Vallarsa, Vallasenella, Valsugana, Vallorsara, Ruffrè, Samoclevo (summus clivus), Predagolara („pietra aquilaria“), Pralongo, Pramaggiore, Villabassa, Castelbello, Riccomassimo, Transacqua, Pietrafessa, Pietralba, Selvapiana, Pedemonte, Dosnegro, Dosgrùm, Dosdiaser („dosso degli aceri“), Colbricon, Colfosco, Bellamonte, Pedemonte, Sottocastello, Trambilleno (intra ambos Lenos), Terlago, Sopramonte..; e il buon veneto vicinale: Campomolón, Camposampiero, Trebaséleghe.., e avanti per un bel po’.

Del resto scriva ognuno come vuole! Difatti lo fanno, in tutti i modi. Ci siamo soffermati sull’argomento, più che per il merito, per le causali che sono interessanti e piene di pensiero e di memorie. Presumere di far piacere a tutta la gente, non è possibile, anche se chi parla o scrive fosse l’arca di tutte le verità... Ma un parere è sempre utile, ed anche doveroso, se ci sono idee da esporre. Nè ritorneremo sull’argomento.