XII — Chiese e Castelli

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Chiese e Castelli

Poco al di sotto di Castiglione, a nord-ovest, si vede la Chiesa Vecchia, l’antica parrocchia del paese, la cui costruzione è antichissima.

É stata restaurata varie volte; quasi ricostruita del tutto nel 1650 (forse per animo riconoscente, non essendo stati i Castiglionesi tocchi dalla terribile epidemia del 30), ed in ultimo dal 1868 al 73 ammodernata con pessimo gusto dall’arciprete D. Giuseppe Fignagnani1.

Vi erano dei buoni affreschi nella volta sopra l’altar maggiore: furon coperti con fiorami da dozzina... i bei lavori, capitelli, colonne furon coperti di tinte chiassose. I quadri dipinti su tavola, che se non altro avevano il pregio dell’antichità, erano già stati deturpati da un pseudo pittore, un prete, qualche secolo indietro. Fu un Giannotti Lorenzo, qui del paese, [p. 61 modifica]che commise tale scelleratezza artistica,.. Dio l’abbia avuto per iscusato, per le buone intenzioni!

Sebbene tante volte e con poco buon gusto, siasi inteso di restaurare questo tempio, tuttavia è batiscente: abbisogna dell’opera industre dell’uomo, che provveda alla sua stabilità e corregga le male opere compiute.

Intorno al tempio havvi l’antico sacrato, ove per secoli si seppellirono i defunti, e prossimo è l’attuale cimitero che in parte occupa l’antico sacrato, ma ha subito delle modificazioni di ampliamento ed è assai decoroso, non indegno della santa religione dei sepolcri.

Anche oggi la Chiesa Vecchia è mèta a devoti pellegrinaggi, a concorso di numerosi credenti, perchè vi si venera una sacra icone, altorilievo in legno, raffigurante la Donna consolatrice dei fedeli, col pargolo in braccio.

Fu nomata, questa icone, anche «Madonna del Lago» perchè lì presso era un laghetto, cosa facile a comprendersi per la depressione del terreno, che si nota in quel punto. Si disse, nei tempi remoti, anche, Madonna della Rondine, perchè il Divin Fanciullino, avea una rondine sulla mano.

L’altorilievo in legno di noce è antichissimo, rudimentale: al giudizio degli intelligenti è anteriore al risorgimento dell’arte, o opera rusticana2. [p. 62 modifica]

Degnissimo di esser notato è il tempio parrocchiale (il parroco ha nella gerarchia ecclesiastica il grado di arciprete) vasto ed assai bello. Fu già fino dal 1576 oratorio della Confraternita costruito su terreno offerto dalla generosità di Marcinone d’Anneo Comazzi, e divenne chiesa parrocchiale nel 1594 perchè vantaggioso alla popolazione, nei suoi pressi aumentata moltissimo. Ebbe poi nel decorso degli anni varie modificazioni, a seconda che l’ampiezza si mostrava più scarsa al bisogno.

Il celebre Card. Prospero Lambertini, poi Benedetto XIV3 fu più volte a Castiglione, e in questo tempio amministrò la Cresima e l’Ordinazione il 3 Agosto 1731.

In questi ultimi tempi la Chiesa è stata ricostruita, può dirsi, dai fondamenti, perchè ridottasi insufficiente per la cresciuta popolazione; il lavoro cominciato nel 1881 la vigilia di S. Giuseppe fu compiuto nel 900. La Chiesa, a tre navate, è lunga m. 40 larga 20. L’altar maggiore è in bei marmi, (appartenenti già alla Chiesa di S. Cristina in Fondaccia, a Bologna, d’un Convento soppresso) dedicato a S. Lorenzo, il cui quadro è nel coro, facente fronte all’altar maggiore. È di buona mano, la figura del Santo e due angeli che reggono la graticola, del Francia, la Vergine col [p. 63 modifica]Bambino, ed una gloria di spiriti celestiali, della scuola di lui. S. Lorenzo è il patrono della Chiesa e della parrocchia; era anche patrono del feudo, e nel nome del Martire, dopo quelli di Dio e della SS. Vergine, i fieri baroni intitolavano gli atti di loro giurisdizione.

Anche gli altari delle cappelle, che son cinque, sono di ricchi marmi, e si devono alla pietà generosa del fu Cav. Leopoldo Ruggeri, delle sorelle Ildegarde e Sofia Mattei, dei fratelli Francesco, C. Ulisse Cassarini, del Dott. Luigi Ruggeri e Maria Mattei, di Domenico Ruggeri e sorelle, nonchè al concorso del Parroco Domenico Macchiavelli e del popolo.

La Chiesa avanti il restauro, aveva belli affreschi e nella volta e sopra il coro, rappresentanti gli episodi della vita del Martire. Il lavoro in pietra delle colonne e dei capitelli somigliavano quelli di Boccadirio: gli ultimi restauri della Chiesa rimontavano all’epoca in cui fu costruito nell’ultima forma il santuario. Il presbiterio era coperto di una volta sorretta da colonne d’arenaria tutte d’un pezzo. Con quel gusto, che facilmente si può comprendere, nell’iniziare la ricostruzione, tutto venne guastato.4

Qui prossimo a sinistra della Chiesa, scaturisce una fontana ridotta a cinque getti, d’acqua limpidissima, gelida più che fresca, essendo la sua temperatura di 8 e 7 centigradi.

Per comodo degli assetati viandanti, il paterno [p. 64 modifica]Municipio, memore delle opere di misericordia corporali, teneva pronto un tradizionale recipiente metallico, vulgo romaiolo, appeso ad una catenella. Ora per misura igienica fu tolto.

Queste fontane son così impetuose, e ghiaccie abbondanti che si hanno meritato il nome di «Doccie».

Parlammo dell’Oratorio dei Girotti, ad ovest del paese, dove si venera un antica immagine che si crede provenire dall’antichissimo Castiglione, onde si appella Madonna del Castellazzo; accenniamo ancora quello sotto la Chiesa Vecchia dedicato alla Vergine di S. Luca, in luogo detto Linari, nelle terre dei Cassarini. Vi sono anche altri oratorï, ma non meritano per il lato del l’arte e della storia che se ne faccia menzione speciale.

Sul lato destro del Brasimone, a valle, oltre poco a Làgora, il fianco del contrafforte era ombreggiato da una densa, annosa foresta di querci delle quali, ancora rimangono le vestigia.

Qui rimangono i ruderi d’un vasto fabbricato, cui ora muovono il vomero dell’aratro, la zappa dell’agricoltore. Ivi, come narrano la tradizione e gli antichi cronisti, fu un’antica Abbazzia, l’Abbazzia di Pampana. Ivi pure, come in tanti altri luoghi, ebbero lor sede i monaci benedettini, essi pure costretti ad esulare dalla ferocia dei tempi. — È voce comune che, edificandosi, nel secolo XVI la Chiesa attuale di Traserra, e colonne e capitelli e pietra battuta vi fossero portati da qui.

Così pure sulla riva sinistra del Sétta, in quel di Sparvo, territorio pure di Castiglione ebbe un giorno [p. - modifica]Chiesa Arcipretale [p. - modifica]Le doccie [p. 65 modifica]vita fiorente l’Abbadia Vallombrosana, d’Opleta, o di Oppieda, perchè vicina all’Oppidulum (piccolo castello), la Civitella d’oggi, ròcca di cui si veggono tuttora i ruderi, e di cui già parlammo.

Non mancavano poi negli irti fortilizi, gli oratorï, ove il feudatario ed i suoi si adunavano ad assistere alle funzioni religiose, ad implorare l’aiuto di Dio per le imprese che loro veniano imposte, da chi poteva sopra di loro, e che pur troppo, molte volte doveano provocarne la collera! Strani tempi in cui tutto andava all’estremo; il vizio, e la virtù; ma che però in mezzo a orribili fatti, ci porgono nobilissimi esempi!

Come eran frequenti le chiese, le abbazzie, cosi eran le fortificazioni, le torri, le ròcche, alberghi sicuri per difendersi, per prepararsi ad offendere. Le ricordiamo brevemente.

La ròcca dell’antico Castiglione, il Castellazzo, di cui si veggono tuttora i ruderi, torreggiava nel fianco nord del Gatta, di sotto al Fiabolin, non lontano dal Battifolle, ove furon piantate le macchine da guerra per espugnarlo nel 1317 quando Guidicello ed i suoi ne avean fatto un nido di ribalderie brigantesche.

La torre attuale di Castiglione esisteva allora? Molte osservazioni conducono a farci credere, che quello fosse come un forte staccato, a vedetta e difesa del castello principale.

Così, al di sopra dell’attuale chiesa parrocchiale, al punto detto «Le Crocicchie» sull’antica via mulattiera, che conduce a Rasoro e poi in Toscana sorgeva un fortilizio. Pochi sassi lo ricordano adesso. [p. 66 modifica]

In prospettiva del paese su un bel colle isolato si elevava imponente e leggiadro, a guardia della vallata, il forte di S. Giusto: è una delle più belle posizioni sul Brasimone. La vendetta dei Bolognesi, equa vendetta, lo dirupò nel 1317.

Civitella, l’Oppidulum, che dette il nome alla vetusta Badia sul Sètta, presenta anche adesso i suoi ruderi, e mostra di non essere stata l’ultima, per la solidità della costruzione, delle munizioni di guerra di quest’Appennino.

La ròcca di Bruscolo, già ceduta, per riconoscenza, a Taddeo Pepoli dalla Repubblica fiorentina, torreggiava sulla destra del Sètta; e Sparvo sulla sinistra di questo, e il Castello di Baragazza, o Piazza Padella, sullo sprone accentuato, del contrafforte, che divide il Sètta stesso dal Gambellato.

Le roccie del Cigno aveano la loro torre; l’avèa Creda: si può dire che questi nostri paesi fossero sempre in procinto di combattere, in periglio di guerra.

Quante ricchezze inutilmente disperse e che avrebbero potuto con vantaggio adoperarsi a dissodar le terre, a raffoltir le foreste, a preparare gli ampi pascoli, a favorir l’agricoltura; o fornire almeno le armi, gli armati, il nerbo della difesa contro gli stranieri, cui ormai la penisola era divenuta campo aperto per ogni cupidigia!

Questi vecchi ruderi dei tempi feudali non rappresentano la forza del diritto, ma il diritto della forza: sono le colonne miliarie colle quali si affermò la prepotenza degli invasori, che anche, per isventura, [p. 67 modifica]troppo pochi di numero, non poterono formarsi uno stato così potente, da impedire le invasioni degli altri5. Italia avea troppi delitti da scontare!

Ad ogni modo, lo studio delle rovine feudali non è senza utilità: servirà, e tristi pur troppo ancora corrono i tempi, ad ammonirci che dalla concordia sola dobbiamo sperare la prosperità, la salvezza e, quel che più importa, l’onore.

Dopo aver parlato delle chiese e dei castelli, non voglio passar sotto silenzio una famiglia di modesti e valenti operai, i Fogacci, che colle opere del loro scalpello, oltre che la residenza feudale arricchirono, ed in modo ben diversamente più grande, le chiese, nel feudo e fuori di questo.

Scolpivano in pietra ed in marmo, erano ornatisti geniali. A loro si debbono, tra gli altri, i lavori che abbellano la Chiesavecchia, il Santuario di Boccadirio, la chiesa di Treppio. Essi avean finamente adornato l’Oratorio di S. Fabiano fatto costruire da un conte Fabio Pepoli, sullo scorcio del secolo XVIII. (Oratorio non mai aperto al pubblico ed ora diruto), ed anche più finamente arricchito di snelle colonne, di capitelli vaghissimi, di fregi squisiti la chiesa parrocchiale, ora ricostruita. Mani vandaliche hanno e nell’oratorio e nella chiesa, che poteva ampliarsi e [p. 68 modifica]restaurarsi, senza far danni, distrutto i frutti delle fatiche e dell’ingegno de’ valenti operai.

Ai modesti, bravi lavoratori, che illustrarono volenterosi il nome del paese ed il proprio, dal 500 al finire del sec. XVIII vola memore riverente il saluto de’ tardi nepoti.

Note

  1. Annessa alla Chiesa sul lato di mezzodì, ove è adesso la porta maggiore, trovavasi una piccola Canonica. Ivi nei tempi antichi, prima che fosse ridotto all’ultima forma il Castello, si riducevano gli Homini di Castiglione, per eleggere il Massaro, una specie di Gonfaloniere, o di Sindaco.
  2. Fignagnani. La sacra imagine fu coronata la terza Domenica del Luglio 1639. — L’altare per la sacra funzione, era stato preparato nel paese presso la Palazzina del C. Odoardo Pepoli.
  3. Fu anche a Trappio, che allora apparteneva all’Archidiogesi di Bologna. Qualche anno fa, si leggevano del versicoletti latini, commemorativi dell’avvenimento, in una casa, che dovette esser bella, degli Ulivi, a Lavacchio. Vi era un sacerdote che ivi ospitò l’illustre porporato.
  4. Ruggeri Dott. Luigi — Chiese parrocchiali dell’Archidiocesi di Bologna. — Calindri. Il Bolognese.
  5. Storia d’Italia sotto i barbari, lib. II, cap. 1.º — Il P. Marcellino da Civezza, nel suo magistrale lavoro «Il Romano Pontificato nella storia d’Italia» combatte questa idea di C. Balbo; ma se fossesi avverata l’ipotesi di lui, poteva alla penisola nostra, toccare di peggio di quanto le è accaduto?