Guida della Val di Bisenzio/Parte seconda/24
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DA PRATO A MONTEPIANO
per la Calvana
itinerario n. 24.
Da Prato a Montepiano per la Calvana ore 10.
Si segue l’Itin. 17, Via, a, e dal M. Maggiore tenendosi un po’ a destra si piglia la crina e si va alla Croce, valico tra Sofignano e Pimonte, si sale alla Via Padre seguendo l’Itin. 20 per Montecuccoli. Giunti a questo paesello si tiene la strada a destra che guarda il versante del Mugello e trovasi sempre sulla crina e attraversando selve di castagni si arriva ad una casa rovinata detta la Doganaccia delle forche: di qui si diparte un sentiero che scende al Bisenzio lungo la Torbola; 40 min. La via percorre il crinale ora sull’uno ora sull’altro versante, sinchè si arriva sopra un piano, da cui si scorge là dinanzi Mangona, e sopratutto la Casa Betti, antica fattoria del Conte Ridolfo de’ Bardi, il benefattore di Vernio; e un poco a sinistra, in una spianata, una grossa torre principiata e non finita, come succede di tante cose a questo mondo.
Tenendosi a destra a scendendo si va a Mangona, antico feudo degli Alberti e dove sorgono anche oggi le rovine del temuto Castello; seguendo la via a sinistra lungo il crinale, che si abbassa per risalire un poco, si va, costeggiando il M. Dulciolina, alla Torricella e quindi al Tabernacolo e si continua la via di Montepiano. Dal piano soprannominato si vedrà scendere per il versante a sinistra una stradicciuola, è quella di Costozze, ed un viottolo pure a mano manca gira il poggio e va alla prossima Cascina delle Soda (V. Itin. 22).
Dal Tabernacolo la via sale il Poggio della Brachina, poi discende e risale quel tratto di strada detto Stancalasino e passando dal Faggio ai birri e il Pian delle Pertiche giunge alla Crocetta, sommità dello Spartiacque Appenninico. (780 m.). Bella veduta all’intorno.
Di qui si scende in un’ora a Montepiano passando per Risubbiani, un gruppo di case di povero aspetto.
Montepiano, sebbene si trovi in Val di Setta sul versante dell’Adriatico, pure è considerato come paese della Val di Bisenzio; la sua gente per rapporti civili ed amministrativi, per lingua e costumanze, per relazione di commerci e d’industrie fu ed è sempre gente toscana1.
Il paese è situato in una pianura sul dorso dell’Appennino, lungo la Setta, a 695 metri sul mare; da questa sua postura e configurazione ebbe il nome di Montepiano.
La sua Valle si stende da ponente a levante per un tratto di circa quattro chilometri, cioè dalle falde del M. della Scoperta fino poco oltre Risubbiani, ed allargandosi in pianura ondulata da mezzodì a tramontana quasi 750 metri.
Quest’avvallamento, ricco di delicate pasture, è chiuso a nord e nord-est da una linea di monti tagliata dalla Setta che si affretta al Reno, e per questa gola viene quella corrente d’aria saluberrima che mantiene le frescure estive e fa di questo villaggio un gradito soggiorno nella stagione calda.
Montepiano con circa 1300 abitanti, oltre avere cascine e casolari sparsi, si compone di quattro gruppi importanti di case; Montepiano sulla strada provinciale, Risubbiani sulla via del Mugello, il Casone di faccia a Montepiano sulla sinistra della Setta e la Badia sulla strada per Val di Brasimone.
Nulla sappiamo dei remoti abitatori di questo villaggio, ma il suo valico doveva esser ben noto ai Romani ed ai barbari come uno de’ più depressi fra l’Appennino e presto libero di neve nei mesi invernali.
Il Borgo sulla via provinciale diventerà fra poco tempo uno dei più ragguardevoli per il commercio di transito dall’una all’altra provincia, dall’uno all’altro mare, e nell’estate diventerà una delle più rinomate dimore dell’Appennino toscano per la facilità dell’accesso e la poca lontananza da Firenze (ore 3,30), per la salubrità dell’aria e la bontà dell’acque potabili, per il latte squisito, per l’amenità e bellezza del luogo. Le praterie pianeggianti ed un bel tratto di strada piana di tre chilometri circa, lungo il torrente Setta, invitano anche i più deboli e malaticci a facili passeggiate abbellite da bel paesaggio all’intorno; foreste di abeti vicine, direi quasi sull’uscio di casa, rendono più salubre e giocondevole a respirare quell’aria montanina che fa tanto bene a tutti, ma più alle persone gracili e delicate2.
Gli amatori di lunghe gite alpestri possono soddisfare pienamente ai loro desideri; se non avranno nè i due nè i tremila metri da salire avranno però bellissime cime dalle quali l’occhio spazia per lungo tratto lontano con vedute mirabili, essendo il paese all’intorno sommamente pittoresco.
= Montepiano comincia ad apparire nella storia, quando fu fondata la Badia per opera del Beato Pietro Eremita morto nel 1010 e sepolto sotto l’altare maggiore della chiesa. Il territorio era dominio de’ Conti Alberti. Circa all’origine di questa Abbazia si narrano cose meravigliose e molti scrissero intorno a questo tempio che ebbe pur esso una parte non lieve nella storia del feudo di Vernio3.
La Badia sorge sulla sinistra della Setta, un chilometro e mezzo da Montepiano, presso una selva di castagni. Oggi non è che un povero avanzo di grandioso fabbricato, al quale l’insipienza e negligenza del governo granducale fece più male che non le bufere, le nevi ed i ghiacci di tanti secoli. Non volendo restaurare quel monumento d’arte cristiana, ne demolì una parte nel 1837 e poi un terremoto nel 1843 trovate le mura smosse, danneggiò e costrinse a demolire ancora per salvare qualche cosa; e per questa distruzione non pochi lavori pregevoli di pittura andarono perduti. In quest’opera insana furono spese 27 mila lire; incredibile ma storico. I barbacani che si vedono da mezzogiorno furono fatti in quei tempi per sorreggere la muraglia che minacciava di sfasciarsi.
I Conti Alberti e i Bardi vi avevano un bel quartiere con stanze grandi, riccamente addobbate e ciascuna aveva il suo ampio camino. I monaci vivevano presso la chiesa, e si vuole che le mura fossero dipinte da Cimabue e da Giotto; oggi non restano scoperte che quattro figure di Santi sulla parete sinistra e un S. Cristoforo, alto cinque metri, sulla destra, dove erano altre pitture, descritte dal P. Giuseppe Maria Targetti cappellano della Badia nell’anno 1735. Oggi uno strato di bianco copre quella parete e solo fu rispettato S. Cristoforo; ai suoi piedi è un’iscrizione in caratteri longobardi4 Sulla parete sinistra è un basso rilievo di terra cotta che rappresenta uno dei miracoli del B. Pietro5 con questo ricordo: In questa muraglia per mano del celebre Cimabue erano dipinti con figure al naturale i miracoli del B. Pietro fondatore i quali guastati dalla lunghezza del tempo, perchè non se ne perda la memoria sono stati espressi in questo basso rilievo l’anno 1700.
Dietro l’altar maggiore è un basso rilievo in pietra arenaria rappresentante la Vergine col bambino piangente, a destra l’Arcangelo Gabbriello, a sinistra i SS. Pietro e Paolo: è discretamente conservato e credesi lavoro della scuola pisana del 1200: sotto i piedi della Vergine vi si legge solamente Abbas Benevenutus fecit...
La Badia ha un piccolo portico e la porta ha un architrave rozzamente scolpito. Sopra è una lunetta, nella quale è dipinta a fresco una Vergine col Bambino e due colombe portanti nel becco un cartello, sul quale è scritto: Ave Maria: si riferisce ad una leggenda intorno alla fondazione della Chiesa. Il dipinto si crede di Giotto o della sua scuola.
Nella parete del portico, volta a nord, sono due iscrizioni; una stata trovata da D. Ireneo Fedeli, quando era parroco alla Badia, fra le macerie accumulate lì intorno dai vandali moderni, ed eccenna all’epoca della restaurazione della Badia, dando l’anno della fondazione 10056.
L’altra commemora la visita fatta al Monastero dal Card. Giovannetti Arciv. di Bologna qui ospitato a grande onore dal Conte Flaminio de’ Bardi abate7.
La Badia fu consacrata da S. Atto vescovo di Pistoia, Vallombrosano, nel 1138. I monaci l’abbandonarono per le liti che ebbero con i Conti Bardi per possessioni e privilegi disputati; la prepotenza baronale prevalse, e gli antichi abitatori se ne partirono; la opulenta Badia passò in commenda; fra gli altri fu abate commendatario il Card. Giovanni de’ Medici, poi Papa Leone X.
Sulla piazzetta di Montepiano è una casa, un tempo Dogana; là visse fanciullo lo Scultore Lorenzo Bartolini nato a Savignano l’11 Gennaio 17778. La sua famiglia era di Montepiano ed anche oggi vivono in quella casa i suoi discendenti. Suo padre andato a far visita ad un fratello che viveva a Savignano e condotta seco la moglie, si trattenne là più di quel che non aveva pensato e in quel tempo nacque Lorenzo. Mandato da ragazzo a Firenze presso un suo parente per prendere un mestiere, si vuole trovasse chi indovinato l’ingegno del fanciullo lo ponesse ad ammaestrarsi nell’arte scultoria e divenisse poi il più grande degli scultori moderni dopo Canova9.
Note
- ↑ Alberghi e Trattorie. — Albergo e Pensione con Restaurant Gemmi aperto fino dal 1882. — Pensione dell’Appennino. — Pensione Giomi. — Alberghi di Bartolini Guido, Visi Leopoldo ed altri.
Guide. — Per gite giornaliere L. 1, e vitto.
Cavalcature per Boccadirio L. 2, per altre gite da convenirsi secondo le distanze.
Per qualunque schiarimento e informazione rivolgersi ai proprietari degli Alberghi.
A Castiglioni dei Pepoli — riunito a Montepiano da comoda via ruotabile — esiste l’ufficio telegrafico ed un elegante Stabilimento idroterapico diretto dal Prof. Tecchio. - ↑ Nei dintorni sono state recentemente fabbricate delle comode e belle case come quella di proprietà Ricci, il Villino del Mulino del sig. Luigi Alessandri, l’Albergo di proprietà del prete Tartoni, la casa del sig. Pollazzi, l’altra degli Storai alla Badia, e la ricca Villa al Fag-giarello del Cav. Raffaello Cipriani di Prato. Montepiano ha scuola comunale e servizio postale. Nell’estate del 1892 vi accorsero quasi 500 villeggianti.
- ↑ V. Memorie della famiglia Alberti Cod. 1846 della Bib. Riccardiana; il P. Soldani; Ferrenzio Lironi. Brocchi G. M. Panieri Canonico Franc., Locatelli Eudossio, e Stolti D. Casimiro nelle Leggende anonime edite nella Scelta di curiosità letteraria ec. Bologna 1663.
- ↑ L’iscrizione era in gran parte coperta da una muffa verde-cupa che tolsi; potei leggere, interpretando le abbreviazioni; dominus Johannes Montisplani et Gottolus cum suis fecerunt facere hoc opus.
- ↑ ..... un de’ signori Conti Alberti, allora di Vernio padroni, stimolato dal diletto che per sè stesso porge la campagna, deliberò di portarsi insieme colla sua comitiva verso quel luogo soprannominato (la cella del B. Pietro) per prendersi passatempo nella caccia: dove non furono appena arrivati che da’ cani fu scoperta una lepre, la quale non trovando miglior rifugio, sotto i panni di questo eremita arditamente s’involse, e ciò non agli occhi di un solo fu fatto palese ma bensì agli occhi di quasi tutti, fuorchè a quelli del Conte, restando eglino da evento insolito quasi del tutto immobili. Non tardò mollo ad arrivare ivi il Conte, e domandando della lepre, unitamente da tutti gli fu detto essersi ricoverata ed avere sfuggito la morte sotto i panni del Santo Vecchio. A tali parole sorridendo il Conte disse: È più impossibile che la lepre sia sotto i panni di quest’uomo, che quest’albero salga in groppa al mio cavallo. Appena ebbe chiusa la bocca, che l’albero dal natio posto sollevandosi andò a posar sopra il cavallo, e da quì non partissi, finchè dal Conte non fu promesso di lasciar libera la lepre, il che fatto, ella senza timore, di proporzionato albergo uscì a procacciarsi.» Da un MS. presso di me.
- ↑
ANNO M. V.
HEDIFICATA
FUIT HAC ABAT
IA QUAM RESTA
VRAVIT ANNO M. V.
LXXXIIII DOMINUS PRES (BITER)
IO (ANEs) ET DOMINVS PANDOLFVS - ↑ È questo il Conte Flaminio de’ Bardi, prima cagione della rovina dell’Opera Pia di S. Niccolò di Bari, poichè da lui ebbero principio i deplorabili avvenimenti che hanno inghiottito, senza vantaggio veruno, le ingenti ricchezze di quell’istituzione, il Conte Flaminio resse il feudo di Vernio e fu poi investito della pingue Abbazia di Montepiano. «Ma sebbene vestisse l’abito ecclesiastico e fosse insignito di titoli che lo obbligavano a vita esemplare, il Conte Flaminio ci apparisce un tirannello del Medio Evo non un barone dei tempi del cadente feudalismo. Tutta la sua vita è tessuta da ardite prepotenze e da feroci vendette appagate. Nelle sue mani lo scettro signorile si convertì in verga di ferro e la spada della giustizia nel pugnale del masnadiere. A spezzar quella verga, a spuntar quel pugnale fu solo bastante il braccio vigoroso della gigantesca rivoluzione francese.» Fedeli V. U. L’Opera Pia ec. pag. 79.
- ↑ Oggi vi si legge la seguente epigrafe dettata da Cesare Guasti.
IN QUESTA CASA DEI BARTOLINI
VISSE FANCIULLO
LORENZO
CHE RESE ALLA STATUARIA
LA EFFICACIA DEL VERO
LE GRAZIE DEL BELLO
CHIEDENDO AL CUORE L’IDEA
ALLA NATURA LE FORME
GLI ALPINISTI PRATESI
NEL LUGLIO MDCCCLXXXVII
PONEVANO - ↑ Sull’architrave della porta di casa del Bartolini si legge: M. E. C. P. R. BARTOLINI F. A. D. 1731; cioè: Michele e Caporale Pier Rinaldo Bartolini fecero anno domini 1731.