Guerino detto il Meschino/Capitolo II

Capitolo II

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CAPITOLO II.


Il Guerin Meschino, venduto e portato a Costantinopoli, e quivi ricevuto alla corte dell’imperatore, dove per la prima volta s’innamora.


SS
efferra, guardia di Guerino, vedendo la città perduta e tolta ogni speranza di salute, si calò furtivamente dalle mura col fanciullo e la balia, portando seco molto tesoro. Giunta al porto tolse una nave, dirigendosi quindi col fanciullo verso Costantinopoli. Dopochè, partiti dal porto, per tre dì ebbero navigato, furono assaliti da tre galere di corsari, a cui fu forza arrendersi. Morto il famiglio di Sefferra, e lei, perchè piangeva, gettata in mare, fecero poi tanto strazio della balia che lattava il fanciullo, che in capo a quattro giorni morì anch’essa, ed il suo corpo divenne preda delle onde. Tutt’altra sorte toccò a Guerino, poichè i Corsari giunti nell’Arcipelago a Salonichi, vendettero il putto con altre mercanzie ad una compagnia di mercadanti. Il fanciullo toccò ad un di Costantinopoli chiamato Epidonio, il quale, tolta una balia che il lattasse, portollo in Costantinopoli coll’animo di farlo suo figliuolo, conciossiachè egli non avesse prole e fosse molto ricco. [p. 10 modifica]

Giunto a casa presentò il fanciullo alla sua donna, la quale non fu contenta temendo che non fosse figliuolo bastardo del marito.

Ma quando seppe dal famiglio come gli era toccato in sorte, lasciò ogni sospetto, e non d’altro curossi che di farlo subito battezzare, credendo che non lo fosse. Quindi perchè egli era povero venduto in fasce per ischiavo, e molto bello, gli pose nome Meschino, e lo fece allevare con sollecitudine, chiamandolo suo figliuolo. Il secondo anno dopo che egli viveasene colà come in propria casa, la donna d’Epidonio ingravidossi di un fanciullo, il quale quando essa partorì, il Meschino compiva soli trenta mesi. Per il nascimento di costui il Meschino non era più sì ben voluto come per lo addietro, chè anzi crescendo negli anni convenivagli esser guardia d’Enidonio, com’esso chiamavasi. Il padre mandavali insieme a studio, dove il Meschino imparava meglio dell’altro, poichè egli in poco di tempo riuscì dotto nel greco, nel latino, nel turchesco ed in molti linguaggi per l’utilità della mercanzia e per navigare. A questo modo stette con Enidonio tanto che aveva vent’anni, facendosi ogni giorno più bello di corpo, ardito e forte, ma sempre tenuto come schiavo.

L’imperatore dell’oriente aveva in quel secolo gran corte a Costantinopoli, a cui convenivano d’ogni parte ad accrescere la cortesia e lo splendore i più ricchi ed i più valorosi cavalieri della cristianità. Anch’esso Enidonio andava in quel tempo alla corte dell’imperatore in Costantinopoli, legato di molta amicizia al figliuolo di lui per nome chiamato Alessandro1. Costui si dilettava [p. 11 modifica]di armizzare, di cavalli, lottare, gittar pietre e pali di ferro, e di tutte le prove che per giovani si fanno, conciossiachè contasse egli appena vent'anni. Il Meschino, che sorpassava di due anni l’età del figliuolo di suo padrone, trovossi anch’egli assai volte in questi giuochi, e provatosi con tutti, tutti riusciva a superare dove fosse necessaria forza o destrezza, e le altre virtù cavalleresche di quei tempi.

Alessandro essendo per questo maravigliato, e piacendoceli l’aspetto del Meschino, domandò di sua condizione, e saputo come fosse lo schiavo d’Enidonio, fece un dì chiamare costui, e pregollo che glielo vendesse o donasse. Ed avendo egli risposto, quello schiavo essere di suo padre, essere d’uopo perciò che lo dimandasse a lui, Alessandro mandò per Epidonio, e chiestolo del favore, questi dissegli cortesemente: — Non tanto lui, ma il mio figliuolo donerotti, se e’ ti piace; non credere che io porti manco amore al Meschino che a mio figlio, avendo deliberato questi giorni di farlo franco; ed è con questa condizione appunto che io tel dono, cioè che lo faccia franco, chè altrimenti non te lo darei».

Alessandro, accettato il dono, subito mandò per un giudice, notarii e testimoni, e fece scrivere come Enidonio donavagli il Meschino suo schiavo, e quindi come Alessandro fosse per farlo franco e libero, e trattarlo come fedel cristiano. E come l’ebbe francato in presenza di molta gente, domandò al Meschino chi era il suo padre. Il Meschino rispose allora sospirando: — O mio signore, Alessandro, sino a questo punto ho tenuto Epidonio per mio padre credendomi sempre suo legittimo figliuolo!...» Alessandro domandò subito ad Epidonio come l’aveva avuto, e questi raccontato il tutto, e come egli l’aveva comprato da corsari, e come [p. 12 modifica]allevatolo, il Meschino, che sentì questa novella dolorosa, si mise a pianger forte fino alla disperazione.

Tuttavia l’amore che aveva concepito per Alessandro, il quale avealo fatto libero, servì non poco a consolarlo, ed a renderlo forte abbastanza per sopportare la sua disavventura. Stette con Alessandro non come schiavo e venduto, ma come libero e compagno, ed imparato bene a cavalcare e far fatti di arme, fu tanto amato nella corte e dallo imperatore quanto quasi Alessandro.

L’imperatore aveva una figliuola per nome Elisena, che era di quattordici anni, e molto bella. L’officio del Meschino era di tagliare2 innanzi l’imperatore, alcuna volta innanzi Alessandro, ed alcuna volta innanzi Elisena, per la qual cosa tanto s’innamorò di lei, che il suo amore disfogava in continui sospiri, senza che la bella Elisena se ne avvedesse di nulla. Il Meschino teneva celato il suo amore per quanto più poteva, onde essa amava lui per niente, e stette più d’un anno che alcuna persona non potè sospettare di questa fiamma secreta che a poco a poco consumava il suo cuore. In tutto questo tempo egli si acquistò molto nome per le giostre che molte volte si facevano sulla piazza, conciossiachè ogni volta che il Meschino giostrava, avesse onore, essendosi a questo modo esercitato a scrimiare in tutti i modi che bisognava a’ fatti d’armi, cosicchè per il territorio dell’imperatore fu molto amato e stimato.



[p. T2 modifica]Sefferra si calò col fanciullo e la balia.

Note

  1. Se, trattandosi di semplici fatti mitologici e di molte credenze e tradizioni popolari, fosse necessario trovare a ciascun fatto, a ciascuna tradizione, a ciascuna credenza la ragione storica, ministra inconcussa della verità, io farei questo Alessandro figlio a Basilio il Macedone, e nato nel 870. Di fatti non trovasi a quei tempi nessun altro imperatore d’oriente padre di un Alessandro, che questo famoso Basilio, il quale regnò fin dall’anno 867. Secondo Leone il grammatico, questo Alessandro, poi imperatore tristissimo, fu il solo figliuolo legittimo di Basilio, all’incontro de’ suoi altri due, Costantino e Leone il filosofo, nati all’imperatore Michele dalla stessa Eudocia, divenuta moglie dell’imperator Basilio. Allora il nostro romanziere o novellista, come voglia tu chiamarlo, ci avrà fatto trascorrere già più di un secolo in queste prime pagine della sua storia, dall’anno cioè 783 al 890, tempo in cui l’augusto Alessandro avrebbe dovuto avere circa vent’anni. Tutto questo immenso intervallo di tempo sarebbe quindi stato occupato dalla venuta di Carlomagno in Italia contro gli Affricani, dall’innalzamento di Guiscardo a re di Puglia, e di Milone al principato di Taranto, dalla conquista di Durazzo fatta dallo stesso Milone, e finalmente dalla sua caduta. — Ma in siffatto genere di libri, massime nei romanzi della cavalleria, non si fece certamente quel conto della cronologia che ora si vorrebbe. Si seguirono ciecamente le tradizioni e le leggende popolari, cosicchè restò di leggieri confuso il vero al falso, la storia alla favola, un tempo coll’altro, e come i poeti, anche gli scrittori di quei tempi portati eccessivamente al maraviglioso ed allo stravagante, cercavano sempre di abbellire i loro racconti dei nomi più famosi per qualche gran fatto o strepitosa avventura, comechè fossero lontani le mille miglia dal soggetto cui essi risguardavano. — Certamente che la grandezza a cui si vide l’oriente risalire sotto la dinastia dei Basilidi, avrà eccitato molto entusiasmo anche nell’occidente, e sparse qua e là nel popolo le solite leggende, per cui messer Andrea Fiorentino avrà voluto guidare il nostro Meschino alla corte d’oriente, e di là agli alberi del sole.
  2. Questo era l’officio dello scudiere così detto trinciante come a que’ tempi si usava. Però si vede che il Meschino alla corte di Costantinopoli aveva tale impiego, che solo era pei gentiluomini, i quali facevano i lor passi alla cavalleria, e ciò forse per essere molto ben voluto. Lo scudiere trinciante occupato a tagliare le vivande ne’ convitti, e quindi a distribuirle ai commensali, era sempre ritto in piedi. A questa carica, cui si poteva pervenire solo dopo essere stato paggio o donzello, e con certi riti, i propri figliuoli de’ sovrani nelle corti loro si vedevano soventi volte applicare.