Gli orrori della Siberia/Capitolo XVII – Una notte fra i lupi

Capitolo XVII – Una notte fra i lupi

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Capitolo XVII – Una notte fra i lupi
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Capitolo XVII – Una notte fra i lupi


La notte era oscurissima. Una furiosa nevicata s’addensava sulla Wladimirka, in quel tratto che si estende fra Nisne-Udinsk e Catuisk, a circa duecentocinquanta verste da Irkutsk, mentre un vento furioso scuoteva, con lugubri sibili e mille strani scricchiolii, le foreste tenebrose che si stendevano a destra ed a sinistra.

Una elegante troika, una delle più belle e delle più comode, scivolava, leggera come un uccello, sulla neve già prontamente gelata, trascinata da tre stupendi cavalli, che parevano avessero il fuoco nelle vene. Uno jemskik, coperto di una pesante pelliccia d’orso bianco, colle mani difese da grossi guanti per ripararsi dai morsi acuti del freddo, li eccitava senza posa colla voce e colla frusta.

Dinanzi a lui, seduti sulla panchina, stavano due viaggiatori: uno era un uomo dalle spalle larghe, sulla cinquantina, con una lunga barba brizzolata; l’altro era una donna, a giudicarla dalle vesti di panno pesantissimo, adorne di morbida pelle di lontra di gran prezzo.

La troika volava sempre fra i fischi del vento e la neve che volteggiava in tutti i sensi, precipitando la corsa. Pareva che i cavalli avessero le ali e che presentissero un pericolo non lontano.

– Eccoli!... – esclamò ad un tratto l’jemskik, con un tremito nella voce. – Avanti, mie colombelle!... Stanno per giungere.

– Non aver paura, – disse la donna, con un timbro di voce argentino. – Siamo armati.

– Saranno molti, signora.

– Non ho paura.

– Udite?...

Un urlo prolungato, lugubre, minaccioso, era echeggiato in mezzo ai fischi della burrasca. I tre cavalli fecero uno scarto violento, rizzarono gli orecchi, emisero tre sordi nitriti e ripartirono ventre a terra.

– Bada ai pali, jemskik, – disse l’uomo che si trovava accanto alla signora. – Se la troika si spezza, banchetteranno colle nostre carni.

– Siamo ancora lontani da Catuisk, Dimitri? – chiese la sua compagna.

– Almeno venticinque verste, padrona.

– La via è ancora lunga, ma daremo battaglia.

– Sempre coraggiosa, padrona. Vostro fratello sarà orgoglioso di voi.

– Povero fratello, – sospirò la donna.

– Eccoli!... – urlò l’jemskik con voce sibilante. – Avanti, mie colombelle!...

Al blando chiarore che tramandava la bianca pianura nevosa, si vedevano correre da tutte le parti delle ombre nere, le quali galoppavano con fantastica rapidità. Di tratto in tratto dei punti luminosi, a riflessi verdastri, scintillavano, e fra i muggiti della burrasca si udivano degli ululati brevi, come strozzati.

– Hanno fame, – disse il viaggiatore che abbiamo udito chiamare Dimitri.

– Fra poco li avremo tutti addosso.

– Prepara le armi, – disse la sua compagna, con voce sempre tranquilla.

– No, per San Paolo! – esclamò l’jemskik. – Non cominciate il fuoco o precipiteranno l’assalto.

– Vuoi farci divorare? – chiese la donna. – Se hai paura, lascia a me guidare i cavalli.

– No, signora, ma non bisogna irritarli e far gustare loro il sangue troppo presto. Divoreranno i compagni che ucciderete, e messi in appetito, ci daranno addosso. Volete un buon consiglio? Accendete i fanali; la luce li terrà, almeno per qualche tempo, indietro.

– Obbedisci, Dimitri, – disse la giovane donna, – poi prepara le armi.

– È una imprudenza, padrona. Voi sapete che dobbiamo evitare gl’incontri.

– Chi vuoi incontrare in tale notte? Affrettati; i lupi si avvicinano. Corrono come se avessero le ali.

Dimitri si sbarazzò dell’ampia pelliccia, scuotendola vigorosamente per sbarazzarsi della neve che la copriva, accese l’esca, non potendo adoperare gli zolfanelli con tutto quel ventaccio, e diede fuoco alle due lanterne della troika. Due fasci di luce sanguigna, si proiettarono sulla neve, a destra ed a sinistra del rapido veicolo.

– Bene, – disse la giovane donna colla sua voce sempre tranquilla. – Ora prepara le armi e le munizioni, mio bravo Dimitri. Troveranno pane pei loro denti, quei feroci divoratori di cavalli.

L’uomo dalla barba brizzolata si curvò ed aprì una lunga cassa che gli stava dinanzi, levando successivamente due remington, due rivoltelle di grosso calibro e parecchi pacchi di cartucce.

– Abbiamo? – chiese la giovane donna, indicando i pacchi.

– Cinquecento cartucce, padrona.

– Io non manco ai miei colpi, e nemmeno tu, Dimitri, è vero?

– No, padrona; i russi mi hanno servito di bersaglio e ne ho gettati giù molti, nelle nostre foreste polacche.

– Ecco i lupi! – gridò in quell’istante l’jemskik. – Avanti, mie colombelle, di volata!...

I feroci carnivori giungevano, emettendo delle brevi urla, strozzate dalla corsa affannosa, ma così lugubri e così minacciose, da far tremare il cuore all’uomo più risoluto.

In pochi balzi raggiunsero la troika, descrivendo attorno ad essa un grande semi-cerchio, le cui ali giungevano fino presso ai due fasci luminosi proiettati dai fanali.

Erano almeno cento e fra di loro se ne vedevano taluni di statura così alta da scambiarli per cani di Terranova. Non ardivano però ancora assalire: la luce sanguigna che correva, colla troika, sulla pianura nevosa, li tratteneva ancora, ma familiarizzandosi a poco a poco non dovevano tardare a decidersi per un assalto generale contro i viaggiatori e gli animali.

La giovane donna, rialzato un po’ il cappuccio, che le nascondeva quasi tutto il volto, si era levata in piedi stringendo in mano un remington, e guardava la feroce banda senza manifestare alcuna paura. Doveva essere, da lunga pezza, familiarizzata con quei carnivori e ben energica per non tremare dinanzi a quell’inseguimento che poteva finire in uno spaventevole dramma.

– Cocchiere, – diss’ella, dopo alcuni istanti, – levati e passa dinanzi. Puoi accomodarti sulle nostre casse?

– Sì, signora, e mi sentirò più sicuro. Rimanendo qui i lupi potevano assalirmi alle spalle senza che me ne accorgessi.

– Ed a me impedisci di mirare a mio comodo.

Senza abbandonare le briglie, l’jemskik scavalcò lo schienale della troika e si accomodò sul dinanzi del veicolo, fra le casse dei viaggiatori.

I cavalli, che già avevano scorto i lupi, le cui ali fiancheggiavano i fasci luminosi dei due fanali, precipitarono la corsa sull’interminabile Wladimirka.

Le povere bestie, consapevoli del pericolo che correvano, facevano sforzi disperati per lasciarsi indietro la muta urlante, volgevano il capo verso il cocchiere, come per chiedere protezione ed emettevano dei sordi nitriti.

Ad un tratto, un lupo d’alta taglia e che forse era più affamato di tutti, non più trattenuto dalla paura, varcò il cerchio luminoso proiettato dal fanale di destra e con una mossa fulminea tentò di assalire uno dei due cavalli di volata. La giovane donna li teneva tutti d’occhio; colla rapidità del lampo alzò il fucile ed una secca detonazione echeggiò fra gli urli della burrasca.

Il grosso lupo, colpito dalla palla dell’intrepida cacciatrice, si accasciò, emettendo un lungo ululato. I suoi compagni, vedendolo cadere, furono pronti a dare una solenne smentita al vecchio, ma niente affatto veridico proverbio che «lupo non mangia lupo». Si gettarono furiosamente addosso al moribondo e lo sbranarono.

Gli altri che formavano l’ala opposta del semi-cerchio, si precipitarono a loro volta addosso ai compagni che si disputavano a morsi la preda, ed in un istante si videro tutti quei feroci carnivori ammonticchiarsi, rovesciarsi e mordersi, emettendo ululati selvaggi.

Dimitri si era prontamente alzato.

– Ecco il momento!... – gridò. – Fuoco sul gruppo.

La giovane donna aveva ricaricata prontamente l’arma. Rintronarono due spari, poi altri due, quindi dodici colpi di rivoltella.

Le palle, dirette su quel gruppo, non andarono perdute. S’udirono guaiti lamentevoli, urla acute, ululati furiosi, poi si vide un dimenarsi di corpi: i vivi divoravano i morenti ancora palpitanti.

La troika approfittò di quel momento per guadagnare via. I cavalli, quasi indovinassero ciò che avveniva dietro di loro, precipitarono la corsa.

Quella tregua durò pochi minuti però. I lupi, divorati i compagni e messi in appetito da quel primo pasto, tornarono ben presto alla carica.

– Jemskik!... – gridò la giovane donna. – Bada ai cavalli, tu, e lascia a noi l’incarico di tenere indietro i lupi.

Poi ricominciò il fuoco con una calma straordinaria, con un coraggio incredibile, inaudito in una donna. Dimitri, al suo fianco, la imitava con pari calma.

Gli spari si succedevano agli spari ed i lupi cadevano a due per volta, mentre la troika fuggiva rapidamente in mezzo alla cupa notte ed all’uragano di neve.

Ormai quel fuoco non doveva più cessare fino all’alba o fino all’arrivo in qualche villaggio.

I lupi non avrebbero più lasciata la preda, sperando sempre di potere da un momento all’altro, gettarsi sui cavalli.

S’arrestavano un istante a divorare i compagni, poi riprendevano la corsa per scagliarsi sulla troika che fuggiva sempre.

Già trenta o quaranta erano caduti ed erano stati divorati, quando un cavallo di volata cadde. Il cocchiere emise un urlo di terrore ed estratto rapidamente il coltello che teneva alla cintola, balzò in piedi per recidere le tirelle ed abbandonarlo ai lupi.

– Fermati!... – gridò Dimitri, che l’aveva scorto. – Se perdiamo i cavalli siamo perduti.

Staccò rapidamente un fanale e lo scagliò in mezzo alla muta. I lupi, vedendo cadersi addosso quello strano oggetto che mandava una viva luce, arrestarono l’assalto, poi si dispersero a destra ed a sinistra.

Quell’istante di sosta bastò a salvare tutti. Il cavallo, rialzatosi prontamente, si era slanciato innanzi coi suoi compagni e la troika aveva potuto riguadagnare la distanza perduta. Le povere bestie erano però sfinite. Cominciavano ad ansare ed a tremare, e fuggivano a balzi, con passo non più sicuro.

La giovane donna se ne accorse.

– Jemskik, – chiese, fra un colpo di remington e l’altro, – siamo ancora lontani da Catuisck?

– Otto o dieci verste, credo, – rispose il cocchiere. – È impossibile precisarlo con certezza, con questo uragano.

– Credi che i cavalli resisteranno?

L’jemskik non rispose: esitava a dirlo.

– Parla, – disse la giovine donna, la cui voce, per la prima volta, parve alterata.

– Non lo so, signora, – rispose l’jemskik.

– Non vi è alcuna capanna nei dintorni?

– La regione è deserta.

– Dimitri, – riprese la giovane donna, dopo qualche istante di silenzio. – Bisogna resistere a qualunque costo. Io voglio vedere mio fratello, mi comprendi?... Io lo voglio!...

– Abbiamo ancora quattrocento e più colpi da sparare, padrona, non avendo consumato che cinquanta o sessanta cartucce.

– Ma i lupi ci piombano addosso da tutte le parti.

– Si può tentare una cosa, padrona.

– Quale? Spicciati!... La canna del fucile mi brucia i guanti e non posso più respingere gli assalitori dalla mia parte. Non temono più la morte.

– Sacrifichiamo un cavallo.

– Spiegati.

– Forse i lupi lasceranno noi per inseguirlo.

– E se non ci abbandonano, avremo un cavallo di meno alla troika e correremo il pericolo di veder cadere più presto gli altri due.

– Tutto si deve tentare, signora.

– Sia...

– Mi rincresce, padrona, abbandonare un animale che vale milleduecento rubli.

– Jemskik, – disse la giovane donna. – Taglia le tirelle del cavallo più stanco e lascialo andare.

– Ma... signora!...

– Obbedisci!...

Il cocchiere, che senza dubbio sapeva che con quella donna non si poteva disobbedire, s’alzò col coltello in pugno. Già stava per recidere le tirelle, quando scorse dinanzi ai cavalli, delle ombre disposte sulla Wladimirka e che parevano si preparassero a tagliare la via alla troika.

– Signora!... – gridò.

– Fuoco, Dimitri!... – gridò invece la giovane donna. – I lupi ci stringono.

D’improvviso una voce tonante, partita da quel gruppo di ombre che la neve non permetteva ancora di ben distinguere, gridò:

– Fuoco a volontà!...

Quattro spari rintronarono, due a destra e due a sinistra della Wladimirka, arrestando di colpo l’imminente assalto dei feroci carnivori.

Udendo quelle detonazioni, la giovane donna si volse e fece un gesto di collera.

– I cosacchi?... – chiese, coi denti stretti.

– Dei soldati senza dubbio, – rispose Dimitri.

– Preferivo i lupi a questi. Cocchiere, frusta e passa addosso a quegli uomini!...