Atto III

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Atto II Atto IV

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ATTO TERZO.

SCENA PRIMA.

Giustino ed Ergasto.

Giustino. Addio, mio caro padre. (in atto di partire

Ergasto.   Oh Dei! mi lasci?
Figlio, t’involi a me? Ti regge il core 1
D’abbandonarmi in sì canuta etade?
Poco tempo di vita ancor mi resta.
Ma senza te più della morte istessa
Odiosa mi sarà. Quanti sudori
Sparsi, figlio, per te! Di mia vecchiezza
Il sostegno sperai nel tuo bel core,
Ma m’ingannai. Va, figlio ingrato, e lascia

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Me disperato al mio dolore in preda.

Poco vivrò, ma questi pochi istanti2
Del viver mio mi struggeranno in pianto.
Vanne, crudel, che già morir mi sento.
Giustino. Padre, non lagrimar3; non darti in preda
A un estremo dolor. Non ti abbandono
Per sempre io già. Vado a pugnar; fra poco
Ritornerò. Meco alla reggia allora
Di condurti prometto.
Ergasto.   Io nella reggia?
Se non l’avessi conosciuta un tempo,
Forse da te mi lascierei sedurre.
Ah! pentito son io d’avervi spesi
Malamente i miei giorni e i più fioriti.
L’abbandonai tosto che di ragione
M’apparve il lume, nauseato e stanco
Di tanto 4 rimirar frodi 5 e rapine,
Tradimenti, lascivie, e tanti e tanti
Delitti che a pensarmi inorridisco 6.
Felice io7 fui dacchè cangiai la reggia
In questi boschi, e lo sarei pur anco,
Se tu, crudel, non mi lasciassi in tempo
Che più d’uopo ho di te.
Giustino.   Per compiacerti
Tornerò teco ad abitar le selve;
Ma lascia almen che a procurarmi io vada
Quella gloria 8 che m’offre oggi il destino.
Ergasto. Che favelli di gloria? Ah! figlio, il mondo
Non la conosce, e un idol falso adora9.
A far noi degni della vera gloria
Quanto poco ci costa! Una innocente

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Vita, lontana da’ costumi indegni

Del tristo mondo10, alla natura appresso,
Forma la gloria vera, e gloria tale,
Che non muore con noi, ma ben sul dorso
D’una più vera eternità si regge.
Pensaci pur; non 11 t’ingannar, Giustino;
Morirei di dolor se ti vedessi
Fra la turba fatal di trista gente12
Questo nume adorar bugiardo 13 e vano.
Giustino. Padre, il vano14 desir sì non m’acceca15,
Che di gloria immortal cura non prenda.
Pugnar contro i ribelli 16 è un’opra degna
D’eterna lode, e sarà grata ai Numi.
Ergasto. Dunque hai risolto?
Giustino.   Sì.
Ergasto.   (Quest’altra via
Tentisi d’arrestarlo). Ah! figlio, io vedo.
Che vogliono gli Dei17 per mio tormento
Di te privarmi18. Vecchio son19; tu corri
Contro al periglio20. Un di noi due di morte
Preda sarà. Non ci vedrem, Giustino,
Forse mai più. Pria di morir, mio caro,
Giust’è ben che 21 ti sveli il grande arcano.
Tu figlio mio non sei.
Giustino.   Come! Non sono
Il figlio tuo? M’inganni, o m’ingannasti,
Padre, sin’ora?
Ergasto.   Il ver ti dico, e inganno

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Non fu celarti l’esser tuo22. La vita

Così ti preservai23.
Giustino.   Stelle! qual sangue
Nelle vene mi scorre?
Ergasto.   Andiam, Giustino,
Andiamo in parte ove arrivar non possa
A sturbarci il furor di gente armata;
Tutto ti narrerò.
Giustino.   Ma dilungarmi
Non poss’io24 già. Senti, deh! senti il suono
Che a pugnare m’invita. In brevi accenti
Svelami il grado mio.
Ergasto.   No, vieni meco
S’hai 25 desio di saperlo.
Giustino.   Ah!26 se m’arresto,
Perdo il momento fortunato. Ah! padre,
Dimmelo 27 per pietà.
Ergasto.   Lo speri invano28.
Giustino. Parto dunque.
Ergasto.   Va29 pur, ma ti rammenta
Che l’arcano ch’io celo...
Giustino.   Eh! di svelarlo
Tempo non mancherà. Mancar potrebbe
L’occasion di pugnar. Questa mia spada
Immerger vuo’ di Vitalian nel seno.
Ergasto. Tu ferir Vitaliano? Oh stelle! Sappi
Che tu di Vitaliano...
(si sente strepito d’armi fra le scene
Giustino.   Ah! che si avanza30
Il furor della pugna31. Eterni Numi,
Reggete voi della mia destra i colpi.
(impugna la spada, e parte

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SCENA II.

Ergasto solo.

Ferma, senti... S’invola. Ah! che bastato

Non ha per arrestarlo il violento
Desio comun di ravvisar se stesso.
Dirgli non ho potuto ch’ei commette,
Vitaliano uccidendo, un fratricidio;
Ch’ebbe comune a quel crudel la culla.
Misero me!... Ma che far posso? Il Cielo
Così destina 32; il suo voler si faccia.
Io mi sento morir senza la cara
Compagnia di Giustino. Io più di figlio
Sempre l’amai. Ma se non piace a’ 33 Numi
Che meco ei sia, vuo’ sofferir 34 con pace
Ancor questo cordoglio. Alle mie fiere 35
Tempo è ch’io rechi l’alimento usato.
Fremer le sento 36. A ripigliare 37 il vaso
Che loro serve a dissetar la gola.
Vadasi dunque. E pur è ver; le belve
Rispettan quel che le alimenta e nutre,
Lo che spesso non fan gli uomini 38 ingrati, 39
Ma qual mai fora 40 lo strepito d’armati,
Ch’ora si sente? Ecco un guerrier; si fugga,
Poiché la cruda militar licenza
Poco rispetta la canuta etade.
(si scosta, e lascia le chiavi del41 cancello
Ma le chiavi scordate?... Ecco il guerriero.
Non tornerei se colà dentro avessi
Un tesoro lasciato. parte

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SCENA III.

Arianna sola, senza spada.

Oh me infelice!

Reggermi più non posso. Io vo42 perdendo
Dalle ferite il sangue, e alcun non veggo
Che soccorrer mi possa. Eterni Dei,
Assistetemi voi. Se la mia morte
Piacevi, morirò contenta almeno
Or che in favor dell’armi nostre io vidi
La fortuna piegar. Fuggono gli empi43
Scellerati 44 ribelli, ed io il bel frutto
Della vittoria non godrò. Potessi
Prima almen di spirar l’ultimo fiato,
Anastasio veder! Fra queste braccia
Stringerlo una sol volta... Oimè... le luci
Mi si abbagliano 45... Io manco... Aita, o Numi.
(s’adagia a piè d’un albero, e sviene

SCENA IV.

Vitaliano 46 senza spada, ed Arianna svenuta.

Vitaliano. Perfidissime stelle!47 Eccomi vinto;

Eccomi disarmato, e già vicino
All’ultimo mio fato. 1 miei guerrieri
Quelli non son ch’esser solean. Oppressi
Da rio 48 timor, fuggono i vili49, ed io
Solo, senza il mio ferro, ah! che far posso?
Ah! che per mio tormento anco la morte
Mi niegano 50 le stelle. Avesse almeno
La sua spada il guernrier ch’estinto parmi.

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Veggasi... Oh Numi! Arianna? La superba

Nemica mia? Scema il crudel mio duolo
Dell’indegna la morte.
Arianna.   Oh Dei! soccorso.
(rinviene alquanto
Vitaliano. Ah! che morta non è. Serbato ha il Cielo
Alla mia destra il colpo. Ma di ferro
Priva ella è pur. Nè troverò stromento51
Atto al gran sagrificio? Eccolo a caso 52:
Delle belve il custode al fier cancello
Le chiavi egli lasciò;53 provvido54 il fato
Di lui si valse: alle feroci belve
Darò la libertà; strage55 faranno
D’Arianna non men che de’ seguaci
Del nemico Anastasio. A cento, a mille,
Sbraneranno i guerrieri. Ecco la via
Di vendicarmi; e colla 56 cauta fuga
Tempo acquistando, i miei guerrier dispersi57
Raccor, riunire, e ricondurre al campo.
Belve crudeli, uscite58 pur; vendetta
Fate per me; sbranate, trucidate.
(Apre, e al dà 59 alla fuga. Escono le fiere60 e per diverse vie smarriscono. Una tigre s’avanza, e va per divorare
Arianna.

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SCENA V.

Giustino con spada alla mano, ed Arianna svenuta.

Giustino colla spada s’aventa 61 contro la tigre che si rivolta verso di lui. Egli la uccide 62 parlando frattanto come siegue 63.

Giustino. Non paventa Giustin l’ugna rapace

D’una belva crudel. Chi ha già saputo
Illeso andar di mille spade a fronte,
Un mostro ucciderà. Tigre rabbiosa 64,
Sì, morirai. Fia questo il fatal colpo
Che ti stenda al terren 65. Eccola estinta.
Grazie, superni Dei, grazie di questo
Nuovo trionfo. Ah! delle mie vittorie
Compiasi la maggior. Di Vitaliano
Dato mi sia trar dalle vene il sangue.
Ma chi è colui, cui la fremente belva
Ingoiare volea? Giace trafitto,
O atterrollo il timor? Numi! che veggo?
Augusta qui? Per qual evento? Il core
Palpita nel suo sen 66: vive 67; dal fianco
Versa il sangue. S’appresti alla ferita
Questo d’erbe e di fior succo vitale,
Opra di lui ch’io venerai qual padre.
Ecco; il sangue si arresta. Ai lumi torna
Della donna la luce. Augusta, il guardo
Volgi ver me: 68 non paventar.
Arianna.   Chi sei?
(apre gli occhi69

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Giustino. Giustino, il servo tuo.

Arianna.   Dove si trova
Il mio Anastasio, il caro sposo?
Giustino.   Ei riede
Vittorioso dal campo.
Arianna.   Oh Dei! respiro.
Giustino. Sollevati. Permetti ch’io ti possa
Le ferite fasciar70.
Arianna.   Sì, fido amico.
La vita a te dovrò. (si alza 71 un poco
Giustino.   Chi delle belve
Schiuse l’orrida stanza?
Arianna.   Invan mel chiedi.
Giustino. Ti ferì l’empia tigre?
Arianna.   Mi feriroò
Gl’inimici sul campo. Io della tigre
Nulla so. Di’, che avvenne?
Giustino.   In tempo io giunsi
Allorché 72 il dente di cotesta ingorda
Fiera crudel volea sbranarti.
Arianna.   Dunque 73
Due volte mi salvasti? Ah qual condegna
Mercede, mio garzon, dar ti poss’io? 74
(Arianna e Giuslino mostrano di parlar piano fra loro, sinchè parlano forte i due che vengono75.

SCENA VI.

Anastasio, Amanzio dal fondo della scena, e detlti.

Amanzio. Mira: aperto è il cancello 76.

Anastasio.   Hanno le fiere
Fatta strage77 de’ nostri?

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Amanzio.   Trucidati

Molti restaro.78 Alfin caddero estinte
Le belve ancor. Ma che vegg’io, signore?79
Vedi la sposa tua col valoroso
Campion novello. Vedila, se presso
Lo tien 80 al fianco suo.
Anastasio.   Stelle! Giustino,
Che oggi81 tante ci82 diede eccelse prove
Del suo valore, di tradir capace
Sarebbe il suo signor?
Amanzio.   Fermati, e attendi
S’è innocente il colloquio. Io vo 83 frattanto
A riunir le disunite schiere.
Anastasio. Vanne.
Amanzio.   (Questo ch’io spargo amaro tosco
Di gelosia nel sen de’ miei nemici.
Più breve mi farà 84 la via del trono). parte

SCENA VII.

Arianna e Giustino; ed Anastasio in disparte.

Giustino. Bastami l’amor tuo. Di tal mercede

Pago sarò. (ad Arianna
Arianna.   Dell’amor mio sei certo.
Giustino. Vedi colà quel villereccio 85 albergo?
Vattene a riposar. Sarò fra poco
Teco anch’io, se fia uopo.
Arianna.   Ah! sì, Giustino,
Vieni, e l’opra compisci.
Giustino.   Deh concedi
Che sull’augusta mano imprimer possa
Un umil bacio.

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Arianna. Sì,86 scarsa mercede

È questa alla pietà che di me avesti.
Mi sanasti le piaghe, e il viver mio
Dell’amor tuo, della tua destra è un dono. parte

SCENA VIII.

Anastasio e Giustino.

Anastasio. (Che udir di più, che più veder potea?)

Giustino. Quanti eventi in un dì! Ma d’Anastasio
Vadasi a rintracciar. Sappia ch’io fui
Della sua sposa il difensor, che a lei
Diedi la vita. Oh quali attendo, oh quante
Prove di vero amor dal cor d’Augusto 1
Eccolo: 87 oh mia ventura! Alto monarca,
Mi concessero i Dei...
Anastasio.   Scostati, indegno.
Giustino. Cesare, a me?...
Anastasio.   Sì, scellerato 88, attendi
Egual pena al tuo fallo.
Giustino.   È fallo dunque 89
L’aver pugnato, e l’aver vinto?
Anastasio.   Audace,
Non basta no l’aver pugnato e vinto,
Per coprir le tue colpe.
Giustino.   Oh Dei! che sento?90
Deh! se la sposa tua...
Anastasio.   Taci, superbo,
E non vantar in faccia mia l’orrore
Del tuo delitto.
Giustino.   (Io son di sasso! Arianna
Odia forse il suo cor?) Signor, s’estinta

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Brami Arianna...

Anastasio.   S’estinta io la volessi,
Poco mi costerebbe 91. Or l’ira mia
Te sol brama punir.
Giustino.   Ma di qual fallo?
Ma in che peccai?
Anastasio.   Chiedilo al cor profano;
Egli te lo dirà.

SCENA IX.

Amanzio e detti.

Amanzio.   Signor, ritorna

L’inimico a insultar. Vitaliano,
Raccolti i suoi guerrieri, a noi s’avanza
Minaccioso viepiù. Le nostre genti
Pronte sono al cimento, e a invigorirle
Util sarà la tua presenza.
Anastasio.   Andianne.
Quest’idra pertinace al fin s’atterri
Una volta per sempre.
Giustino.   (Ei riede al campo,
E di me non si cura, e non rammenta
Ciò che feci in suo pro colla mia spada?)
Deh! signor, per pietà...
Anastasio.   La pietà tace
Dove parla giustizia.
Giustino.   Usa giustizia
Dunque all’opere 92 mìe. Rammenta, Augusto,
Ciò che 93 feci per te.
Amanzio.   (Non andò invano
Il colpo ch’io vibrai). Taci, superbo,
Non irritar di Cesare lo sdegno.

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Giustino. Amanzio ancor m’insulta? Ad altro tempo

Risponderò. Signor, de’ miei nemici
Qualche insidia fu questa. Il ver fra poco
Si svelerà. Questa mia spada intanto
Tomi a pugnar per te.
Anastasio.   Della tua spada
D’uopo non ho. Resta, fellone, e attendi
Morte condegna al scellerato eccesso. parte
Giustino. Stelle! Che intesi mai?94 di qual eccesso,
Di qual colpa son reo?
Amanzio.   D’aver sì tosto
La capanna scordato, ove nascesti. parte

SCENA X.

Giustino, poi Eufemia con guardie.

Giustino. Traditore, t’intendo. È del tuo ingegno

Opra cotesta. Tu nel cor d’Augusto
Reo mi facesti, e per te reo mi crede.
Ecco di mie vittorie il premio ingiusto;
Ecco del mio servir la rea mercede.
Ah! mel disse il buon vecchio. Oh l’avess’io
Cautamente obbedito! Almen mi fosse
Rinvenirlo concesso. Ah! che dolente
Forse perì. Forse l’uccise il pianto.
Ed io ignoto a me stesso, ed io tradito
Nell’onor, nella fama, vivrò dunque
Incapace di gloria e in odio a tutti
Gli amici miei? No, no, vita sì indegna
Più di morte aborrisco 95. Appresi omai 96
Ciò ch’io posso sperar da quella cieca
Fortuna ria che il miser’uomo inganna.

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Voglio morir 97. Questa gloriosa spada

Termini i suoi trionfi entro al mio seno.
(vuol ferirsi. In questo Eufemia lo trattiene
Eufemia. Ferma, Giustin, che fai?
Giustino.   Tolgo dal mondo
La più misera salma.
Eufemia.   Ah! qual sventura
Ti opprime il cor? Perchè morir? Crudele
Perchè sei con te stesso?
Giustino.   Eufemia, parti.
Lasciami solo al mio dolore in preda.
Eufemia. Non partirò, se pria tu non mi sveli
La cagion del tuo duolo.
Giustino.   Il tuo germano
Reo mi crede, mi scaccia e mi vuol morto.
Eufemia. Ma reo di che?
Giustino.   Nol so; mi niega ancora
Le mie colpe saper.
Eufemia.   Lascia ch’io stessa
Per te a Cesare parli.
Giustino.   È vano.
Eufemia.   Ei mi ama;
Credi, mi ascolterà.
Giustino.   Deh! Principessa,
Deh! lasciami morir.
Eufemia.   Barbaro 98, è questa
La mercè che mi devi? Io t’amo, il sai,
Ed osi in faccia mia volger quel ferro
Al tuo bel seno ove il mio cor risiede? 99
Non ti credea sì crudo. Ah! non t’avessi
Veduto mai! Mori, Giustin, se morte
Più d’Eufemia ti cale. Io già fra poco
Ti seguirò. Ti seguirò, spietato,

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Amante no, ma disperata, eterna100

Nemica tua101. Colà fra l’ombre erranti
Vendetta chiederò. Ma questo pianto
Dovrebbe pur intenerirti. Io sono
Vile cotanto e di disprezzo degna,
Che nulla possa sul tuo cor? Deh vivi,
Deh ti movi102 a pietà del dolor mio!
Caro, tel chiedo per gli Dei del Cielo,
Per l’amor mio dirti non oso, eppure
Tal è l’amor che per te m’arde in 103 seno,
Che moverebbe a compassione un sasso.
Giustino. Ma se in vita rimango, ah! qual fatale
Vergognoso rossor cotesta vita
Mi costerà!
Eufemia.   Non dubitar; gran tempo
La menzogna non dura. Al cor d’Augusto
Favellerò. Prieghi, sospiri e pianti,
No, non risparmierò.
Giustino.   Ma in ozio vile
Dovrò restar mentre si pugna? Oh Dei!
Quest’è il maggior d’ogni tormento.
Eufemia.   Vanne;
Non ti vieto, Giustino, espor la vita,
Qualor104 ti accingi a gloriose imprese.
Vanne, pugna, trionfa 105, e il tuo valore
Faccia smentir le scellerate accuse.
Giustino. Ah! che mi vieta 106 il mio signor crudele
Ruotar in campo a suo favor la spada.
Eufemia. Vietar non può ch’uom valoroso e forte
Nel calor della mischia il braccio suo
Contro il furor degl’inimici adopri.
Vanne, sarà mia cura in faccia a lui
Giustificar il tuo coraggio.

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Giustino.   Oh! saggia,

Oh degna delli Dei fattura eletta!
Tu rinforzi il mio cor; tu quel coraggio
Che mi lasciò delle sventure in faccia,
Rendi all’alma confusa. Al campo io riedo.
Torno a pugnar107. Nell’amor tuo confido;
Parla per me; fa che m’ascolti Augusto.
Eufemia. Sì, non temer... Ma che vegg’io? Giustino,
Mira la pugna che ver noi s’avanza.
Sono i nostri respinti. Accorri, e salva
Il mio germano, il tuo signor.
Giustino.   Si vada,
E si muoia 108 glorioso, o l’innocenza
Di Giustino trionfi e il suo valore. parte

SCENA XI.

Eufemia sola.

Ah! fossi anch’io, come a ferir le belve.

Atta a pugnar degl’inimici a fronte!
Compagna del mio ben la stessa sorte
Correr vorrei; ma non mi lice esporre
Tra perigli di guerra il mio decoro.
Ah qual soffre ingiustizia il sesso nostro!
Manca forse il valor, manca la forza
Al nostro braccio? Ah no; se un dì la destra
Stringo del mio Giustin, vestir vuo’ l’armi.
Depor109 l’umile gonna110. A chi ci tolse
L’uso del brando, e la conocchia e il fuso
Poseci nella destra, il torto indegno
Veder farò111; pubblicherò io stessa

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Che l’uso manca e non la forza a112 noi;

E che, se fosse di regnar concesso
Al sesso nostro, non vedriansi tante
Strane follie per cui sì tristo è il mondo. parte

SCENA XII.

Amanzio con seguito di soldati.

Opportuno è l’incontro; or che respinti

Fuggono i nostri, e che la vita e il regno
D’Anastasio è in periglio, il mio disegno
Compiasi omai. Questo drappello eletto
Di guerrieri mi siegua 113. Amici, io sono
Cesare, se il volete. Al vostro affetto
Dovrò la mia fortuna. Andiam; ci aspetta
Sorte maggior. La notte omai vicina
Ci scorterà. La sanguinosa zuffa
Ognor114 s’avanza. Partiam noi; lasciamo
Che si struggan fra loro i due nemici.
Vinca l’un, vinca l’altro, avrà da 115 noi
Disputato la Grecia il vasto impero.
Seguite il mio valor, fidi compagni;
Tutti con voi dividerò gli acquisti 116. (parte col seguito

SCENA XIII.

Vengono combattendo i soldati d'Anastasio117 con quelli di Vitaliano che respingono gli altri. Sopraggiunge 118 Giustino in favor de’ Cesariani e si cangia119 la sorte fuggendo i primi respinti. Escono poi,

Vitaliano e Giustino.

Giustino. Cadesti alfin. (avendolo disarmato

Vitaliano.   Sorte spietata!

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SCENA XIV.

Anastasio con soldati, e detti.

Anastasio. Amici,

Ecco l’empio; s’arresti.
(ai soldati che fermano Vitaliano120
Giustino.   Accetta, Augusto,
Questa che t’offre il braccio mio fedele
Riguardevole spoglia...
Anastasio.   In quella torre
Sia custodito. (ai soldati, nulla badando 121 a Giustino
Vitaliano.   (Ah mio rossor I) Superbo, (ad Anastasio
Godi pur nel vedermi inerme e vinto.
Al valor di costui la tua vittoria
Devi però, non al tuo braccio. Un vile
Quale tu sei, mai non m’avrebbe122 oppresso.
(Vien condotto dai soldati nella torre che si vede 123 aprire, ìndi serrare da’124 medesimi.

SCENA XV.

Anastasio, Giustino e soldati.

Giustino. Signor, se di mercede...

Anastasio.   A me quel ferro.
Giustino. Il ferro mio?
Anastasio.   Sì, rendilo, fellone.
Giustino. Fellon chi ti difende? Chi al nemico
Tolse di pugno la vittoria, e diella
All’armi tue? Fellon chi Vitaliano
Sconfisse e disarmò?

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Anastasio.   Fellon chi seppe

Anastasio tradir. Chi la mia sposa
Tentò sedur; chi nell’onor mi offese.
Cedi tosto quel brando.
Giustino.   Augusto...
Anastasio.   Il brando.
Giustino. Eccolo, ma rammenta...
Anastasio.   Olà, fra lacci
Posto sia quell’audace.
Giustino.   Oh Dei! signore,
Odimi, sei tradito.
Anastasio.   Il so; Giustino
Del tradimento 125 è reo. Giustino mora. parte

SCENA XVI.

Giustino incatenato fra soldati.

Sogno? Son desto? Dove son? Qual voce

Meco parlò? Che intesi mai? Giustino
Del tradimento è reo? Giustino mora?
Reo di qual tradimento? Oh Dei! Creduto
Son 126 amante di Arianna? Io che la vita
Serbai ad essa, io dell’onor d’Augusta 127
Reo violator? Numi del Ciel, deh voi
Nota rendete l’innocenza mia I
Qual lascierò di me memoria al mondo?
M’accuseran di traditor le storie?
Servisse il caso mio d’esempio almeno
Ai mortali superbi e d’onor vaghi.
Ecco come il destin cangia in un punto;
Ecco come punisce il Ciel l’ingorda

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Mia vanità 128. Troppo d’un folle orgoglio

Le mire sollevai. Veggo pur troppo,
Che agli alti 129 arditi voli i precipizi
Seguono sempre; e tanto più funesti,
Quanto sono dall’uom meno aspettati.
(parte fra soldati


Fine dell’Atto Terzo.


Note

  1. Nell’autografo di C. Goldoni si legge: Figlio, da me t’involi? Hai cor, crudele ecc.
  2. Ms.: instanti.
  3. Ms.: lacrimar. C’è poi il punto fermo.
  4. Ms.: tante.
  5. Ms.: fraudi.
  6. Ms.: innorridisco.
  7. Ms.: t’.
  8. Ms.: Nel ms. le perole Gloria, Idolo e altre hanno l’iniziale maiuscola.
  9. Seguono nell’autografo goldoniano questi tre versi che mancano nell’ed. Zatta: Oh cecità de’ miseri mortali! — Quanto fatican più pe 'l loro danno — Di quel, che far avrian pe 'l loro bene.
  10. Segue nell’autografo del Goldoni questo passo che si trova abbreviato e alterato nell’ed. Zatta: un contentar se stesso — Con quanto lice, e quanto il Ciel concede; — Serbar le umane e le Divine leggi, — Amiche tanto alla natura istessa, — Forma la Gloria vera, e Gloria tale — Che non muore con noi, che non rimane — Per pochi dì fra i popolari, e vani — Plausi del volgo insano; ma sul dorso ecc.
  11. Ms.: Pensaci. Oh Dio! non ecc.
  12. Ms.: gente trista.
  13. Ms.: buggiardo.
  14. Ms.: un vano.
  15. Ms.: accieca.
  16. Ms.: a’ ribelli.
  17. Ms.: Che mi vogliono i Dei.
  18. Ms.: Privar di te.
  19. Ms.: son io.
  20. Nel ms. c’é il punto e virgola, a così dopo sarà.
  21. Ms.: ch’io.
  22. Nel ms. c’è punto e virgola.
  23. Ms.: presserval.
  24. Ms.: posso io.
  25. Ms.: Se hai.
  26. Ms.: Oh.
  27. Ms.: Dimelo.
  28. Ms.: In vano.
  29. Ms.: Va’.
  30. Ms.: s’avanza
  31. Nel ms. punto e virgola.
  32. Nel ms. c’è qui il punto interrogativo.
  33. Ms.: ai.
  34. Così nel ms.; nell’ed. Zatta: soffrir.
  35. Ms.: Fere.
  36. Nell’autografo era prima scritto: M’han già veduto; ma queste parole furono dall’autore cassate e sostituite con le altre che sopra ai leggono.
  37. Ms.: ripigliar.
  38. s.: gl’uomini.
  39. Seguono nell’antografo questi versi che nell’ed. Zatta furono alterati: Chetatecvi, ch’io vengo. Ecco la chiave; (apre colla chiave il cancello) — Ogni dì più la man si fà tremante — E scemando le forze... Ah qual d’armati — Strepito sento / Ecco un Guerrier; si fugga ecc.
  40. Così l’ed. Zatta. È da correggere fia?
  41. Ms.: al.
  42. Con nel ms.; nell’ed. Zatta per isbaglio è stampato vuo’.
  43. Ms.: gl'empj.
  44. Ms.: scelerati.
  45. Ms.: s'abbagliano.
  46. Ms.: Vitaliano anch’esso ecc.
  47. Nel ms. c’è la semplice virgola.
  48. Nell’autografo era scritto vil, ma fu cassato dall’autore.
  49. Nell’autografo era scritto gl’empj, ma fu cassato.
  50. Ms.: negano
  51. Ms.: strumento.
  52. Nel ms. c’è la virgola dopo Eccolo, e nessun segno dopo caso.
  53. Nel ms. c’è il punto fermo, e così dopo valse e dopo libertà.
  54. Ms.: Provido.
  55. Ms.: stragge.
  56. Ms.: con la.
  57. Nell’autografo era scritto: Tempo acquistar per risarcir miei danni, ma queste parole furono cassate e corrette dall’autore.
  58. Ms.: escite.
  59. Ms.: Apre il Cancello, poi disperato si dà alla Fuga.
  60. Nel ms. è aggiunto: dal Serraglio.
  61. Ms.: s’aventa colla spada.
  62. Ms.: Egli la combatte e l’uccide’.
  63. Ms.: segue.
  64. Ms.: spietata.
  65. Ms.: sul suolo.
  66. Nell’autografo era scritto: Palpita nel suo sen; me queste parole furono cassate dall’autore e sostituite da queste: Le palpita nel sen.
  67. Dopo sen c è il punto nel ms., e dopo vive la virgola.
  68. Nel ms. c’è il punto fermo.
  69. Nel ms., qui e sempre: gl’occhi.
  70. Ms.: annodar.
  71. Ms.: s’alza.
  72. Ms.: Allor che.
  73. Ms.: Adunque.
  74. Ms.: Ah qual mercede — Valoroso Garzon, darti poss’ io?
  75. Ms.: fra di loro, sino che forte parlano li due che sopraoengono.
  76. Nel ms. c’è il punto interrogativo.
  77. Ms.: Stragge fatta.
  78. Nel ms. c’è punto e virgola.
  79. Nel ms. c’è l’interrogativo dopo fo, e la virgola dopo Signore.
  80. Ms.: tiene.
  81. Ms.: Ch’oggi.
  82. Così nel ms.; nell’ed. Zatta per isbeglio è stampato: tant’ei.
  83. Nel ms., per isbaglio: vuo’.
  84. Ms.: Abbreviar mi potria.
  85. Così il ms.; nell’ed. Zatte: villareccio.
  86. Nel ms. c’è il punto.
  87. Nel ms. punto fermo.
  88. Nel ms., qui e sempre: scelerato.
  89. Ms.: adunque.
  90. Nel ms. c’è il punto esclamativo.
  91. Così il ms.; nell’ed. Zatta: costarebbe.
  92. Così il ms.; nell’ed. Zatta, per isbaglio: opre.
  93. Ms.: ch’io.
  94. Nel ms. c'è l’esclamativo.
  95. Ms.: abborrisco.
  96. Nel ms., qui e sempre: ormai.
  97. Ms.: Morir vogl’io.
  98. Nel ms. c’è l’esclamativo.
  99. Ms.: il mio cuor
  100. Ms.: e cruda.
  101. Nel ms. c’è punto e virgola.
  102. Ms.: muovi.
  103. Ms.: Il.
  104. Ms.: Qual'or.
  105. Ms.: Pugna, e trionfa.
  106. Ms.: m’impose.
  107. Nel ms. c’è qui punto e virgola, e il punto fermo dopo confido.
  108. Ms.: mora.
  109. Ms.: Deppor.
  110. Nell’autografo seguono queste parole: e ogn’altro abietto — Femminile ornamento. A chi ci tolse ecc.
  111. Nel ms. c’è punto fermo.
  112. Ms.: In.
  113. Ms.: segua.
  114. Ms.: Ogn’or.
  115. Così nel ms.; nell’ed. Zatta si legge: di.
  116. Ms.: gl’acquisti.
  117. Ms.: li soldati di Anastasio.
  118. Ms.: Sopragiunge.
  119. Ms.: cambia.
  120. Questa didascalia che si trova nell’autografo, manca nell’ed. Zatta.
  121. Ms.: abbadando.
  122. Ms.: Quale tu sei non mi averebbe ecc.
  123. Ms.: Viene condotto da’ Soldati nella Torre che vedesi ecc.
  124. Ms.: dalli.
  125. Nel ms., c’è punto e virgola.
  126. Ms.: Sono.
  127. Ms.: onoro Augusto.
  128. Ms.: come punisce il giusto Cielo — La vanità.
  129. Ms.: Ch’agl’alti ecc.