Giuochi ginnastici raccolti e descritti per le scuole e il popolo/Parte prima. Preliminari/I giocatori
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V. GIOCATORI.
1. Capigiuoco e Capipartito.
Prima di cominciare le gare il Direttore o i ragazzi stessi designano chi deve stare a capo del giuoco o dei partiti 1, e gli eletti sono vestiti del potere di esigere sottomissione e ubbidienza dai loro compagni; di consigliarli, stimolarli, ammonirli quando ne riscontrano il bisogno; d’invigilare perchè la gara proceda regolarmente da parte degli avversari, e, se occorre, di richiamarli all’osservanza dei patti fissati.
S’intende che questi Capi dipendono dagli ordini del Direttore e dei suoi Assistenti.
2. Tirare a sorte.
Quando si tratta di stabilire chi sarà il primo a giocare o a fare una data cosa, o si vuol determinare a chi toccherà la parte vantaggiosa del giuoco e a chi la meno comoda e gradita, o chi avrà la precedenza nella scelta per la formazione dei partiti, i giocatori tirano a sorte in una delle maniere seguenti.
a) A pari e caffo (o a pari e dispari), consiste nell'indovinare che fanno due giocatori se il numero delle dita da loro distese nello stesso tempo sarà pari o dispari. Chi indovina vince.
I Latini chiamavano un giuoco simile: Ludere par impar e i Greci: Artiasmos.
b) A bruschette, si fa pigliando due fuscelli di paglia di differente lunghezza e tenendoli in mano accomodati in modo che non si veda se non uno dei capi; uno tira fuori un fuscello, e vince se estrae il maggiore o il minore secondo che ha dichiarato prima.
c) A punta o capocchia, si fa per lo più tra ragazze. Una si nasconde entro il pugno uno spillo e fa indovinare alla compagna da qual parte sia la punta e da quale la capocchia.
d) A testa o corona. Uno getta in aria una moneta di rame chiedendo al compagno: Testa o corona? e quando ricade l'afferra nel pugno; se rinterrogato indovina da qual parte la moneta resterà scoperta, allorché l’altro apre la mano, vince.
Il giuoco fu già in uso presso i Romani i quali dicevano: Aut caput aut navim, gettando in aria una moneta con la testa di Giano da un lato ed il rostro di una nave dall’altra. — Al tempo dei Medici in Firenze dicevasi: Palle o Santi, perchè nelle monete da una parte vi erano sei palle (stemma dei Medici) e dall’altra l'effigie di S. Giovanni, protettore di Firenze. Tuttora nel giuoco: — A cappelletto — che fanno i fanciulli toscani mettendo delle monete dentro un cappello, quegli tra loro che, dopo averle agitate, arrovescia il cappello in terra e tiene coperti i quattrini, domanda al compagno: Palle o Santi?; e l’altro vince tante monete quanti sono i quattrini che scoprono la parte da lui nominata.
e) Al tocco (al conto), I giocatori si dispongono in cerchio, e mentre uno dice mio, gli altri rispondono tuo2, e buttano quanto credono, cioè aprono tante dita della destra, quante lor piace. Uno di loro somma prima il numero delle dita aperte, e indi conta da destra a sinistra i compagni, finchè non sia finito il numero risultato dalla somma. Quegli su cui finisce il conto, si dice che ha il conto addosso, e vince o perde secondo che hanno prima convenuto.
f) Le fanciulle sogliono anche fare al conto o al tocco in quest’altra maniera. Si dispongono in giro, e una di loro dice una filastrocca in versi o una canzonetta con cantilena e accentuazione speciale, e tocca, ad ogni accento, il petto di ciascuna delle compagne. Quella sulla quale cade l'ultima sillaba, è la designata dalla sorte.
Per esempio in Toscana dicono:
Sotto la pergola nasce l’uva |
Oppure:
Quindici, quindici per l’appunto, |
Ogni regione è ricca di simili canzonette numeratone, delle quali il Bacci, il Gianandrea, l’Ungarelli, il Pittrè ed altri fecero raccolte ampie e graziose. I fanciulli sono i primi a conoscerle; e chi dirige i loro giuochi non ha che da scegliere le più opportune.
3. Formazione dei partiti.
a) Un tempo i fanciulli nei loro giuochi solevano dividersi così. Pigliavano tanti fili quant’erano i giocatori, la metà lunghi e la metà corti: uno di loro li accomodava in mano o fra due assicelle in modo che non si vedesse se non uno dei capi, e gli altri, uno per volta, levavano detti fili: quelli che avevano i lunghi andavano da una parte, e quelli che avevano i corti dall’altra3.
b) Ora il modo più spicciativo per dividersi in partiti é questo I due Capipartito si mettono accanto, nel mezzo, davanti ai compagni schierati in riga, e fanno a pari e caffo: il vincitore è il primo a scegliere quello che più gli piace, l’altro è secondo. I due primi scelti, appena chiamati, corrono, uno da una parte e l’altro dall’altra, accanto ai loro Capi: poi vengono chiamati nello stesso ordine a coppia a coppia tutti gli altri. A ripartizione completa, i giocatori si trovano schierati in una riga sola, coi Capipartito nel mezzo e coi due ultimi arrivati alle estremità.
4. Occupazione dei compartimenti.
Terminata la spartizione dei giocatori i due capi fanno ancora a pari o caffo, e il vincitore può scegliere o il vantaggio di cominciare il giuoco o quello di occupare la parte del campo ritenuta la migliore, a cagione delle qualità del suolo o della sua esposizione all'aria o al sole: scegliendo il primo vantaggio, all’altro partito per diritto rimane il secondo, e viceversa.
5. Numerazione e contrassegni.
Quando i giovani devono partecipare al giuoco e compierne l’azione principale in un dato ordine numerico, i due Capi, prima di occupare il campo, o lasciano i loro compagni nell’ordine in cui vennero chiamati o li dispongono per altezza per attitudine e abilità: poi li numerano progressivamente dal due in avanti, perché il numero uno d’ordinario spetta al Capopartito, e distribuiscono a ciascuno il contrassegno numerato di cui s’è fatto cenno (III. 2 b, pag. 10).
6. Schieramento ordinario.
a) Per righe. Allorché le due schiere si si sono messe d’accordo sul diritto dell’occupazione del campo, e sono state numerate, si voltano una verso l’altra, ossia quella che forma la parte destra della riga il fianco sinistro; e l’altra fa il contrario; poi con un per fila verso la stessa direzione, marciano unite e guidate dai loro Capi, che si trovano sempre uno accanto all’altro, fino alla metà del campo. Ivi giunte si voltano a fronte infuori, e vanno ad occupare il loro compartimento; da ultimo si schierano come é richiesto dalle regole del giuoco, e si preparano a dar principio alla gara.
b) In circolo. Alle volte un giuoco richiede che coloro i quali vi partecipano debbano essere in circolo, e in tal caso è opportuno che lo schieramento avvenga così. Tutti i giocatori si dispongono in mezzo al campo in due righe, graduate tutt’e due secondo lo stesso ordine di statura, e voltate una dirimpetto all’altra (a fronte indentro), poi al comando: Indietro in circolo, ognuno gradatamente retrocede più o meno, secondo il posto che occupa; finchè riesce formato il circolo della grandezza voluta.
c) Il circolo si dice a prima distanza, quando ogni giocatore col braccio destro disteso in fuori tocca quasi la spalla del suo vicino.
d) Si dice a seconda distanza, quando tutti con le braccia distese all’infuori, si trovano a pochi centimetri d’intervallo dagli apici delle dita dei vicini.
Occorrendo di allargare il circolo, i giocatori retrocedono: per restringerlo si fanno avanti.
7. Principio del giuoco.
Non si può iniziare nessun giuoco se non dopo il permesso del Capo, manifestato o col comando: Cominciate, o con un segnale convenuto, dato con un fischietto o con un piccolo corno. Senza questo comando il giuoco non ha alcun valore.
8. Interruzione del giuoco.
Quando in via ordinaria o straordinaria il Direttore deve interrompere il giuoco, dà il comando o il segnale dell’alt: dopo questo tutti i giocatori hanno l’obbligo di fermarsi istantaneamente.
9. Contegno dei giocatori.
S’intende che, coll’intervenire a un giuoco, ciascuno si obbliga di osservarne le regole e i patti, di sottomettersi a tutte le pene nelle quali potesse incorrere, e di accettare tutti gli uffici che gli vengono assegnati. I giuochi hanno il loro codice che a nessuno è mai permesso di violare impunemente. Quando questo avvenisse, i Capi devono chiamare all’ordine i trasgressori, e possono anche escluderli dal Campo, se non volessero correggersi.
Neppure può prender parte al giuoco chi non è pronto agli ordini di chi dirige il Campo, chi non si sottomette ai voleri della sorte e ai desideri dei Capi, chi non sa trattare bene i compagni, e non considera il giuoco come un’amichevole gara e una lotta cortese.
Ognuno sa che come non v’ha gioia senza noia, così non v’è giuoco senza perdita. Ma, quantunque sia vero che il perdere fa cattivo sangue, e che chi va in gogna non fa il servizio volentieri, i giocatori per altro che perdono non devono dimenticare che una volta corre il cane e l’altra la lepre, e che egli è sempre da pregiare, chi ha perduto e lascia andare.
10. Alcuni termini di giuoco.
Dare o rimettere la palla — si dice in generale per tirarla verso quelli coi quali si giuoca, senza considerare il movimento del braccio, che si fa per inviarla o rimandarla.
Lanciare la palla — inviarla a uno con movimento del braccio disteso da indietro in avanti.
Gettare la palla — scagliarla contro uno allo scopo di colpirlo, e come gli si tirerebbe una sassata.
Spingere la palla — rimuoverla con forza passando rapidamente da braccio flesso a disteso.
Dare, ripigliare o rimettere la palla di posta (a volo) — ossia prima che arrivi a terra.
Dare, ripigliare o rimettere di balzo — ossia dopo che ha battuto terra ed è tornata in su.
Di sopra mano — riferito all’impugnatura, vuol dire prendere la palla di sopra; e riferito alla maniera con cui si dà o si rimette, significa movimento di mano da alto in basso.
Di sotto mano — significa o prendere la palla di sotto inviarla con movimento di braccio da basso in alto.
Toccato! — È la parola che deve dir sempre, e ad alta voce, il giocatore, quando raggiunge nella corsa un avversario e lo tocca leggermente nelle spalle. Senza questa parola, l’azione di toccare è considerata come non avvenuta.
Note
- ↑ Gli spartani, per legge di Licurgo, a’ ragazzi di più di sette anni preponevano, come Principe, il più savio tra loro, che sopraintendesse ai loro giuochi (Plutarco: Vita di Lic.)
- ↑ Per significare: toccherà a me o toccherà a te.
- ↑ Il Malmantile, colle note di Paolo Minucci; Canto 2, st. 39, Firenze, F. Moücke, 1750.