Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. IV/Libro I/VI

Libro I - Cap. VI

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CAPITOLO SESTO.

Navigazione sino alla Città di Nancian

fu Metropoli della Provincia di Kiansi.


M
I ritrovai sì debole la Domenica 11. per lo rilascimento del corpo, che non potei partire, benche la barca stesse apparecchiata.

M’imbarcai dunque Lunedì 12. dopo vespro: e nel medesimo tempo partissi la barca a seconda della corrente fra altissimi monti; poiche l’istessa Città di Nanganfù è a’ piedl di quelli, e tutta coronata da loro all’intorno. Femmo alto al cader del Sole nel Villaggio di Scimaun.

Martedì 13. uscendo dallo stretto de’ monti incontrammo più barche, che per l’angustia del letto del fiume ne furono alquanto d’impedimento; in tanto che non potemmo seguitare, se non lentamente il cammino. Venimmo con tutto ciò a fermarci la sera nel Villaggio di Sincin; il recinto delle cui mura gira più di mezzo miglio, et hà il suo Borghetto da lato.

Mercoledì 14. con tre ore di giorno passammo Nan-can-xìen posta a sinistra [p. 54 modifica]del fiume. Ella è lunga un miglio, con Borghi anche nell’opposta riva; passarebbe in Europa per Città, ma i Cinesi le dan nome di Villa, benche cinta di mura. Ha buone botteghe, ed è ben popolata. Mentre passavamo, entrò un Mandarin in una bella barca coperta, e dipinta, al suono di flauti, e di timpani, con lo sparo di falconetti. Dimorammo la notte nel Tanfù, o guardia di Sintan.

Giovedì 15. pernottammo a Xuan-chien picciol Villaggio, dove sopravenne la prima pioggia dopo ch’entrai in Cina.

Di buon’ora Venerdì 16. fummo nella Città di Canceufu; in cui, come in tutte le Città di quell’Imperio ne’ monti, e colline vedonsi Torri molto antiche, le quali i Cinesi chiamano Pautà. Son quelle alte 150. palmi, e alcune anche maggiori; terminano nella cima con una lunga pietra lavorata a nodi; son di sei, o pure otto angoli. Aveva quella di questa Città nove ordini, o cornicioni, con sei finestre per ciascuno, accioche si mirasse da ogni angolo. A che fine fussero quelle fabbricate, varie sono l’opinioni de’ Cinesi: mentre alcuni dicono, esser stato per custodia, ponendovi al bisogno le sentinelle, a fine [p. 55 modifica]d’avvertire i Cittadini dell’arrivo de’ nemici: altri affermano, che per augurio ciascuna Città l’erigga: ma io quanto a me giudicherei, che sopra tutto fusse stato l’intendimento di coloro, i quali prima le fabbricarono, di render con quelle più magnifiche, e ragguardevoli le Città, ponendole per lo più sempre intorno alle porte, e a veduta di coloro, che vi entrano.

Credeva io tosto partire, ma il mal costume della Cina mi fè quivi indugiare un giorno, per dover esser visitata la barca dai Doganiere, il quale non suol far la visita che una volta al giorno; due ore dopo alzato il Sole; di modo che le barche, che giungono dopo, bisogna che dimorino sino al dì seguente.

Fui dopo desinare a veder la Chiesa de’ Padri Gesuiti Francesi. E’ quella picciola, ma ben’ornata: è l’abitazione acconcia per un Religioso servito da otto famegli. Non vi ritrovai il Superiore, perche era andato ad alcuni infermi Cristiani. La Città è nel piano del Colle grande, e vaga, con buone, e ricche botteghe; è cinta di mura, ed hà i suoi Borghi, anche per la riva opposta. Le case sono ottime all’uso del paese: e le strade ben lastricate, e dritte. [p. 56 modifica]

M’avvisai chiaramente quanto folle, e temerario fosse il mio proponimento d’andar vagando per istrani, e nuovi Paesi, con que’ due Servidori Cinesi da me non conosciuti, i quali non intendevan la mia lingua, nè tampoco io la loro. Ma nondimeno, da che determinato aveva di girare il Mondo, convenivami ciò fare, senza temer di rischio, o sventura alcuna, che me n’incontrasse; non potendosi altramente viaggiare, spezialmente da chi è vago di vedere, e di saper per minuto le cose, che ci sono. Voleva io quivi cambiare il mio Servidor maggiore, per esser egli alquanto temerario; ma mi fu detto, che il dovesse sofferire: potendo io agevolmente capitar nelle mani d’altro, che fosse ladro, e peggiore.

Sabato 17. dopo il tiro di trè mortaretti vennero gli due Mandarini Doganieri a dispacciare le Barche. Sederono in forma di Tribunale sotto una Baracca sopra il fiume, dove erano medesimamente tre Barche ben coperte con due bandiere grandi, e dieci picciole, in ciascuna delle quali pendevan code di Cavalli, e crini tinti di rosso. Compiuta la visita ne diedero licenza di partire. Ponemmoci in cammino due ore prima di [p. 57 modifica]mezzo dì. La giornata fù per un fiume pieno di pietre, fra le quali correva rischio la Barca; le rive nondimeno erano ben popolate. Giungemmo la sera nella Guardia, e Villaggio di Jeùcin.

Domenica 18. per lo medesimo fiume così ancor pietroso continuando il viaggio, tre ore prima di farsi notte lasciammo alla riva destra Guanganxien, Città cinta d’un miglio di mura, di figura quasi quadrata. Tardi giungemmo in Pechiazun, Villa posta alla riva destra; essendovi all’opposta un’altra Villa detta Sciauceu. Il numero delle miglia era malagevole a misurare, perche la Barca andava lentamente, e non si usava, fuor solamente che uno, o due remi, un posto al timone, et altro per fianco, i quali serpeggiavano, e giravansi nell’acqua senza mai cavarsi fuora: la qual cosa i Portoghesi dicono lio lio, ed i Cinesi in quella Provincia Jaùnù. Senza che il fiume quivi sempre faceva volte, onde era doppio il cammino; I Cinesi misurano per lij, che ciascun si compone di 260. passi, facendo d’ogni tredici di quelli una lega Spagnola.

Lunedì 19. a mezzo dì per la riva sinistra vidi la Villa di Tayxoxien, cinta di [p. 58 modifica]buone mura per la lunghezza d’un miglio, con le sue due Torri da’ lati, et un’altra lontana due miglia; la quale i Cinesi sogliono fabbricar per ornamento. Posammo nella Guardia del Villaggio di Tuncinpa.

Martedì 20. di buon’ora passammo un gran Villaggio alla riva destra del fiume, detto Cianchiatu: a cui era un’altro opposto, detto Pesciata. Appresso ne vidi molti altri, spezialmente Junfù. Dopo mezzo dì giugnemmo in Kignanfu. Venuta la sedia del Padre Gregorio Ybañes Valenziano, e Missionario riformato, andai nella casa, che colui quivi teneva per la sua Missione: ove riposai tutto il dì, e la notte, venendo tutti i Cinesi Cristiani a visitarmi. Questa casa quattro anni addietro erasi comprata: nè ancora eravisi fatta abitazione, nè Chiesa, ma si celebrava in una cappelluccia il Sacrificio della Messa. La Città è posta a sinistra del fiume: et è ben grande, essendo una lega lunga col Borgo da Mezzo dì: è cinta di buone mura, et hà buone strade, e botteghe.

Mi disse il Padre Ybañes, ch’il Cixen, ò Mandarin di Giustizia avea publicato ordine, che non si adorassero Idoli: e [p. 59 modifica]ch’avea fatto bastonare, non aveva molti giorni cinque Bonzi, et un’altro stare un dì al Sole in ginocchioni, perché non gli avevano impetrata la pioggia, come s’erano vantati d’ottener da’ loro Idoli.

Tardi partiti Mercoledì 21. alla destra del fiume lasciammo una buona Villa murata, che dicesi Kisciuyxien, da ciò che quivi scaricasi un’altro fiume in quello, dove noi andavamo. La sera restammo nella Guardia di Zunchianuan.

Giovedì 22. alla sinistra riva lasciammo la Villa di Sciakian-xien, dove un lungo muro comincia dalla parte di Mezzo dì, e montando per l’altezza d’una montagna corre per più monti nudi d’alberi, e dall’altra parte girando scende dall’opposta a Settentrione, con più di quattro miglia di mura certamente niente utili, non essendovi abitazioni sopra di que’ Monti. Giudicai nondimeno che tanta fabbrica poteva esser stata fatta a fine di chiudervi entro dalla parte de’ Monti gli animali in opportunità di guerra.

Per lo fiume si vedon infinite barche, in cui tutto si trasporta, costando poco la fabbrica di quelle, e’l nolo, poiché son fatte di tavole grossamente composte, larghe [p. 60 modifica]sotto, e coperte di canne diligentemente aperte: delle quali ancor lavorano le vele, le funi, e gli alberi, essendovene abbondanza grande nella Cina: e trahendosi per l’istesso fiume quantità di legni legati insieme. Impiegasi quivi ciascuno a procacciarsi da vivere, così in terra, come in acqua: e con tanta diligenza vi s’adoprano, che ammirasi dagl’istessi Europei la lor tanta varietà degli artificij, e degli ordigni da pescare; poiche oltre a tutti i nostri, ch’eglino ancor usano, n’hanno altressì degli altri lor particolari: sicome è far boschetti di piccioli alberi in mezzo al fiume, allettando così i pesci all’ombra, per poi chiudergli con pareti di canne, e prendergli. Cacciansi ancora innanzi più Uccelli, che chiaman Lugzu (son Corvi Marini), i quali tuffandoli sott’acqua prendono i pesci piccioli, e grossi, cavando prima loro gli occhi col becco; ma i pesciolini solamente ingojar si possono; perciòche i diligenti Cinesi legano lor nella gola un laccio, che non permette quella sbarrarsi ad ingoiar i pesci grandi: e sì eglino poi gli raccolgono. Caccia in vero dilettevole, e molto usata nella Cina; tenendo ogni pescatore più Uccelli per farla, senza logorarvi spesa [p. 61 modifica]alcuna per lo mantenimento di quelli. Nel fiume medesimo presso la Città altri s’impiegano a cernere l’arene per cavarne Argento, o Rame, o Ferro; poiche non più che da dieci anni addietro quivi s’è introdotta la moneta di Zien, ò Ciappe, (usandosi prjma di tagliar l’argento) onde agevolmente per la casa se ne perdeva fra l’immondezze, che si gittavano al fiume. In Canton per una pezza d’otto si davano 1140. ciappe, ma nella Provincia di Kiansi non si cambia più di 750. non correndo la moneta di rame d’una Provincia in altra. La giornata si continuò fra rive ben accasate. Tre ore prima, che tramontasse il Sole si rinforzò il vento Norte sì furioso, che ci costrinse a fermarci nell’opposta riva della Villa di Sincanscen a destra del fiume: la qual cosa avviene spesse volte; perciochè la metà dell’anno soffia tal vento, contrario a chi passa al Norte. Cadde la notte una buona pioggia.

Venerdì 23. per l’acqua non potendo andare avanti, posammo nella Guardia di Chincioètan. Usano quivi in tali tempi i Contadini alcuni mezzi tabarri, e vesti fatte dell’interiori cortecce degli alberi, anche con cappucci, che riparan dal [p. 62 modifica]freddo, e dall’acqua assai bene.

In questo nojoso viaggio i miei fanti m’assisterono con affetto, spezialmente il giovane, il quale tutto che non intendesse la lingua, col desiderio nondimeno procurava servirmi a’ cenni. E veramente egli oprava il tutto con mia soddisfazione perciocchè i Cinesi fanno i servigj acconciamente, ed hanno certe maniere particolari, e ingegnose; con pochi strumenti san fare quel, che altre nazioni non farebbono con molti. S’egli fosse voluto venire in Europa, l’avrei menato volentieri al mio servigio, perche non mai fui tanto ben servito dagli Europei. Apparecchiano tutto in Cina con manteca di porco, non usandosi quivi quella di vacca, nè olio, ancorche sia Venerdì, o Sabato, perche non vi ha olio di oliva, ma sol di giurgiulena, o d’altri semi per logorarsi ne’ lumi, o da alcun povero nella cucina.

Rimesso il vento riprendemmo il viaggio Sabato 24. andando per paese molto popolato; e dopo aver passate le Ville di Xòpù, Juntay, e Ciansciuy, restammo in quella di Janzu-ceu.

Domenica 25. di buon’ora passammo per la Villa di Funcien, restando la sera in quella di Senmi. [p. 63 modifica]

Lunedì 26. prima di nascere il Sole fummo in Nancianfù, Metropoli della Provincia di Kiansi. Postomi in sedia andai alla Chiesa de’ Padri Gesuiti; dove non trovai il Superiore, per esser partito alquanti giorni prima per Canton. Restai nondimeno in casa fin attanto che si disponesse ciò che bisognava per passare avanti. La Chiesa è picciola, e l’abitazione agiata.

Questa Città, e Provincia è governata per un V. Re, e più Tribunali. Ella è ben grande, ma nella parte di sù ha molti campi, e giardini, per mancanza di abitatori: e nondimeno per le piazze, e strade pubbliche si va molto stretto, per la gran calca delle genti, che s’incontrano.

Le botteghe son ricche all’uso Cinese: le strade ben dritte, e selciate; ma di dovervi ritrovare vaghi, e belli edificj nè quivi, nè in altri luoghi della Cina si può sperare; perciocchè siccome le Città tutte quivi son fatte su d’un modello, così ancora vi son fabbricate le case con le stanze tutte in piano, basse, e composte di mattoni, o di loto, poche vedendovisi, di pietra. Non han finestre su le strade, ma il lume ricevon solo dal cortile, dentro a cui stanno all’intorno le camere [p. 64 modifica]tutte. Nel fiume entro le barche vi è altra Citta de’ marinari per far viaggio, e de’ pescatori, che vivono della pesca. I Mandarini han magnifiche barche, con la poppa sì alta, come un vascello, e con più stanze dentro ben dipinte, e dorate, sì larghe sotto, come sopra: per potere andar nel fiume a diporto quando lor piace.

Vedonsi in quelle barche più lance di legno, con code di cavallo rosse appese, e timpani, e flauti; conoscendosi dalla quantità di tali cose la dignità dei Ministro, che vi và dentro.