Giambi ed epodi/Libro II/A un heiniano d'Italia
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Quando a i piaceri in mezzo od a i tormenti
Arrigo Heine crollava
La bionda chioma ed a i tedeschi venti
4Le sue strofe gittava,
E le furie e le grazie de la prosa
Folli feroci e schiette
Ei liberava da la man nervosa
8Qual gruppo di saette,
L’ombra del suo pensiero, ombra di morte,
Da i suon balzava fuora,
E con la scure in man battea le porte
12Gridando — È l’ora, è l’ora! —
Dal viso del poeta atroce e bello
Pendea, ridendo, il dio
Thor, e chiedea, brandendo il gran martello,
16— Ch’io picchi, figliuol mio? —
Sotto il vento de’ cantici immortali
Piegavano croscianti
Le selve de le vecchie cattedrali
20Con le lor guglie e i santi:
Rintoccava, da i culmini ondeggiando,
A morto ogni campana,
E Carlo magno s’avvolgea tremando
24Nel lenzuol d’Aquisgrana.
Quando toccate, o tisicuzzo, voi
Il chitarrin cortese,
Mugghian d’assenso tutti i serbatoi
28Del mio dolce paese.
Le canzonette, assettatuzze e matte,
Ed isgrammaticate
Borghesemente, fan cagliare il latte
32E tremar le giuncate.
Deh, come erra fantastico il belato
Vostro via per l’acerba
Primavera! O montone, al prato, al prato!
36O agnello, a l’erba, a l’erba!
Il garofolo giallo e la vïola
Vi sorridon gl’inviti:
Ah ghiottoncello, a voi fanno piú gola
40I cavoli fioriti?
Brucate, ruminate, meriggiate
E belate a i pastori;
E, se potete, i bei cornetti armate
44Pe’ i lascivetti amori.
Con due scambietti poi l’ebete grifo
Ponete, oh voi beato!,
Su le ginocchia a Cloe, se non ha schifo
48Del puzzo di castrato.
giugno 1872.