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giambi ed epodi | 509 |
pag. 473, v. 20. Questo verso mi attirò dal Fanfulla (3 gennaio 1873) una specie di recensione di certo mio scritto sul Centenario di L. A. Muratori, nella quale mi erano, fra le altre, attribuiti de’ versi su Vittore Hugo che io non ho mai scritti.
Aggiunta alla seconda edizione. “Del resto Fanfulla li citò [quei versi su V. H.] a dimostrare che in altri tempi il Carducci era stato fieramente avverso a Vittore Hugo, da lui oggi lodato e talora imitato. Se questo non si dimostra co’ sonetti apocrifi, si dimostra con altri scritti innumerevoli del Carducci e mi basta.„ Così il Fanfulla, rispondendo nel suo num. del 28 settembre 1873 alla noticina di sopra. Ecco: o che farebbe il Fanfulla, se io lo invitassi a citare quegli innumerevoli scritti?
pag. 474, v. 19. Avverto che questo è un verso fatto alla foggia di quel del Foscolo Antichissime ombre e brancolando e di altri italiani e latini. Io non amo per niente il verismo dei versi che non tornano.
XXV) Vedi Confessioni e Battaglie (Opere di G. Carducci vol. IV), Bologna, Zanichelli, 1890, pag. 246 e segg.
XXVIII) Questi versi furono composti su la fine dell’ottobre 1874, quando pareva imminente in Francia la restaurazione della monarchia tradizionale nella persona di Enrico Carlo Ferdinando d’Artois conte di Chambord salutato da’ suoi Enrico v. La nascita del “figlio del miracolo„ fu cantata da due grandi poeti, Alfonso di Lamartine e Vittore Hugo. Né volli certo oltraggiarne la fine io, poeta “minorum gentium „. La visione feroce e grottesca della impossibilità d’una restaurazione borbonica mi venne dalle condizioni e circostanze politiche della Francia. Del resto io ho sempre creduto che il conte di Chambord sostenne con dignità l’esilio, e ammirai l’animo veramente nobile dell’uomo nel rifiuto di sacrificare all’ambizione di essere re vano lui la bandiera per la quale e