Già lieto a' cenni tuoi venni sovente
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VII
AL SIGNOR
D. GIOVANNI MEDICI
Per la morte del Principe D. Francesco.
Già lieto a’ cenni tuoi venni sovente,
Signor, pregio de’ versi ond’io mi pregio,
E la cetera mia d’oro lucente
4Fei risonar del tuo valor egregio;
Or non così; chè d’Aganippe il fonte
Torbido bevo, e da mestizia oppresso
Del domestico allôr spoglio la fronte,
8E vi pongo in sua vece atro cipresso,
Lachesi acerba! ah che terribil’ira
Oltra l’usato stil m°avvampa in core;
E cou cordoglio a bestemmiar mi tira,
12Ingiustissima Dea, vostro furore!
Sol venti volte il Sol per vie distorte
Aprile addasse alla stagion fiorita,
Che con orrido ghiaccio iniqua morte
16Vinse il vigor di così nobil vita?
Su su, Vergine Clio, meco discendi
A far sull’Arno lamentevol suoni:
Ma tu quinci, Signor, forse riprendi,
20Che sì forte alla pena io m’abbandoni.
Tu saldo in campo ogni mortal cordoglio,
Ove ti sfidi in paragone, è vinto;
Nè vien flutto di duol, che dallo scoglio
24Del magnanimo cor non sia respinto.
Pensi, che Morte ne minaccia a tergo;
Che come vento il nostro dì s’avanza,
Che sulle stelle è sempiterno albergo,
28E che la terra di poche ore è stanza.
Questa è scola d’eroi, dalle cui norme
Unqua vero valor non si scompagna:
Io, che dal vulgo vil non torco l’orme,
Dico: è ragion che nel dolor si piagna.