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del chiabrera 73

Questa è scola d’eroi, dalle cui norme
     Unqua vero valor non si scompagna:
     Io, che dal vulgo vil non torco l’orme,
     Dico: è ragion che nel dolor si piagna.

VIII

PER PIRRO STROZZI

Fu morto in Francia combattendo contro gli Ugonotti.

Questo sì chiuso orrore,
     Ove almo aprile unqua non apre un fiore,
     Ma tra doglia, tra pena,
     Tra’ gemiti infiniti
     5Afflitta Filomena
     Iti risuona ed Iti,
     È certo ermo ricetto,
     Ove io disfoghi il petto.
     E degli Strozzi miei pianga il diletto.
10Quando suoi chiari onori
     Andrò cantando, io fuggirò gli orrori,
     E tra’ palagi alteri,
     Cui lieto Arno rimira,
     Tra dame, tra guerrieri
     15Percoterò la lira;
     Ora gravosi accenti,
     Acerbi aspri tormenti,
     Schifi del chiaro Sol fuggon le genti.
Tal già vedovo amante
     20Pianse Orfeo tra’ deserti e tra le piante,
     E con cetra funesta
     Sulle Strimonie rive
     Frenò per la foresta
     Le fere fuggitive;
     25Che alle note dogliose
     Su per l’Alpi selvose
     Mossero i monti l’alte cime ombrose.
Lasso lui, che d’un guardo
     A consolarsi il cor non fu più tardo;
     30E mentre il re disprezza,
     Ch’Erebo atro governa,
     Lasciò tanta bellezza
     Entro la notte eterna.
     Ben querela aspra e dura
     35Fe’ poi di sua sventura:
     Ma crudo inferno il lamentar non cura.
Oh se l’agevol legge
     Mi desse Lui, che i cieli ampi corregge
     Certo fora sofferto
     40Un sì corto desire
     E fora il calle aperto,
     O Pirro, al tuo venire;
     Ma qui pensando è vana
     Ogni speranza umana:
     45Là dove Atropo squarcia, arte non sana.
Dolce licor per morte
     E pianto, e via miglior quanto più forte;
     Dunque versate, o lumi,
     Tepide onde, versate:
     50Ed in duo caldi fiumi,
     Se m’ubbidite, andate:
     Chiuso è per sorte ria
     Di lui mirar la via;
     Or dunque a lagrimar chiusa non sia.
55Ah che con nobil’arte
     Ben colse in guerreggiar palma di Marte?
     Ma dell’alta vittoria,
     Dell’ardir, della fede
     Non trovò poi la gloria,
     60Nè la real mercede:
     Vinto cadde ei vincendo,
     Qual falcon, che scendendo
     Con preda incontra il fulmine tremendo.
Così da’ suoi diviso,
     65In sul fiorir miseramente anciso,
     Pur sotto ciel straniero,
     Da ferro empio costretta,
     Uscì col sangue altero
     L’anima giovinetta;
     70Nè pia cura d’amici
     Chiuse gli occhi infelici,
     Estremi in terra di pietate uffici.
Sol da vaghezza spinte
     Furo a veder le belle membra estinte,
     75E l’amorose stelle
     D’aspro dolor turbaro,
     Le nobili donzelle,
     Allor che atra miraro
     La guancia insanguinata,
     80E la destra gelata,
     Che dianzi in campo fulminava armata.
E qual fra tutte il vanto
     Ebbe d’alta pietà, dicea tra’l pianto:
     Dunque sempre coperte
     85Fieno, o stelle maligne,
     Di fredde ossa deserte
     Queste piagge sanguigne!
     E per tanti paesi
     I genitori offesi
     90Bestemmieran gli empj furor francesi?
O quanta in riva d’Arno,
     Quanta querela ora si sparge indarno?
     Credea cinta d’alloro
     L’alma Italica gente
     95Mirarsi in carro d’oro
     D’auree spoglie lucente;
     Ma ria morte superba
     Troncò tua vita acerba,
     Messe d’Italia consumata in erba.

IX

IN MORTE

DI COSMO MEDICI

GRAN DUCA DI TOSCANA.

Perchè tanto languendo
     Il sì fulgido lume
     De’ begli occhi Firenze a terra inchina?
     E cotanto gemendo
     Il suo limpido fiume
     Va scuro a ritrovar l’onda marina?
     Perchè, tolto di pompa ogni costume,
     Con afflitti sembianti
     La fresca gioventù sembra canuta,
     E ne i palagi dassi bando ai canti,
     Ed ogni cetra per le danze è muta?