Gazzetta Musicale di Milano, 1844/Suppl. al N. 30
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Sujjplf’ineHh) al iV. 30 - 125 — - Anche il signor Berlioz nota F extrême bizarrerie di queste battute; aggiunge che l’editore francese le ha dapprima corrette, anche nella partitura (non si sa poi con quale correzione), e che poi le ha restituite alla prima lezione dietro un plus ampie informe. Quale però sia stato questo plus ampie in’forme resta a sapersi: la prova maggiore che ne dà il critico francese è lo schiaffo che 1 on raconte Beethoven abbia regalato al suo allievo, allorquando quest’ultimo voleva rimproverare il cornista d essere entrato troppo presto. Ma sembrami che ad appoggio d una proposizione, tale da far ammettere in un componimento d1 un1 armonia piana e purissima come questo, la più discordante e bruita disannonia, senza scopo, senza motivo, senza significazione alcuna; della quale barbara stranezza, aggiungasi, Beethoven non ha dato mai esempio, non solo in questa sinfonia, come osserva pure il signor Berlioz nell’ultimo periodo del citato brano d’articolo, ma nemmeno nelle ultime più trascendentali e strane sue opere, sembrami, dico, che ad appoggiare si azzardosa proposizione doveasi portare innanzi qualche cosa di più plausibile di un semplice l’o/z raconte. Forse il sig. Berlioz, tanto e giustamente idolatra di Beethoven, ha avuto qualche maggiore schiarimento in proposito: dal suo articolo sembra anche doverlo in qualche modo sospettare; ma perchè non dirlo? - Riassumendo dunque il fin qui detto, ripeto, invece che ottenere maggior luce, non facciamo che ingolfarci di più in più in fittissime tenebre, e l’unica cosa che ne resta da fare in cosi strana situazione è ancora quella di attenersi ognuno alla propria Supposizione. Alberto Mazzucato. Ancora sul medesimo argomento (1). CARTEGGIO Pregiatissimo signor Alberto Mazzucato! Anche se per altre prove non mi fesser noti il vostro sapere nelle cose musicali c 1‘ amore intenso che nutrite per l’arte, bastante documento me ne avrebbe porto il savio vostro scritto impresso in principio del numero 21 dell’annata corrente della nostra Gazzetta musicale, articolo che con prcgcvol modestia vi piacque intitolare Supposizione. Bene, a mio credere, la pensate, ritenendo per erralo il brano della Sinfonia eroica del sommo Beethoven a cui <piel vostro scritto allude, imperciocché non può ammettersi che uno scrittore di quella forza abbia voluto in quel luogo senza un perchè dare un calcio alla ragione armonica, all’effetto musicale, al buon senso, facendosi autore del matto cacofonico accozzo di due accordi diversissimi tra di loro; c ben faceste investigando quale probabilmente debba essere la correzione da praticarsi al brano medesimo. Perchè dovrebbe essere non solo permessa, ma anzi lodala fatica quella di coloro che con argulo studio danno opera a ridurre a retta lezione i codici dei classici della letteratura, e qualificarsi di irriverente ardire quello (1) L’articolo precedente del signor Mazzucato era già composto, allorquando ne giunse la seguente bellissima lettera del chiaro nostro collaboratore signor Avvocalo Casamorata. Quantunque la suddetta lettera non vada ricca di nessun maggiore schiarimento dì fatto, pure le due correzioni in quislione vi sono con si fino e retto accorgimento bilanciate e pesate, che i lettori, siamo certi, ne sapranno grado d’averla inserita in queste pagine. La Redazione è d’avviso del rimanente essersi già abbastanza discusso quest’argomento -, ed in conseguenza avverte i signori collaboratori che non intende più ammettere articoli che risguardino tale questione; eccettuato il caso, però assai desiderabile, che tali articoli potessero apportare una luce di fatto, vale a dire una correzione derivante da documenti non contrastabili, e non appoggiatisi a semplici dicerie o Supposizioni. La lied. di chi intende allo scopo stesso relativamente alle opere dei classici della musica? Ma credo che se continuassi a tirare avanti un pezzo così in sulle generali, avreste ben dritto di far le meraviglie che non per altro vi avessi diretto queste mie righe, che per andar ripetendo tali ed altre simili cose. Ma tranquillatevi; non è questo il mio intendimento: che anzi lo scopo che mi propongo è quello di prendere a sviluppare alcune cose relative alla quislione da voi sollevata, e che non mi pare sicno state dette da voi; onde chiunque voglia imprendere a darne giudizio, possa trovare in questi fogli già pronti del giudizio stesso i completi elementi. Serva dunque il fin (pii detto di esordio: entro adesso in materia. Tutto ciò che ha rapporto alle opere dei grandi cultori delle arti è di interesse per la storia delle arti medesime. E per ciò ch’io credo prima di tutto prezzo dell’opera portare per mezzo vostro a generai notizia cosa, che essendo relativa alla istoria della Sinfonia eroica, riesco, come sopra io diceva, d’interesse generale nella istoria della musica. Ciò sta in questo: che altri prima di voi si era persuaso della necessità di correggere il brano in questione. Vorrei di quesVallri dirvi il nome, ma noi posso perchè Io ignoro io stesso, c son coslrc tto ad indicarvi soltanto chi fu alla testa e diresse la edizione di sinfonie, che, parecchi anni or sono eseguita a Londra pei tipi del Lavenu, 26 Neu Bond Street, fu dedicata all’in allora Principe di Galles, poi Re d’Inghilterra, sotto il titolo seguente: A complete collection of Mozart and Beethoven’s Symphonies, in score.’ Ora alla pagina 27 della partitura della Sinfonia eroica di quella stessa edizione, grappa prima, battute ottava c nona, si trova il passo a cui allude il vostro scritto. Ed il passo è corretto; ma la correzione, anziché essersi portata sulla sortita del corno, si è operala sul secondo violino, sostituendo al La bemolle un Sol perduranti le due intiere battute. Ora questo modo facilissimo di correggere I’ errore di cui si tratta non è sfuggilo alla vostra perspicacia, c l’avete già voi stesso indicato in principio della prima colonna della pagina 98 della Gazzetta di sopra citata. Siccome però nel vostro scritto avete creduto rigettarlo per alcune argute ragioni da voi sviluppate, permettetemi a queste ragioni far tener dietro anche la esposizione di quelle che stanno a confortarlo, le quali, poste così a raffronto di quelle che favoriscono il vostro concetto, mi daranno campo ad aggiungere alcune osservazioni critiche sul valore respettivo delle une c delle altre. Ora, prima di tulio a favore della lezione secondo la stampa di Londra sta una ragione di simmetria. Infatti cominciando da quattro battute avanti al passo in questione, abbiamo dai violini per due battute incompleto l’accordo di nona minore sulla dominante; poi per altre due battute l’accordo incompleto della settima della dominante slessa; dopo di che si passerebbe, secondo questo sistema, a trattenersi per altre due battute sull’accordo della tonica, durante il quale il secondo corno preludierebbe alla ripresa del motivo con quelle note Mi bemolle, Sol, Mi bemolle, Si bemolle, per far passaggio nelle due successive battute al completo accordo della settima di dominante sul fortissimo di tutta l’orchestra e nell’atto di cadenza che conduce alla formale ripresa del motivo stesso. Sta al contrario contro questa lezione, ed a favorire respellivamcnte quella proposta da voi, la ragione da voi indicata, osservando non esser supponibile che l’autore, riproducendo dopo queste due misure ancora di nuovo il semplice accordo della producente, sulla quale poggiava già da venti misure circa, per poi portarsi definitivamente sulla tonica, non è supponibile che in tal modo abbia voluto interrompere e render, se non nullo, menomalo d’assai l’effetto di tutta quella magnifica prolungata sospensione a crescendo, anticipando intempestivamente sulla definitiva risoluzione alla tonica. Non saprei però dividere la vostra opinione, che a rigettare la lezione della edizione inglese possa valere che quella sortila in Mi bemolle, applicata al corno, trovasi (come voi dite) in un centro troppo basso, che in quella circostanza nessuna intenzione speciale sembra motivare: e ciò in primo luogo, perchè pel corno nei tuoni nè troppo bassi nè troppo sfogati, quali sono Mi bemolle, Mi e Fa, le note na* turali della prima ottava sono bellissime; infatti, mentre rivaleggiano per forza, al bisogno, con quelle corrispondenti del trombone, non hanno la crudezza ingenita di questo istrumento: o almeno, per dir meglio, tali erano queste note allorquando i cornisti di orchestra non avevano la pretesa di suonare indifferentemente la parte del primo e del secondo, ma ad una delle due specialmente si dedicavano, usavano per ognuna di uno speciale bocchino e. sull’ampiezza di questo formavano il labbro. Così, avveniva che pieni c pastosi si sentivano i bassi, sicuri e netti gli acuti; inentrcchè con la mania omnifoniea ora invalsa, spesso avviene che quelli riescono esili, questi incerti c stentati. - In secondo luogo, poi, mi sembra che più che giustificata sarebbe la intenzione del compositore nel servirsi di quei suoni bassi per preludiare alla ripresa del motivo, tostoehè fu questo fin da principio proposto, ed un momento dopo è ripetuto in quel centro stesso dai violoncelli. Di più, per tutto il corso della composizione sono sempre i bassi che a preferenza incaricatisi di farlo sentire, menochè in un luogo soltanto in cui il primo corno lo riproduce in Fa nelle ottave media ed acuta. E per non lasciare di avvertire alcuna cosa in una materia in cui bisogna edificare congetturando, mentre divido con voi la opinione che, a rigettare questa lezione c preferire la vostra, debba prima supporsi per parte dcH’autorc uno sbaglio di rigo che di nota, non so d altronde astenermi dall’osservare che ciò è vero quando la differenza sia di uno o due righi sulla posizione di quelli strumenti che voglionsi scambiati fra loro; ma quando al contrario la situazione di questi dista sulla partitura di molli righi, mi sembra che possa ammettersi più facilmente l’errore della nota che quello del rigo; tanto più che può ritenersi che la nota in questione, anziché errala, fosse sulla partitura originale soltanto incerta; nel (piai caso saprete per pratica come i più tra i copisti da una funesta stella sien spinti a preferire, copiando, la erronea alla retta lezione. Dal vostro scritto rilevo che sulla partitura da voi consultata la parte dei clarinetti è a contatto con quella dei corni: ora perchè da ciò si potesse dedurre una conseguenza alquanto sicura, voi vedete bene che converrebbe sapere se la stessa fosse la disposizione della partitura dell’autore (2): e qui è da osservarsi che la edizione inglese, di cui vi parlo, tra i corni primi cd i clarinetti ha una differenza di cinque righi; nel «piai caso (se questa disposizione corrispondesse con quella dell’autore) lo sbaglio non sarebbe da supporsi così facilmente. Mi rammento di aver veduto altra volta una partitura di altra edizione, dove la situazione degli strumenti era (se la memoria non in’inganna) all’incirca la stessa. Avrei voluto consultare in proposito la ultima edizione di Parigi pei fratelli Marqnerie, ma sventuratamente non me ne sono potuto (pii procurare una copia. Per esaurire questa materia continuerò intanto ad osservare che a favorire la supposizione dell’errore di rigo bisognerebbe che concorresse anche la circostanza che sulla partitura originale si fosse dato che le due battute in questione fossero stale alla fine della pagina; altrimenti, siccome a quelle tien dietro un pieno, si può credere clic facilmente I’ autore si sarebbe accorto della svista al momento di riempire la istrumcntazione, e l’avrebbe corretta, o nel caso contrario avrebbe continuato a scrivere i clarinetti nel primo rigo dei corni. Di più, mentre il secondo clarinetto, nel vostro concetto, dopo la quarta delle note in questione, dovrebbe per continuare la sua parte nella battuta successiva procedere con poca equabilità per un salto di ottava, nel concetto opposto il secondo corno in quella stessa battuta con piena regolarità resta sullo stesso sol (che suona Si òemo/Zc) su cui termina in levare (2) Si debbo avvertire che con queste e con altre opinioni dal signor Casamorata in questa lettera esposte, il signor Mazzucato conviene: e che anzi lo ha nelle suddette già prevenuto, come sì può rilevare nell’articolo antecedente dello stesso signor Mazzucato. L’edizione inglese poi qui citala sembra essere la medesima di cui parla nella sua lettera il signor maej stro Mirecki. La Lied. f ) Vedi pure su tale proposito V antecedente articolo del sig. Jllazzucato in questo medesimo numero. La Red. il passo in questione (1). Potrebbe poi darsi anche una ragione per cui quella specie di presentimento della ripresa del motivo fosse stata dall’autore appoggiata al secondo corno, mentre non può negarsi che d’altronde di per se non sia alquanto strana l’idea di incaricare di una sortita una seconda parte: vi è infatti da fare ax vertenza che in quel momento non politasi impiegare il primo, che I autore, onde concedergli il tempo di comodamente cambiare di accordatura per la successiva sortila in Fa, ha fatto lacere lino da venticinque battute avanti il passo in questione, por non farlo rientrare fino a dodici battute dopo il passo medesimo. Favorisce poi la vostra lezione anche il seguente riflesso, oltre le cose argutamente notale da voi: pare che l’autore abbia inteso appoggiare ai secondi violini una specie di pedule medio per (pici tratto che serve a condurre alla ripresa del motivo, avendoli per tulio quel tempo tenuti fermi sopra un La bemolle; ora di questo pedale il principio si troverebbe avanti, e la fine dopo le due battuto controverso, sembrerebbe, dunque, che per non guastare questo concetto convenisse al secondo violino continuare il La, anziché scendere al Sol. Ora che credo con tutta imparzialila od in modo completo avere esposto ciò che sta a favorire e respellivamenle a combattere tanto la vostra che la lezione della edizione inglese, pensate forse che abbia in animo di dar sentenza sulla ozione dell’una o dell’altra? - Mai nò; tanto io non pretendo nè presumo: confesso soltanto che i riscontri che stanno a favorire la lezione della stampa inglese mi sembrano maggiori che quelli che favoiiscon la vostra. A f.ivor vostro, però, uno ne avete che poggia sopra cosa, di trattandosi di musica vai ben qualunque allea: voglio dire l’effetto. Rapporto a che. vi narrerò come a questa Società filarmonica siasi per molle volte eseguila la Sinfonia eroica, e sempre secondo la edizione di Londra mentovala di sopra. Ora, ciò non ostante, essendomi trovalo ultimamente nelle sale di quella società con diversi tra i più distinti membri del consiglio musicale addetto a quella istituzione, cadde il discorso sulla questione da voi sollevala, c nella diversità delle opinioni esternale in proposito dagli astanti, fu risoluto ricorrere come allora meglio si poteva ad un pratico esperimento. Postosi dunque uno dei disputanti al pianoforte c presa la partitura della summcntovala classica composizione, fu ripetutamente cspcrimcntalo l’effetto delle due diverse lezioni, non ristringendosi già a suonare le sole due quistionatc battute, ma cominciando sempre da molle c molle pagine in avanti. Ebbene? l’esito di queste ripetute prove si fu, che la maggioranza dei presenti si dichiarò per la opinione vostra, in vista principalmente dell’effetto maggiore che sembrava risultasse dalla lezione da voi proposta. Per me, discussa così la cosa, la decida chi vuole. Sia, peri), qualunque il giudizio che il mondo musicale ne porterà, a voi resterà in ogni modo la eletta gloria di aver vendicala la memoria di un grand’uomo da uno di quegli insulti, di cui spesso pur troppo la cicca venerazione degli adoratori fanatici fa tristo dono agli idoli più cari del loro culto (2). Firenze, 20 luglio f8ii. Il vostro deditissimo L. F. Casamorata. ti) Non so perchè, ma al mio orecchio parrebbe che, dovendo il passo controverso appartenere al clarinetto c cantare sull’accordo della producentc, le note ne dovrebbero essere re, fa, re, si bemolle, anziché si bemolle, re. si bemolle, fa. Forse perchè così il canto finirebbe sulla fondamentale, anziché sulla quinta di essa; c forse meglio perché, mentre si risparmierebbe nell’accordo l’inutil raddoppio del si bemolle, si farebbe maggiormente sentire la sensibile, che altrimenti sarebbe soltanto di sfuggita accennata. (2) E da notarsi che a lato di Kalkbrenner, che nella sua riduzione per pianoforte della Sinfonia eroica ha rispettato l’errore della partitura, è da collocarsi anche Czerny che nella riduzione a quattro mani ha fatto lo stesso. (’) Eppure e l’uno e l’altro son due valentissimi maestri. Compiuta la gloriosa carriera di Mozart e dì C. M. Weber, la musica drammatica tedesca parve rimanersi stazionaria. E già cominciava ad informarsi dello stile italiano, quando Giacomo Meyerbeer, ricalcando le orme segnate nel Flauto magico e nel Freyschiltz, ridono alla Germania il dramma musicale, se non conforme alle leggi eterne del bello, almeno conforme al genio della nazione. In condizioni molto dissimili trovavasi in Germania non roratorio: comparve Felice Mendelssohn Barllioldv, da cui scaturì nuova e copiosa sorgente d’inspirazioni religiose, e fOratorio tedesco fu ripristinato. Meyerbeer e Mendelssohn sono i compositori più illustri, di cui al presente possa vantarsi la Germania. Ma la fortuna della loro celebrità in Italia non è uguale ad amendue, sia per la differenza dell’età loro, sia per quella della loro carriera. Imperciocché il primo avanza di quindici anni il secondo} e d’altre parte nulla è più rapido della propagazione delle opere teatrali, mentre il ramo di musica, la cui esecuzione dipende ordinariamente dalla riunione spontanea degli artisti, a stento si difionde nel mondo musicale (f). Per la qual cosa niun musico è in Italia. cui non sia famigliare il nome di Mryi rbcei’} laddove quello di Mendelssohn suona tuttora barbaro ai nostri orecchi. e sarebbe forse quasi al tutto sconosciuto, se qualche giornale non si fosse fatto interprete di parecchi articoli pervenutici d oltremente. Io non saprei ben difinire fino a qual punto l’eclettismo musicale abbia,ad estendersi in un paese, qual è il nostro, dove alligna pieno di vita il germe di ogni eccellenza dell’arte, e dove tanti sono oggimai i capolavori, che ci reggiani dispensati dal ricorrere altrove per aver modelli da imitare. So bene che il vero ingegno debb’essere proclamato, affinchè, ad onta ancora della sua ingrata fortuna, sì tutti subitamente il conoscano, che nulla gli venga defraudalo dell’omaggio dovutogli. E vero ingegno è quello del Mendelssohn. La sua musica istrumentale, e sacra, e soprattutto il suo grand’oratorio Pauhis, ne lo chiariscono tale. Vivacità d’imaginaliva, feracità ed originalità d invenzione, elevatezza di concetti, sentimento profondo di un’espressione vera nel suo genere, ordine mirabile nella tessitura del discorso musicale, ecco i titoli principali, per cui le composizioni di Mendelssohn hanno diritto alla nostra ammirazione. La tinta che per lo più domina nelle opere di quest, autore è la religiosa. Ma non è la sola} tu rinverrai tratto tratto nella sua musica strumentale la melanconica voluttà dell’elegia, il trasporto d una gioja ineffabile, il fantastico dello scherzo, il brio imponente del marziale, ed altri svariati coloriti, coi quali l’autore fa prova che, volendo, può toccare la maggior parte delle fibre del cuore umano ($). (1) Notisi che l’oratorio tedesco non è, corno il nostro, un’azione melodrammatica da rappresentarsi in teatro. Ivi le sacre scritture forniscono il testo a cui si applica la musica; il quale non é alterato se non in quanto lo sfarzo musicale esige talvolta dei cori, dei pezzi concertati, ecc. Così la Passione di G. S. Bach è un brano dcll’Evangclio di s. Matteo; il Paulus di Mendelssohn, un brano degli atti degli Apostoli. (2) Vedi i pezzi di Mendelssohn già pubblicati, e a suo tempo quelli da pubblicarsi dall’editore Francesco Lucca. I già pubblicati sono: Six Romances sans paroles per piano-forte a duc mani; e Scherzo sur le rêve d’une nuit d’été, e Nocturne et Marche sur le rêve Se non che. pari in ciò all’autore degli Ugonotti. il Mendelssohn sagrifica al genio dell Alemagna. Ammiratore entusiasta dei capiscuola tedeschi suoi predecessori, e specialmente di G. S. Bach, per poco egli non saprebbe indursi a fare neanco il più breve componimento, senza congegnarvi per entro o un artifizio contrappuntistico, o un giro di modulazioni ricercate, o un affastellamento di forse troppo dotte dissonanze. I quali ingredienti riescono decisivi a rendere la sua musica o una sublime poesia, o un dotto si, ma importuno accozzamento di suoni, secondo 1 uso più o meno temperato degli uni o degli altri, e secondochè vi fa predominare la soave semplicità della melodia, o il tenebroso intrico dell* armonia e del contrappunto. Musici italiani, ammirale l’ingegno straniero, studiatene le produzioni, ma non siate mai abbastanza cauti nel seguirne le traccie. Luigi Rossi. d’une nuit d’été, ridotti dall’autore per pianoforte a quattro mani. Il primo c l’ultimo, ma in ispccie il primo, sono di rara bellezza. Sulla Proposta fatta dal chiarissimo sig. Geremia Vitali di ittt ìiuovo snetìoper detei’nùìiareion csattesami i tempi musicati. RISPOSTA ALLA LETTERA DELI.’ EGREGIO IIOA SECOLO KVgTACIIIO CATTARLO (Vedi Gazzella Musicate A. 28). Amico divenissimo! Vedi quanto è maligno il nemico dell’urnan genero, e come sta attento a cogliere quante può occasioni per farci fare qualche sproposito, non trascurondo heppurc (ove non possa ottenere maggior peso) quei falli coi quali si dà pcccalclio di altrui motivo di ridere alle nostre povere spalle! Tu, da quel prudente c brav’uomo che sci, te ne slavi in attenzione per non lasciarli ingannare dall’amicizia, avrebbe voluto lodatore senza riserbo della Proposta del dotto Geremia Vitali; c non li avvedevi delle insidie di un piccolo Farfarello, il quale ridendo del tuo amore per madonna verità e del diffidar di le slesso, ti faceva un giocolino da barattiere eoi metterti in capo di scegliere me a giudice dei dubbi, che intorno alla Proposta medesima ti potessero nascere. Non mancherebbe altro, se non che io mi dimenticassi che nelle questioni amichevoli l’arbitro non ha autorità se non pel consenso d’ambe le parli, c mi lasciassi tirare dalle tue lodi a presumere di potermi sedere prò tribunali fra Vitali c te. Allora faremmo entrambi una delle più comiche figure, traendo ad un tempo il ridicolo anche sul giornale che mi avesse imprestato cortesemente carta e caratteri per fare lo sputatondo c dar sentenza. Buon per me dunque, e, dicasi pure, buono anche per te, che questa volta mi sia rimasto abbastanza di buon senso per conoscere la mia incompetenza, c dichiarare che, se ardisco ficcare il naso in questo argomento, non è per farla da doltorc, ma solo pel ticchio.di aggiungere una piccola parte di semplice riempitura alle vostre parti di concerto. E siccome, a prendere la cosa in grande, si viene naturalmente al tema trattalo dall’egregio signor Alinoli Delle cause che conducono a mal partito le opere riprodotte senza V intervento dell’autore; così se vorrete accettarmi alla coda, del che io sarò contentissimo, avremo fatto fra tutti un quartetto di tre parli concertanti coll’aggiunta dei mio bassetto ad libitum. Fra le cause che possono abbassare al dissotto dello zero la temperatura di una composizione, sebben concepita nel bollore della più fervida immaginazione, vi ha certamente l’alterazione del giusto tempo, ad evitare la quale si pensò da prima a premettere ad ogni gxS pezzo le indicazioni di grave, largo, adagio, andante, — 427 — i allegro. Ma siccome questi, con tutti gli addietlivi che si seppero inventare per maggiore schiarimento, rimanevano pur sempre inetti a spiegare esattamente l’intenzione dei compositori, non avendo un termine comparativo inalterabile cui riferirsi, si dovette pensare a trovare un islromcnto, una macchina inalterabile, c fra le diverse invenzioni quella del Metronomo di Maclzel sembra finora prevalere, sebbene non sia divenuto di un uso abbastanza comune. Il metronomo, come fu già da altri notato, ha primo inconveniente quello di recare una spesa per che sembra inutile e gravosa tanto al dilettante come al prqfessorc. 11 dilettante per l’ordinario non ruote seccarsi colla soverchia scrupolosità, amando assai di correre dove è facile, e di andarsene adagino dove trova un passo difficile; più premuroso de’suoi piccoli comodi che non di suonare o cantare in tempo giusto. Il professore, per lo più limitato nei mezzi finanzieri, crede veramente di non aver bisogno di metronomo, persuaso forse non tanto di poter fare in buona coscienza poco più, poco meno; come dell’infallibilità della propria penetrazione. Fors’anche è vero ciò che ne dice il dottissimo nostro Liehlenlhal, cioè che lo stesso tempo non otterrebbe il medesimo effetto a Milano ed a Vienna, a Napoli ed a Parigi. Io almeno lo credo; perchè le abitudini e il carattere nazionale vi debbono certamente influire, c «osi porto opinione che lo stesso autore non potrebbe sempre esser cerio della giustezza dell’indicazione segnata prima di averne sentilo f effetto in orchestra; e ciò ti dico perchè mi accadde qualche volta di dovere all’atto dell’esecuzione alterare il tempo ideato Ciò mezzo mento (!)• nullamcno sarà sempre bene ricorrere ad un col quale si possa segnare il grado di movicolla maggiore esattezza, non ommeltendo i termini d’uso tendenti a spiegare il carattere dominante e, dirci quasi, il giusto peso degli accenti. L’orologio da tasca proposto dal signor Vitali, essendo oramai un mobile che tutti posseggono, risparmierebbe la spesclta del metronomo; e quello che indica i minuti secondi potrebbe benissimo surrogarlo. Così Teslori nella sua Musica ragionala propone per termine comparativo i battiti del polso della persona sana c riposata; cd al riferire del già citato dottore Liehlenlhal il signor G. Weber avrebbe suggerito di servirsi di una semplice pallottola di piombo appesa ad un filo, con cui si fa un pendolo di nessuna spesa, c sommamente comodo. Basterebbe per esempio scegliere una pallottola del peso di un’oncia milanese (17 millimetri circa di diametro) attaccata con un uncinetto ad un filo doppio di qualità ordinaria, od anche ad un cantino di mandolino, e pendente all’altro capo da un ferro o bischero infisso in una lista pendicolarc di legno. sulla quale siasi segnato il tro diviso in centimetri. Secondo l’esperimento tons, facendo dondolare questo péndolòj esso dà pcrmc- fatuna oscillazione, ossia un movimento per minuto secondo alla lunghezza totale, cioè compresa la pallottola, di metri 1. o I, 7. E sarebbe poi anche meglio farne un ragguaglio preciso col già usato metronomo di Maclzel. Le indicazioni dell’uno servirebbero allora per l’altro che prenderebbe nome di Metronomo economico di Weber. Tulli questi arnesi però vogliono essere adoperati soltanto per lo stacco dei tempi; c così, se io sceglicssi di valermi dell’orologio, non crederci opportuno di dire quanti minuti debba durare Pinliero pezzo di musica, od anche solo ogni suo tempo; ma bensì quanti secondi debba durare un periodo o un picciol numero di battute, segnando, verbigrazia, da A a B tanti secondi: c dì pure lo stesso dei battiti del polso (2). Nè all rimenti penso debba adoperarsi il metronomo di Maclzel, sia per non ridurre l’esecutore a soverchia schiavitù, assorbendo tutta la sua anima ncll’attenzione al tempo; sia ancora per lasciargli più libero l’uso di quei rubaincnli che fatti a proposito, ft) Questo è forse il motivo per cui alcune volte il tempo preso dallo stesso autore non concorda esattamente coll’indicazione posta a capo. (2) Escluso, s’intende, il polso delle prime donne e delle comprimarie. come appunto li sentii le mille volte dal Giuseppe Grassi, sono così utili all’espressione; c finalmente perchè non abbiamo ancora, e probabilmente non avremo mai, una macchina che possa seguire le alterazioni di movimento negli stringendo, rallentando, ad libitum, c simili, indicandoli esattamente come li intese fautore. Queste deviazioni dall" isocronismo si dovranno sempre lasciare all’arbitrio dell’esecutore, ed oh! fossero questi contenti dei luoghi espressamente segnati dal maestro, c scrupolosi nel resto di cogliere il vero senso al quale è così necessario I" andamento del tempo..Ma per lo più non si consulta il metronomo ove pure è segnato, e si cambia le molle volle il vivace in patetico, lo scherzevole in maestoso, il grave in andante, il grazioso in sgarbato, ccc. - Nel teatro è il maggior male: perchè ivi i cantanti non ricevono la legge da chicchessia, c (pianto più ignoranti, tanto sono più protervi. Si va dicendo che i maestri concertatori sono per la più parte trascurali o inetti, nè io voglio negarlo: solo mi fo lecito di osservare che, fossero essi zelantissimi ed espertissimi, nulla varrebbe il loro amore per l’arte, la loro scienza contro la testardaggine della canora famiglia. Gli stessi autori sono spesse volle costretti a cedere per non avere la peggio: liaccada degli altri! góral i che cosa Il maestro al cembalo ha un bel dire che questo tempo va più animalo, quell’altro più lento; (die qui il motivo principale o il passo caratteristico essendo all’orchestra non si deve alterare il movimento, non si può fare una fermata; che là l’armonia non permette di fare un tal passo; che una tal frase o periodo non si può tagliare perchè è sviluppo necessario di un’idea, e contiene parole, tolte le (piali, non vi è più senso. Lo scoglio contro il (piale vanno ad infrangersi le più terribili ondale di un mare in tempesta è meno irremovibile del capriccio d’un cantante; pochi, pochissimi eccettuati..1 me sta bene cosi; l’ho sempre fatto così; il late o la tale lo faceva così: ecco la grande risposta che si dà a qualsiasi più giusta riflessione del maestro. La prima prova di una opera, meno le nuove, non si fa per intendere i tempi onde prendere norma allo studiare privalo; ma per fissare i salti per non isludiarc, se pure ci si pensa, una battuta dì più; c la falce dei mietitori fa cader meno spiche nei campi di quante note facciano cadere costoro dallo sgraziato spartito. E nota bene, che queste cose si fanno nei grandi teatri quasi egualmente che nei piccoli, i (piali ne prendono il cattivo esempio. Ciò accade perchè in teatro i cantanti son tutto, ed il povero maestro, cui molle volte tocca sudar sangue per mettere in scena un’opera il men male possibile, è, come si suol dire, fultima ruota del carro. Non è quindi mestieri che io li dica se anche i più zelanti e intelligenti abbiano ragione di persuadersi a lasciare che l’acqua vada per la china. Tu vedi dunque, mio caro Nicolò, che senza una legge mantenuta in vigore in tutti i teatri, la quale sotto pene proporzionate imponga di uniformarsi alle prescrizioni dell’autore (pochissime eccezioni fatte a favore di qualche straordinario soggetto) saranno sempre inutili i più ingegnosi ritrovali diretti a spiegare con tutta esattezza lo spirito di una composizione. Ella è vergogna dei nostri tempi, che una bell’arte abbia ad invocare l’assistenza del potere per essere rispettata da’suoi stessi cultori: eppure la c propriamente così. Eppcrò, senza mancare di valutare le tue ragioni intorno all’orologio proposto dal chiarissimo signor Vitali, io mi unirci volonlieri al suo circa al metterne uno in tutti i teatri per far al pubblico, ad ogni pezzo, s’egli ebbe il suo Se non che penso poi, che anche ciò cadrebbe parere sapere conto. lo, c lo argomento dal vedere che il pubblico è su (pie-! sto proposito mollo indulgente, permettendo si alterino i tempi, si taglino pezzi, si incastrino arie e duelli estranei, e talvolta si adoperi invece dell’originale una islromcntazione falla dal maestro Gaaslanqte su di una cattiva riduzione a pianoforte; e lutto ciò nello stesso teatro in cui l’opera stessa fu data pochi anni?! prima sotto la direzione dell’autore. Laonde quasi; quasi darei ragione a quei maestri che tralasciano || persino di segnare le indicazioni generiche c approssimative, se questa trascuratezza avesse origine dal vedere il poco rispetto dei sedicenti virtuosi per le intenzioni dei compositori. Il male è tanto maggiore fra noi perchè siamo ridotti a pochissima musica, se togli quella del teatro, madonna ove tu ben sai quanto poca influenza abbia ragione nell’interno andamento. Il beato indifferentismo venuto in moda ha persuaso alla pluralità di lasciar fare e dire a ciascuno ger,ondo gli frulla; eppcrò le invettive del paro che le sperticate lodi dei giornalisti non fanno nè freddo nè caldo, ’l’ulto è mestiere, e ciascuno fa il suo: il pubblico applaude o fischia sovente secondo f timore allegro o triste della giornata; i cantanti si credono lutti vere meraviglie di buon senso c di scienza, anche quelli che non hanno brieeiolo deli’ uno e dell’altra: c i censori sono considerati (piali attori destinati a rappresentare la parte di malcontenti o di misantropi nella gran commedia del mondo. Dovremo per questo ristarci dal dire la verità (piando ci si presenta!’occasione, e diventare misantropi davvero con pericolo della nostra individuale salute? Mai no. La verità si dica, c si partecipi poi dell’indifferentismo comune riguardo ai titoli, che questa sempre onorevole, missione pulì frullarci, e si speri ancora nel gatta cavai lapidem. Tu vedi, mio caro Eustachio, che in materia di ad libitum son professore anch’io, avendo foggiato questa filastrocca a modo di certe moderne fantasie estemporanee, il cui fine non ha punto che fare col principio. Ma se io ho dimenticato l’argomento, non imitarmi lu col dimenticare che ti sono Affezionatissimo.1 miao Raimondo Boucheron. GÀ22ETTIH0 SSTT1MAHALB DI MILAMO — La signora Rachele Agostini nella parte di Isabella di Koberto il Diavolo soddisfo le non grandi pretese del pubblico della Canobbiana. — L’esimio ed operoso sig. dottore Liehlenlhal, i cui scelti scritti sulla musica in tutta Europa son qualificati (piali preziosi monumenti dell’arte, venerdì sera nella propria casa riunì i migliori professori c dilettanti della nostra città per l’eSecuzione di quattro pezzi istromentali di un valore sublime e classico. 11 primo consisteva in due brani della sinfonia in mi bemolle di Mozart dall’incantevole andante, ridotta per sette istromenti da Asioli, le cui vigili e salutari cure pel nostro Conservatorio non potranno si presto dimenticarsi. Quindi venivano il quintetto per pianoforte ed istromenti da fiato, opera 1G del gigantesco Beethoven, ed il famoso concerto in la minore di Kummel. Il bel trattenimento, non deturpato dalle moderne frivolezze istromentali, chiudevasi col Settimino di Beethoven, immensa creazione, che più invecchia più acquista venustà e potere. Ogni pezzo si meritò e s’ebbe unanimi plausi, o gli uditori hanno potuto ricondursi alle loro abitazioni col balsamo musicale nelle orecchie. — Giulio Benedici, una delle celebrità musicali della nostra epoca, trovasi di passaggio in questa capitale recandosi a Stutgarda sua patria; indi a Badcn per qualche tempo per poi ritornare a Londra ove verrà rappresentata una nuova sua opera ch’egli comporrà per la stagione invernale. Ne scriverà pure un’altra in seguito per VOpéra Comique di Parigi. coRRispomm particolare Padova 22 luglio. Volli attendere qualche recite per dire con maggior esattezza mie opinioni circa lo spartito Errami del maestro Verdi e sua esecuzione nel nostro Teatro Nuovo. Per (pianto concerne alla composizione, furono dette tante belle cose, che a me sembra inutile aggiungere una sola linea. Ma che volete? ognuno ha sempre qualche cosa di proprio da aggiungere. Se dovessi dar risposta adequata ad un certo articolo inserito nella Gazzella di Venezia. dovrei forse tenere uno siile diverso dal mio sentire, e perciò, mi accontenterò di dare soltanto una piccola lezione al suo autore, ed è <■ che non s’innalza un monumento di piacere sulle accidentali rovine dei santuàrj.» Parli bene dell’Errami e saremo d’unanime sentimento; ma rispelli il capolavoro del sommo fra i maestri attuali, vo’dire lo spartito degli Ugonotti, ed egualmente abbia stima del Bravo di un Mcrcadante. I confronti sono sempre odiosi, e tanto più, La ove non reggono
1/Emani adunque è uno spartito in cui si ravvisano melodie facili, insinuanti, ed espressive. Si vede che saggiamente l’autore si serve dell’arte non per yjy farne di essa uno sfoggio, ma usa di quel tanto che abQ bisogni per ottenere un tessuto regolare, un linguaggio; distinto, e nulla più. Lo stromenlale rispetta il canto, ed il dramma è maestrevolmente pennelleggiato. Certo che queste impronte sono più che suffìcientiad assicurare un chiaro nome al suo autore. [/esecuzione poi è tale che se lo stesso Verdi fosse a Padova, avrebbe occasione di gustare il suo lavoro, compiacersi, e buscare una quantità di vivissimi e sinceri plausi. La Bortolotti ha bel metodo di canto, intonazione perfetta, agilità sufficiente, azione animatissima e ragionata. 11 Fraschini puossi calcolare l’ancora o la colonna della intiera stagione, poiché in ogni spartito aumenta di merito. Il Varesi, benché non sia nella pienezza de’ suoi mezzi, ciò nulla meno mostra di essere grande artista e canta con molto spirilo ed espressione, segnatamente nella sua aria dell’atto secondo. Il Selva si sostiene plausibilmente. 1/ orchestra ed i cori corrispondono convenientemente al bell’insieme. In somma il Teatro è rigenerato, e la nostra stagione è brillantissima. NOTIZIE — Bordeaux. Abbiamo finalmente un impresario! Dopo il lungo interregno cagionato dal fallimento del sig. Dévcria, l’amministrazione municipale s’è decisa a Confidare la direzione dei nostri due teatri nelle mani del sig. Toussaint. Il sig. Toussaint deve prendere le redini dell’amministrazione il 1 del mese prossimo. Ei s’occupa, dicesi, con attività ed intelligenza della formazione della sua compagnia. - In quest’ultimi giorni abbiamo avuta al Teatro Grande una buona rappresentazione data dagli artisti della vecchia compagnia. I La graziosa opera Don Pasquale è stata eseguita in I modo ammirabile. — Brusseli.es. Le sorelle Milanollo, questi due anj geli del violino, sono di ritorno in questa città, dopo aver dato centocinquantuno concerti in Germania ed in Italia. — Copenaghen. Fordenskiold in Dynekilen è il titolo di una nuova opera di S. Salomon, che piacque e che vien lodata anche dagli intelligenti. — Fiiancoforte. Fernando Cortei fu rimesso in iscena sul nostro teatro. L’orchestra cd i Cori non lasciarono nulla a desiderare; qualche parte fu resa molto bene: in complesso la rappresentazione ha fatto il più gran piacere. Il pubblico di Francoforte ha degnamente accolto questa partizione, ove alla grandiosità dello stile va congiunta l’originalità dei motivi d’una melodia assai espressiva. — Genova. Solennizzandosi la scorsa Domenica nella Parrocchiale di N. D. della Consolazione la festività di 5. Luigi Gonzaga, venne affidata la musica all’egregio nostro maestro il giovine Andrea Gambini. L’esito rispose alla saviezza della scelta; poiché alla messa di lui, già nota per profondo sentimento religioso e potenza di armonia, crebbero lode alcuni pezzi appositamente composti, cioè il Kirie, il Laudamus ed il Mottetto. Parecchi dilettanti e professori che s’adoperarono a secondar col canto l’eccellenza delle armonie, divisero col giovine maestro gli encomj, e mi piace nominare a cagion di lode i signori Bozzano, Denegri, Robatto e Costa. Argomento di nobile emulazione dovrebbero essere nell’attual condizione musicale coloro che non vanno spensierati o mal dotti nella scelta delle musiche destinate a Religiose Solennità; c mi piace recare ad esempio questa che si tenne in detta Chiesa. - li giorno stesso la chiesa di S. Stefano mostrassi parata a festa per solennizzare gli onori del Santo medesimo, coin’c animai costume d una società di cherici zelanti e devoti. Fu lodata la musica del valente maestro Giuffra.(Dall’Espero). — Lione. Liszt non doveva dare che due concerti; ma il successo fu cosi immenso, che ne diede un terzo. I dilettanti della nostra città non erano per anco soddisfatti, e gliene domandarono un quarto. Liszt vi ha acconsentito; ma questa volta egli ha voluto suonare a beneficio dei poveri di Lione. Liszt é stato accolto ad ogni pezzo cogli applausi e coi bravo, coperto di bouquets e di corone. Dopo il concerto, una formidabile orchestra, composta di quella del Teatro Grande, di quella del Circo Musicale e di un gran.numero di dilettanti, è andata a dargli una serenata sotto le finestre della sua abitazione. A quest’ora Liszt si sarà messo in cammino verso le principali città del mezzogiorno della Francia. — Livorno. Lietissimo incontra ebbe V Emani del maestro Verdi, andato in iscena il 13 corrente. L’esecuzione, affidata alla signora Gazzaniga, ed ai signori Pancani, De Bassini e Salandri, contribuì vieppiù allo splendido successo. — Londra. Moriani continua ad ottenere un immenso successo colla Lucia. che si dà al Queen’s Theatre. La magnifica voce e il bel metodo di questo cantante j sono T oggetto d’una generale ammirazione. Moriani | doveva comparire il 18 del corrente in un altro capolavoro di Donizetti, Lucrezia Borgia. $ _ Lucca. La solenne festività del glorioso s. Paolino, primo vescovo di Lucca,che si celebra il 1-2 luglio, ha dato in quest’anno occasione al giovine signor Vittorio Castrucci di Pisa, di dar prova del molto suo profitto negli studj musicali fatti in questo nostro R. Liceo. Al- [ l’affezione e alla stima, di che egli gode presso gli ottimi precettori del R. Liceo musicale, deve esso la spccial grazia ottenuta dal R. Maggiordoinalo di scrivere e dirigere la musica in così solenne circostanza, slantechè è questo un diritto esclusivo dei maestri della R. Camera e Cappella. Il giovine Castrucci, che per indefesso studio e per molte belle doti dell’animo meritò così lusinghiera distinzione, non è a dirsi con quanto impegno procurò corrispondere al difficile assunto. E qui vorrei esser bastantemente versato nella musicale scienza per dire i non pochi pregi di questa prima composizione del valente Castrucci, e per avvertire quei difetti dai quali questa, come ogni opera umana, non va disgiunta. Tanto più poi volentieri il farei in quanto che mi è nota la modestia con cui il Castrucci suol ricevere la meritata lode, e la buona accoglienza che fa a quella giusta e savia critica che lungi dal degradare ed avvilire il merito, é nobile sprone per stimolare alla meta, e che qual faro luminosissimo insegna evitar gli scogli e giungere in porto felicemente. Ma se da tanto io non sono, se poco lusinghiera è la mia lode, come insufficiente c senza valor la mia critica, sia certo almeno il giovine e valentissimo Castrucci che la prima gli é da me tributata a nome degli intelligenti, e che la seconda vien dettata dal più amichevol consiglio, e dal vivo desiderio di vederlo, siccome egli promette, grande nell’arte. Il Kyrie a quattro voci reali, seguito dal Christe (terzetto fra soprano, tenore e basso) con finale a piena orchestra, è un pezzo elaboratissimo c di mollo effetto. Il Gloria ò scritto in do terza maggiore a quattro voci, e prepara il Laudamus che é scritto per tenore in re maggiore. Segue il Domine a quattro voci in do minore, che passa poi in mi bemolle, e si risolve nel Qui tollis scritto per basso in sol minore. Il Quoniam è in sol maggiore ed il finale in do, con una fuga a quattro parti con diversi contrappunti alla decima e varj rivolti, é di mirabii lavora ed effetto. Di bella orditura é il Credo e benché più conciso é forse più esprimente, fors’anco più bello del Gloria. Il Sanctus, il Benedictus e V Agnus Dei sono tre pezzi di bellissima fattura, e tutta la musica ha un tipo suo proprio di originalità, nè mai si discosta da quanto esige la maestà del sacro tempio. A questo cenno del pregio intrinseco di questa prima composizione del Castrucci, io aggiungerò che essa non va del tutto esente dal difetto in cui quasi sempre incorrano i giovani studiosi, di esser cioè troppo elaborata, ed offrire un eccessivo lusso di strumentazione. La multiplicité delle note, l’esuberanza dello strepito e delle cadenze, le ripetute artistiche dissonanze, scemai! talvolta anzi che accrescer l’effetto; e invece di contentare ed appagar T intelletto, lo distraggono e lo deviano, lo forte del parere di versatissimi nella scienza, oso sostenere che maggiore economia di studioso travaglio raddoppierebbe l’effetto della composizione del giovine Castrucci. Dirò infine che questo primo lavoro offre più uno studio scolastico, di quello che un’opera dettata dal genio, perchè quest’ultimo si mostra talvolta frenato dalle regole e dai precetti. Ma in giovine compositore è questo più merito che difetto; e sono convinto che con sì salde radici produrrà il Castvucci centuplicati c nobilissimi frutti. Concluderò col dire che se la di lui composizione non è perfetta, non lascia di mostrare esser parto disvegliatissimo ingegno, e elicè lavoro del quale ciascuno si onorerebbe. Colla fondamentale istruzione che possiede, collo studio e coll’ingegno che sempre coltiva, dà il Castrucci fondatissima speranza di grandemente distinguersi; ed io m’auguro fra non molto di salutarlo fra i primi maestri. {Da quei fogli) NB. Peniamo fatti consapevoli che il giovine lodato compositore signor Castrucci è allievo nel Contrappunto del professore signor Eugenio Galli e nella Composizione del chiarissimo Cav. maestro Fucini. — Parigi. Tutti i teatri erano chiusi sabato 13 corrente in occasione dell’anniversario della morte di S. A. R. il duca d" Orleans. — La signora Viardot-Garcia, e la sua cognata signora Eugenia Garcia, sono arrivate a Parigi, T una venendo dalla Germania, l’altra dall’Inghilterra. — Teatro dell’Opdra Comique ■ Les quatre fils Aymon, opera comica in tre alti, parole de’ sigg. Leuven e Brunswick!, musica del sig. Balfe. - La vecchia leggenda nazionale, da cui i sigg. Leuven c Brunswich tolsero il soggetto del loro libretto, è da tutti conosciuta. I quattro figli Aymon, poveri, ma valorosi, che lutti e quattro montano lo stesso cavallo, il solo cavallo francese di cui la storia ha serbata memoria, c di cui la Francia possa opporre la gloria a quella di Bucefalo e di Ronzinante; i quattro figli Aymon, diciamo, offrivano un tema opportuno per un’opera comica e buffa. Il libretto non è senza dubbio irreprensibile sotto il rapporto della verosimiglianza; la favola è alcun po’forzata; ma questo difetto vien superalo dalla gajezza e dallo spirito che gli autori han saputo spandervi. - Quanto al sig. Balfe, che ha esorditosi fortunatamente aìl’opéra comique coi Puits df Amour, la sua nuova partizione ci sembra dover rinnovare il successo della prima. Egli ha sempre la stessa vena di motivi spiritosi e graziosi, la stessa facilità melodica, rilevala da un’islrumcntazione maestrevole e brillante, che pecca soltanto talfiata per l’abuso di strumenti metallici. L’ouverture comincia con un’introduzione nella quale i violoncelli eseguiscono con molta grazia ima romanza che si sente più volte nel corso dell’opera. Cantata in prima da Mocker, questa romanza piena d’espressione ci sembra il miglior pezzo del primo atto, nel quale abbiamo pure distinto l’aria del basso che serve d’introduzione: Sentinelle, garde à vous! ed il quartetto: Dieu, qu’ai-je vu? Il secondo atto contiene diversi pezzi bellissimi: un duetto buffo fra Chollet e Hermann Leone, la di cui ultima parte, piena d’estro, ha avuto gli onori del bis-, un leggiadro quintetto a voci di donne; un duetto sentimentale fra Mocker c madamigella Darcier, nel quale quest’ultima ’ canta con molta espressione. Il motivo della romanza i del primo, la di cui cabaletta è graziosissima, ed il fi! naie del rendez-vous sono di fattura assai ingegnosa. La romanza che apre il terzo alto non ci sembra abbia altro merito che di far valere la voce di Hermann Leone; ma bisogna lodare in quest’atto il duetto delle campane, il pezzo d’assieme in cui Erminia istruisce le sue cugine sul carattere de’ loro meriti, e soprattutto un bel terzetto senza accompagnamento. L’esecuzione, in melodramma che conta un sì gran numero di personaggi, c stata soddisfacentissima. Hermann Leone, l’esordiente, ha ottenuto un brillante successo nella parte d’Ivon. — il tribunale di commercio della Senna, nella sua udienza del lo luglio, ha approvata la proprietà ai signori Escudier della partizione di Verdi, I Lombardi,
che il sig. Schonenbcrgcr aveva la pretensione di far
cadere nel dominio pubblico, (Berne et Gazette des Théâtres) — Il signor A Brunii, direttore del teatro reale di Drury-Lane, è a Parigi da qualche giorno. Quest’abile amministratore si propone di fare una rivista artistica al di là delle Alpi. — È stato testé introdotta a Parigi dallo stesso autore, di nazione spaglinola, una nuova invenzione di tipografia musicale, che promette dei brillanti risultati. L’invenzione del signor J. Lopez-Vallajo consiste in un rigo facile ed economico, che combinato con un saggio di tipi semplici, permette di stampare in una sola tirata e le cinque linee e la musica, con grande rapidità. — Rouen. A giudicare dalla maniera che Antigone è stata accolta a Rouen, si può predire che la tragedia di Sofocle, degnamente tradotta dai signori Meurice e Vacquerie, due giovani poeti di gran talento, è destinata allo stesso trionfo su tutti i teatri. La musica di Mendelssobn ha contribuito al successo, cd è un ausiliariopossente di cui gli impresarj sentiranno tutta l’importanza. I teatri che possedono un’orchestra c de’coristi possono mettere in iscena quest’opera senza spese i eccessive. — Siena. Fu accolto con pieno aggradimento il Æribucco del Verdi, in cui vi furono acclamatissimi Luigi Rinaldini, la Barbieri-Nini, e Mirai. — Sinig.agi.ia. Il IVabucodonosor ha qui ottenuto successo lietissismo. Coletti, Balzar, la Micciarelli-Sbriscia, T Olivieri, Vergani, degni interpreti della bell’opera di Verdi, riscossero infiniti applausi. — Tolosa. L’esordire della attuale compagnia francese fu estremamente burrascoso, ed è difficile, fra questa lotta accanila di opposti parliti, dare un giudizio degli artisti. Si è stati severissimi per madamigella Masseti nella Juive. Il tenore Martin fu obbligato ad annullare il suo contratto dopo scene terribili. Il teatro è stato minacciato dalla forza armata, ed il pubblico ha dovuto lasciare la sala dietro le intimazioni fatte dalla polizia a suono di tamburo. - Nella Lucia, una giovane cantante, madamigella Echfeld, è stata accolta con entusiasmo. — Vienna. Bene VElisir d’amore; benissimo la Aorma colla signora Heincfettcr. Queste due opere, in lingua tedesca, furono date all’I. R. Teatro alla Porta Corinzia, la prima il 13, la seconda il 14 del corrente. ALTRE COSE. — Il celebre violinista Vieuxtemps è arrivato questa settimana a Parigi dai suo viaggio in America. Fra pochi giorni ripartirà per il Belgio, ove riposerà fra la sua famiglia fino all’inverno prossimo in cui deve di nuovo restituirsi a Parigi. — Thalberg, dopo aver fatto le delizie di tutte le belle serate musicali di Londra, è ritornato in Francia; in questo momento trovasi a Boulogne sur mer. ’l’halberg arriverà a Parigi nel mese di settembre. — Le parale dell’opera che Meyerbeer scrive per l’apertura del teatro di Berlino sono de’ signori Tieck e Rellstab. — La compagnia tedesca, che ha ottenuto dei successi così belli a Gami, doveva lasciare questa città verso la metà di questo mese per andar a dare delle rappresentazioni ad Anversa. — Il signor Derre ha fatto un busto del signor Prudent, che gli è assai somigliante. — La città d’Algeri ha due teatii, l’uno francese e l’altro italiano. Gran ha un teatro, in cui artisti francesi ed italiani cantano e suonano alternativamente; così pure in Bona. Anche Blidah possiede già un teatro. La musica europea non piace punto agli Arabi, c ne anche la musica militare, eccetto quand’essa fa rumore nei fortissimo. — Il pianista Mortier de Fontaine, ha ricevuto dal re di Prussia SO luigi per la dedica di una composizione per pianoforte. — Gli avanzi d’Ellcviou sono stati trasportati alla sua residenza di Rouzières, presso Lione, per cura della vedova. GIOVANNI RICORDI EDITOIlt-PHOPinUTAHIO. Dall’I. R. Stabilimento Nazionale Privilegiato di Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di GIOVANNI RICORDI Contrada degli Omenonì ï¥. -1720, c sotto il portico di fianco all’I. B. Teatro alla Scala.