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quale si disse che‘quando in quell’opera imitava coi suoni lo splendor della luce, ^§■5^ parve dipinger il suo ingegno.Egli conobbe /rU) Beethoven, cui suole chiamare il Dante © della musica, e lo vide inspirarsi, e lo senti j improvvisare sul graviceinbalo con istraordinario valore: egli copiò molti di quegli sparliti, ne’ quali il Pachierotli inteneriva tutti gli animi’; egli fece scorrere alla meglio 1 arco sopra la sua viola in qualcuna di quelle orchestre che accompagnarono la musica infiorata da Marchesi. E perciò che quando alcuno cerca di sapere l’opinione di lui intorno a questa od a quella novità musicale, ed egli si lascia persuadere a manifestarla, è solito di protestar prima j che saprà dir solo quanto gli insegnò una pratica ahi! troppo lunga, e vorrebbe anche aggiungere, quella.infinitesima porzione di buon senso, che potrebbe aver sortito dalla natura, se non fosse assicuralo che la sarebbe questa una millanteria. Non è però facile il fargli aprir bocca, e spesso i suoi giudizj si vogliono indovinare da qualche sorriso, da ufi piegamento di capo, da un’alzata di spalle. Le espressioni oggi tanto di moda dì beffo ’ ideale, di estetica e cose simili non le usa mai,’ e quando sente ragionare sui raffinamenti, sui capricci delle arti, egli esclama - Natura... genio e basta! Ciò non pertanto sarebbe una ingiustizia l’asserire, che il nostro sonatore abbia giurato la guerra ai libri. Ogni qualvolta dovette trascrivere delle composizioni di accreditati maestri antichi e moderni, ebbe sempre la curiosità di essere informalo delle loro vicende, e quindi usò d’interrogar quegli artisti con cui si abbattè e di leggere ogni scritto.die gli,capitasse fra mani risguardànte l’arte musicale. Per tal modo potè fare annotazione di quanto ascoltò, e di quanto lo colpì maggiormente nelle sue letture, scrivendo ogni cosa in un immenso scartafaccio con ordine alfabetico. Anzi fra tante cose che gli passarono per la testa, egli alcuna volta si era pur sognato di formare una, galleria dei ritratti biografici degli scrittori di musica, sciegliendone i classici in ogni genere e ne’varj tempi della storia dell artepdi analizzarne le produzioni, mostrandone le invenzioni, ed esaminando i diversi cangiamenti da essi introdotti dalle prime epoche fino ai dì nostri. Avrebbe anche voluto a così dire delineare i tratti caratteristici di ciascuna di quelle epoche, e Sempre colle opere originali degli artisti alla mano di vedere di farne gustare le bellezze particolari e permanenti senza tacerne del resto i difetti, e distinguendo quegli proprj all’uno, od all’altro autore, da quelli provenienti soltanto dal gusto predominante del secolo. Non avrebbe voluto tralasciare di spargere qua e là delle notizie concernenti la loro vita domestica, e molto più la loro carriera artistica. In questa guisa essendo la storia de professori di un’arte quella dell’arte stessa, giungerebbesi forse a produrre dei quadri istruttivi, equivalenti a tante lezioni accademiche, la cui varietà potrebbe generare diletto. Ma il sonatore fortunatamente capì che il peso non era per le sue spalle. Un giorno che il vecchio professore trovavasi in una società di amici presso una Ò bravissima dilettante di canto (la signora É donna Teresa Imperatori) di cui egli assai volentieri accompagna talvolta col suono le soavissime melodie, un tale gli disse come un giornale, che si consacra ai progressi delle belle arti, e particolarmente della musica, cercando di raggiungere il suo scopo col diffondere delle cognizioni intorno alla medesima, avea detto con ragione che i suoi professori per lo più hanno poca coltura nella parte erudita deifi arte - che ci voleva Una medicina per guarirli di questo male - che si dovevano aspergere di dolce liquore gli orli del vaso contenente il rimedio - che sarebbe stato desiderabile che si desse in Italia, come in Inghilterra ai tempi del dottor Burney, la laurea anche in musica, e per ottenerla bisognasse aver fatto un corso di studj relativi non alla sola parte tecnica ma anche alla parte letteraria e storica della stessa, e che tornerebbero utili per ciò degli schizzi biografici. In fatti lo stesso giornale avea cominciato con lodevole esempio a presentare un articolo su Pier Luigi Palestrina già pubblicato nella Biografia universale e scritto dall’illustre signor de Sevelinges, quegli che tradusse in francese la storia americana del Botta. — Si, miei signori (si fece a dire il sonatore) è vero che in generale gli artisti musicali hanno bisogno di maggior coltura nella parte letteraria e storica dell’arte, quantunque il pubblico non istimi un ette di più un compositore, se questi sa chi abbia trovato la famosa sillaba sì, per cui tre nazioni si contendono 1 onore dell’invenzione;, o chi pel primo abbia stabilito il divieto delle due quinte progressive. E vero però, che non ci sarebbe mezzo più atto che quello de’ giornali per ispargere delle cognizioni negli amatori della musica ed arricchirne le menti degli artisti. E pur vero che gli articoli biografici potrebbero contribuir benissimo a farci ottenere un tale intento semprechò non mirino solo a soddisfare una curiosità puerile, ma sviluppando i pregi che caratterizzano i sommi dell’arte, dimostrino a qual meta essi sien giunti colle doti della natura e collo studio indefesso: la loro gloria debile servire eli stimolo efficace alla emulazione della gioventù studiosa. Conviene però che simili articoli non sieno copiati da magri ed inesatti dizionarj biografici, e che 1 erudizione sia fondata.sopra fatti certi, e non sopra vaghi racconti, e che il dolce non usurpi tutto fiutile, come una fioritura fuor di luogo e sopraccaricata uccide la più bella frase musicale piena di sentimento e di espressione. Del resto poi non si poteva cominciar meglio che da Pier Luigi Palestrina, da quel1 ingegno straordinario che divenne il riformatore della musica di chiesa, e da cui ebbe principio la gloria eminente dell’Italia in quest’arte divina. Si fece lettura dell’articolo del letterato francese, ed il sonatore questa volta non potè tenersi dal fare una chiacchierata, cui poscia per aderire alle gentili istanze dei suoi amici egli scrisse ed ampliò, già s intende dopo aver consultato il suo fedele scartafaccio. Siccome poi, secondo ciò che disse l’egregio scrittore, di cui si riportò una sentenza in fronte a queste osservazioni, r error solo è frivolo in ogni senso, parve a taluni che la chiacchierata del vecchio professore la potesse correre, se non altro perchè non vi debbon esser bugie. Scrisse il Sevelinges, che il Palestrina «ottenne da un maestro fiammingo alcune «lezioni di mùsica o piuttosto di canto <■<■ fermo. I Fiamminghi aveano allora più fati ma in questo che gli Italiani stessi. Nulla tt meno una vana pretensione alla scienza «li aveva condotti ad un genere si biz- Kj§| «zarro. che la musica sacra aveva perduta gis «tutta la sua nobiltà e tutta la sua espres«sione. Papa Marcello II n’era talmente tù* “ disgustato, che stette in procinto di ban- © «dire la musica dai templi, allorché il Fa- i «lastrina ebbe il permesso di fargli sen-; “ tire una messa clic avea composta scii condo le sue idee particolari. Tale opera, «che fu conservata come un monumento «curioso del risorgimento dell’arte, è cbia«mata ancora la Messa di Papa Marti (fello, ecc., ecc. E piacevole l’aneddoto di questa Messa, ma il malanno si è che quantunque replicato da innumerevoli scrittori sino al giorno d’oggi, manca di verità storica. Papa Marcello II. di cui il Muratori fa molti elogi, morì nella notte precedente al primo di maggio dell’anno Inno, ed il Palestrina compose la suddetta messa nel lofio, per ordine de’Cardinali Vitellozzi e Carlo Borromeo (il santo), delegati dal Pontefice Pio IVall’esecuzione de’decreti del Concilio Tridentino, il quale avea deciso non già di abolire il cauto figuralo, ma solamente ordinato di purgarlo da ogni indecenza ed impurità. Per adempier meglio tale commissione i mentovati Cardinali si consigliarono anche coi Cappellani cantori pontifici e convennero: 1 clic i mottetti e le messe cbn mescolamento di diverse parole non verrebbero più cantati: il." che le | messe lavorate sopra temi di canzoni profane e luride fossero sbandite perpetua- j mentev 5.® che i mottetti di parole capricciose messe in campo da persone private non si sarebbero giammai eseguiti. Dubitando alcuni, che per gli artifizj usati non si potessero render chiare all’uditorio le j sacre parole, il Vitellozzi, clic era amantissimo della musica e per conseguenza | stimava assaissimo il giovane e già famoso Pier Luigi, fece che di unanime consenso si stabilisse di dare allo stesso l’incombenza di scrivere una messa veramente ecclesiastica, soda, Scevra di qual si fosse mescolanza di lascivo ed impuro e nel tema e nella melodia e nella misura, ed il cui tenore fosse tale che a fronte della risuonanza delle armonie e della necessaria vincolazione delle fughe se ne intendessero limpidamente tutte quante le parole ed il senso. S. Carlo parimente persuaso delle insigni doti musicali e delle virtù religiose clic adornavano l’animo del Palestrina fu quegli che gli fece una siffatta proposizione. 11 Palestrina l’accettò trepidando e diede tre saggi di messe invece di una. Nel sabbato in Albis, 28 aprile dSGo, esse vennero provale da lutti i Cappellani cantori pontificj nel palazzo del Cardinal Vitellozzi, ov’eran radunali anche tutti gli altri Cardinali della Congregazione. Furon molto gradite dalla rispettabile udienza tali messe, ma gli elogj maggiori vennero dati alla terza, che per la sua singolare novità fece maravigliare i medesimi esecutori. I Porporati si rallegrarono vivamente coll’autore l’accomandandogli di continuare a scrivere in quello stile e di comunicarlo ai suoi allievi, e quindi rivolti a’cantori pontificj conchiusero, che la musica ecclesiastica non avrebbe patito mutazione, ma che fosse loro cura di scegliere sempre composizioni degne del Santuario, siccome erano quelle del Palestrina. La preloduta Ó messa fu poi a’ -19 di giugno del Ì5G5 can- PS tata la prima volta nella cappella di Sisto & nel Vaticano, ed è fama che Pio IV dicesse esser quelle le armonie del cantico (fe