Frammento dell'Alceo

Ugo Foscolo

Francesco Silvio Orlandini Indice:Foscolo - Poesie,1856.djvu Poesie Letteratura Alceo Intestazione 4 gennaio 2025 75% Da definire

Al signor Naldi Frammenti di sermoni
Questo testo fa parte della raccolta Poesie (Foscolo)


[p. 279 modifica]

FRAMMENTO DELL’ALCEO.1

.     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     
I doni di Lïeo nell’auree tazze
Coronate d’alloro, o naviganti,
Adorando, e libateli dall’alta
Poppa in onor della palmosa Delo,
Ospizio di Latona, isola cara
Al divino Timbrèo, cara alla madre
Delle Nereidi, e al forte Enosigèo.
Non ferverà per noi l’ira del flutto
Dalle Cicladi chiuso, ardue di sassi,
Né dentro al nembo2 suo terrà la notte
L’aure seconde, e l’orïente guida
Delle sviate nubi. Udrà le preci
Febo; dai gioghi altissimi di Cinto,
Lieta d’ulivi e di vocali lauri,
Al nostro corso le cerulee vie
Spianerà tutte, e agevoli alle antenne
Devote manderà gli Eolii venti;
Però che l’occhio del figliuol di Giove
Lieto fa ciò che mira: Apollo salva
Chi Delo onora. O stanza dell’errante
Latona! Invan la Dea lidi e montagne
Dolorando cercò: fuggíanla i fiumi,
E contendean a correre col vento.
Ove più poserai dal grave fianco
Lo peso tuo? né avrà culle e lavacri

[p. 280 modifica]

Dell’Olimpio la prole, o dolorosa?·
Ma la nuotante per l’Icario fonte
Isola, a’ venti e all’acque obbediente,
Lei ricettò, sebbene in ciel la segue
La minaccia di Giuno alla vedetta.
Amor di Febo e de’ Celesti è Delo.
Immota, veneranda ed immortale,
Ricca fra tutte quante isole siede;
E le sorelle a lei fanno corona.
I doni di Lïeo nell’auree tazze
D’alloro inghirlandate, o naviganti,
Adorando, e libateli dall’alta
Poppa in onor della palmosa Delo.
     Tale cantando, Alceo strinse di grato
Ozio i Tritoni, e i condottieri infidi
Alla nave che gìa pel grande Egeo
Italia e le Tirrene acque cercando,
Onde posar nella toscana terra
Le Muse che fuggien l’arabo insulto
E le spade e la fiamma ed il tripudio
Dei nuovi Numi, e del novello impero;
Come piacque all’eterna onnipotenza
Di quella calva che non posa mai
Di vendicar sul capo de’tiranni
Le vittime di Roma, ed i tributi
D’Asia, e di Costantin gli Dei mutati.
.     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     
Salía dell’Athos nella somma vetta
Il duca, e quindi il flutto ampio guardava,
E l’isole guardava e il continente,
Però che si chinava all’orizzonte
Dïana liberal di tutta luce.
Gli suonavano intorno il brando e l’arme
Sfolgoranti fra l’ombre, e giù dall’elmo
Gli percuoteano in fulva onda le spalle
Le giube de’ corsier presi in battaglia;
Sul cimiero ondeggiavangli, ed il negro
Paludamento si portavan l’aure.

Note

  1. Da un Indice delle opere del Foscolo, compilato dall’illustre signor Panizzi bibliotecario del Museo Britannico, apparirebbe che l’Alceo fosse stato finito. Noi per altro abbiam potuto aver contezza soltanto di questo squarcio, che qui riportiamo quale lo pubblicò il Carrer nel 1842.
  2. Credo cbe debba leggerai grembo, come due versi sotto forse converrebbe leggera delle sviate navi.