Fra le Ninfe de' fonti
![]() |
Questo testo è completo, ma ancora da rileggere. | ![]() |
◄ | Febo su rote ardenti | Fra duri monti alpestri | ► |

III
alla medesima.
Fra le Ninfe de’ fonti,
Che bagnano nell’onde
Il puro piè d’argento;
Fra le Ninfe de’ monti,
5Che cingono di fronde
Le chiome sparse al vento,
Lodar beltà nou sento,
Che in alcun pregio saglia
Se a Siringa si agguaglia.
10Sue labbra eran rubini,
La fronte un ciel sereno,
La guancia alme vïole;
Vincea l’oro co’ crini,
E l’avorio col seno,
15E co’ begli occhi il Sole:
Aveva atti e parole,
Onde sempre feriva,
Onde sempre addolciva.
Tal cinta in aurea veste
20Dal crin veli dorati
All’aura ella scioglica;
E per l’ampie foreste,
Nobili archi lunati,
Leggiadra ella tendea;
25Nè correndo imprimea
Neve co’ piè di neve;
Sì fu rapida e lieve.
De’ suoi cotanti onori
Le boscherecce schiere
30Tanto eran use a dire,
Che Pan Dio de’ Pastori
S’invoglio di vedere,
Preso omai per udire:
E l’ardere e ’l perire
35Non furo in lai più tardi,
Che il primier de’ suoi guardi.
Quinci, se il dì sorgeva,
Solo ne i boschi ombrosi
Siringa ei vagheggiava;
40Quinci, se il dì cadeva,
Solo negli antri ascosi
Di Siringa ei pensava:
Or quando ei sì l’amava,
Tentò scaldarle il core
45Con preghiera d’Amore.
Un giorno armava l’arco
Dietro un folto cipresso
Lungo un lucido rio,
Orso attendeva al varco,
50Che ivi ne venía spesso
Dal suo speco natio:
L’innamorato Dio
Pallido ne i sembianti
A lei si fece avanti,
55E disse: O giovinetta,
Ricca di tal bellezza,
Qual non apparse mai,
Scompagnata e soletta,
Tutta tua giovinezza
60Non dèi menar, ben sai:
Ma se forse oggimai
Ad amar ti disponi,
Ascolta mie ragioni.
Volea dir come ei nacque,
65Quanta avea Signoria,
E sua dolente vita;
Ma qual delfin per l’acque,
Saltando ella sen gía
Per la piaggia fiorita:
70Ei, come Amor l’invita,
Dietro le va veloce,
E grida ad alta voce:
Deh! perchè si paventi,
Perchè a fuggir t’affretti,
75Ah Ninfa! un che t’adora?
Ma non eran possenti
I fervidi suoi detti
A farle far dimora,
Ninfa, ei giungeva allora,
80Ninfa, odi il pregar mio:
Mira, che fuggi un Dio.
Ella mette le penne,
E lascia da lontano
L’amante molte miglia:
85Che poscia al fine avvenne?
Avvenne caso strano,
Ed alma meraviglia;
Che si fecer le ciglia,
E la guancia amorosa
90Vil canna paludosa.
Ben mi so, che Elicona
Favoleggia cantando,
Perchè a lui più s’attenda;
Pur colà si ragiona
95Cotal favoleggiando,
Perchè senno s’apprenda.
Corte, ciò ch’egli intenda
Per si fatto accidente,
Il ti vo’ dir; pon mente:
100Non è bellezza degna
Di così nobil vanto
Fra le beltà più vere,
Ch’ella vil non divegna;
Poichè ha spiegato alquanto
105Le penne sue leggiere:
Sciocche donzelle altiere,
Che può valer ventura,
Che picciol tempo dura?