Filottete (Sofocle - Romagnoli)/Secondo stasimo
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TERZO CANTO INTORNO ALL’ARA
coro
Strofe I.
Non vidi mai, ma certo udii discorrere
dell’uom che s’appressò di Giove al talamo1,
come, legato d’una ruota al cerchio,
l’onnipossente figlio di Giove l’avventò.
Ma nessun altro vidi, né intesi mai degli uomini
che sorte avesse di costui piú barbara,
che senza violenza e senza fraude
visse, ugual fra gli uguali; ed a sí misero
destino rovinò.
E meraviglio come, solo cosí, dei vortici
udendo sempre in giro
l’alto frastuon, resistere
potesse a tal martiro.
Antistrofe I.
Dove era a sé solo vicino, e muovere
non potea passo, e niuno era a lui prossimo,
fosse pur gramo, che al cruento gemito
del dolor che il rodeva, si movesse a pietà,
né che l’ardente flusso della piaga sanguinea
735del piede inciprignito, allor che a scorrere
cominciava, curasse con le mediche
erbe trascelte da le zolle fertili.
Ed errava qua, là,
qual di nutrice pargolo privato, appena tregua
740dello spasimo al morso
trovasse, ovunque facile
cibo gli fosse occorso.
Strofe II.
Mai della sacra terra non ti fu dato cogliere
almo seme, o qual altro frutto onde l’uom si nutre,
745tranne se mai, dal pronto arco le aligere
frecce scoccando, all’alvo tuo vitto procacciassi.
Oh misero, oh tapino,
che di mesciuto vino
750non conoscesti per dieci anni il gaudio,
ma dovunque scorgessi un’acqua putre,
lì rivolgevi i passi!
Antistrofe II.
Ma di nobili padri t’imbattesti or nel figlio.
Felice dai tuoi triboli, grande uscirai, fra poco.
Ei, dopo tanti mesi, alla tua patria
755ti condurrà, nel legno pronto a toccar la mèta,
delle Melíadi Ninfe
al soggiorno, alle linfe
dello Spèrchio, onde ascese Ercole ai Superi,
tutto arso dal divin paterno foco,
760sui vertici dell’Eta.