Fiabe e leggende/I due poeti
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I DUE POETI
Per un sentiero a margini
Di gigli e di roveti,
Un lungo stuol precedono
Due giovani poeti;
Non hanno al crin l'olimpico
Raggio del greco Apollo,
Non l'arpa ad armacollo.
Perchè lo stuol li seguita
Fra i gigli e fra i roveti?
Lo stuol lo ignora e mormora:
Quei due, son due poeti!
E meste donne, e vergini
Dagli occhi innamorati,
E giovinetti pallidi
Di larve inebriati,
E vecchi malinconici
Pieni di antiche storie,
Belli di antiche glorie,
Risa mescendo e lagrime,
Fra i gigli e fra i roveti,
Col plauso e la bestemmia
Seguono i due poeti.
L’un canta: — I dì declinano,
La creazione è stanca;
Un immenso sbadiglio
Il vecchio Adamo abbranca;
La vetustà dei secoli
Piange nell’universo,
E, in alta noia immerso,
Fra i dormïenti arcangeli,
Dio nell’azzurro io scerno
Che raccapriccia all’orrida
Idea d’essere eterno.
Desolazione e tenebra,
Ecco il nuovo retaggio!
Si fan di gelo i crateri,
Muor sulle fronti il raggio;
Onta all’amplesso, o vergini!
Maledetti i neonati!
Perano i fior sui prati,
E, coperta di cenere,
L’umanità languente
Si dissolva nei torbidi
Vapor dell’occidente! —
E l’altro canta: — Vivere
È uno scoppio di riso;
Il mondo è un manicomio
Che inneggia al paradiso!
Vedete i fior? Son lagrime
Della occulta allegrezza,
E la terra si spezza
Perchè ci dican gli alberi
Che giù nel tenebrore
Non si cessa di ridere,
E si fa ancor l’amore!
Vecchi pensosi; e vecchie
Dimesse, usciamo al sole;
Scordiamo i dì che furono
Per intrecciar carole;
E intorno a voi si accoppiino
Le giovinette razze;
Proli beate e pazze
Escan dai fianchi indomiti
Dei forti e delle belle;
E presto andrem nell’aria
A dischiodar le stelle!
E il primo ancora: — O l’Ellade,
La Venere di Milo!
Splendor, melodi, effluvii
Dall’Ellesponto al Nilo!...
O Menfi, o Babilonia!
Gioite ancor dal nulla;
Giganti della culla,
Ecco i pigmei del feretro!
Questa che si dissolve
Ripiomberà, caligine,
Sopra la vostra polve!
E l’altro ancora: — Un brindisi,
Fanciulli, all’avvenire!
E prepariamo un tumulo
Ai dubbi, ai pianti, all’ire!
Siam gli eredi dei secoli
Che han fatto economia;
A noi la legge pia,
La libertà dell’anima,
Il lavoro ferace,
A noi l’amore, il genio,
L’innocenza e la pace! —
Tal pel sentiero a margini
Di gigli e di roveti
Un lungo stuol precedono
I giovani poeti.
Però la folla attonita
Va ripetendo intorno:
Se l’un sorride al giorno,
Se l’altro è nelle tenebre,
Fra i gigli e fra i roveti,
Perchè la terra viaggiano
Insieme i due poeti? —
E meste donne, e vergini
Dagli occhi innamorati,
E giovinetti pallidi
Di larve inebriati,
E vecchi malinconici
Pieni di antiche storie,
Belli di antiche glorie,
Dicon: son risa o lagrime,
Son gigli o son roveti
Che coglierem sul mistico
Sentier dei due poeti? —
Allora un vecchio incognito
Apparve d’improvviso;
Pareva un dell’Iliade,
Tanto era grande in viso;
Certo avea viste l’epoche
Dei palesati arcani.
Stette, ed alzò le mani;
I due si inginocchiarono,
E quell’immenso stuolo
Fu tutto muto e immobile
In un momento solo.
— Dalle regioni eteree,
Dai sempiterni campi
Dove i Ver sono océani,
Dove le Idee son lampi,
Piova su te, miserrima,
Cieca turba, la luce:
È Amor che ti conduce!
È il divino carnefice
Che han questi due nel core!
È Amor che guida al tumulo,
Sia gioia o sia dolore! —
Disse: e, il manto sciogliendone,
Scoperse a lor due piaghe,
Che nell’ombra grondavano
Su quelle forme vaghe;
Lo stuol seguita avevala,
La bella coppia esangue,
Fra due rivi di sangue;
E quei due rivi uscivano
A flutti, e niun li vide,
Uno dal cor che lagrima,
L’altro dal cor che ride.