Appiattati guardava. Il vide appena, 5Che, di grazia, gli dice, se cotanto
Incauta m’inoltrai, tu mel condona;
Indi, chiaro poichè tu scorgi, o Drago,
Nulla confarsi l’oro al viver mio,
Dimmi cortese, quale o premio, o frutto 10Ciò ti reca, sicchè tu sempre vegli
In tenebre? Nessuno, egli rispondi;
Ma Giove me l’impose. Adunque nulla
Ne prendi, o doni? È tale il mio destino.
Se audace parlo, mel condona: irato 15Cielo chi a te è simile, a vita trasse.
* Tu adunque, che n’andrai ove andar’ pria
Quanti fur di te innanzi; a che t’affanni
Sordido, cieco, ed infelice avaro?
Gaudio d’erede, a cui il suon di cetra, 20E di flauto, tristezza, e angoscia arreca,
Che ti privi di cibo, i Dei d’incenso,
Cui de’ viveri il prezzo elice il pianto;
E purchè a l’arca un qualche soldo aggiungasi,
Con sordidi spergiuri il cielo stanchi: 25E purchè Libitina non acquisti
Tutta la spesa al funeral recidi.