Fatalità (1895)/Salvete
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SALVETE.
Penso agli atleti della vanga — ai forti
Che disfidando urlanti nembi e soli,
Strappano a l’arsa e tormentata gleba
4Misero un pane.
Penso agli atleti del piccone — ai macri
De la miniera poderosi atleti,
Ne l’ombra nera ed imprecata ansanti
8Senza riposo.
.... Un sordo rombo ecco serpeggia — e crolla
Precipitando con fragor la vôlta,
E tutto è polve e buio abisso e lunghi
12Gemiti e morte....
Ma il sen squarciato de la gran montagna
Fende il vapor vittorïoso, e passa;
E lo saluta al trionfato varco
16Fulgido il sole. —
.... Penso agli atleti dell’idea, che, accesi
D’ansia febbril la generosa mente,
Martiri e duci, fra le turbe ignare
20Tuonano a pugna:
Penso a chi veglia, s’affatica e muore
Disconosciuto.... e dal mio seno irrompe
Alto echeggiando su la terra un grido:
24Forti, salvete! —
★
Salvete, o petti scamiciati e ferrei,
Ruvidi corpi e muscolose braccia
Infaticate nel clamor ruggente
28De l’officine:
Salvete, o voi, cui del lavoro infiamma
Il santo orgoglio, e nel lavor morrete,
Voi, del pensier, del maglio e della scure
32Strenui campioni.
A me dinanzi in visïon severa
Passan profili d’operaie smorte,
Passan le navi ruinanti a l’urto
36De la procella;
E bimbi stanchi e incanutite fronti,
E mozzi corpi e sfigurati volti,
E tutta, tutta un’infinita, affranta,
40Lurida plebe.
Sento da lungi un romorìo di voci,
Colpi di zappe, di martelli e d’aste:
Io, fra il tumulto che la terra avviva,
44Libera canto;
Te canto, o sparsa, o laboriosa, o grande
Famiglia umana!... Va, combatti e spera,
Tenta, t’adopra e non posar giammai;
48Breve è la vita.
Su le tenzoni del lavor; sul capo
Dei vincitori e l’agonie dei vinti,
Guardo sereno ed immortal di Dio,
52Sfolgora il Sole.