Fatalità (1895)/Il canto della zappa
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IL CANTO DELLA ZAPPA.
Ruvida spada io son che il terren fende;
Son forza ed ignoranza.
In me stride la fame e il sol s’accende;
4Son miseria e speranza.
Io conosco la sferza arroventata
Dei meriggi brucianti,
Dell’uragan che scroscia a la vallata
8Le nubi saettanti.
Io so gli olezzi liberi e feraci
Che maggio da la terra
Con aulenti corolle, insetti e baci
12Trionfando disserra;
E nell’opra d’ogni ora e d’ogni istante
Io più m’affilo e splendo;
Rassegnata, fortissima, costante,
16Vo il duro suol rompendo.
Ne le basse casupole sconnesse,
Nel rozzo cascinale
Ove penetra per le imposte fesse
20L’acre vento invernale,
Ove del foco sul tizzon che geme
L’ignavia s’accovaccia,
E la pellagra insaziata freme
24Gialla e sparuta in faccia,
Entro e guardo. — E in un canto abbandonata,
Ne l’alta e paurosa
Notte che incombe a l’umida spianata
28E a la stanza fumosa,
Mentre la febbre di risaia scote
Feminei corpi affranti,
E più non s’odon che le torve note
32Dei villici russanti,
Veglio ed un soffio di desìo m’infiamma
.... Sogno la nova aurora,
Quando, dritta qual rustico orifiamma
36Nel sol che l’aure indora,
Serenamente splendida, brandita
Da un’inspirata plebe.
Sorgerò, bella di vigor, di vita,
40Da le feconde glebe.
Ma le lame saran pure di sangue,
E bianchi gli stendardi;
Conculcato morrà de l’odio l’angue
44Sotto i colpi gagliardi;
E dalla terra satura d’amore,
Olezzante di rose.
Purificata dal novello ardore
48De le gare animose,
Fino a l’azzurro ciel tutto un tumulto
Di rozze voci umane
Salirà come un inno ed un singulto:
52“Pace!... lavoro!... pane!....„