Facezie (Poggio Bracciolini)/36
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Traduzione dal latino di Anonimo (1884)
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XXXVI
Di un signorotto che ingiustamente accusò
un uomo ricco.
In un borgo del Picentino chiamato Cingoli, era un uomo molto danaroso; e quando venne ciò a conoscenza del signore del luogo, questi, a fine di togliersi il danaro, cercò pretesto di un delitto; e chiamatolo a sè, gli disse che e’ lo riteneva reo di lesa maestà; e poi che l’altro rispondeva di non aver mai fatta alcuna cosa contro lo Stato e contro la dignità del signore, questi insisteva nella accusa concludendo che doveva essere egli punito
nel capo; il pover uomo gli chiese che cosa avesse egli alla fine fatta. “Tu, gli rispose il signore, hai tenuto in casa nascosti i miei nemici e i ribelli che cospirarono contro di me.” E quello capì finalmente che il signore voleva il suo denaro, e amando meglio di perder questo che la vita: “Sì, monsignore, rispose, è vero ciò che voi dite; ma datemi con me alcuno degli uomini vostri, che que’ nemici e ribelli vi darò tosto nelle mani.” E mandati alcuni fanti alla casa, l’uomo li condusse alla cassa in cui era il danaro, e apertala: “Prendete subito questi denari, disse, che non solo del signore nostro, ma pur di me sono nemici acerrimi e ribelli.” E quando il signore li ebbe avuti, l’uomo sfuggì a ogni pena.