Etica/Libro Secondo/V
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Libro Secondo - IV | Libro Secondo - VI | ► |
V. — La costituzione psicologica dell’uomo.
1) Il corpo umano è un aggregato di unità fisiche, atto ad entrare in molteplici rapporti con i corpi esterni: così l’anima (mens) non è un’unità semplice, ma un aggregato organico d’idee, atto ad accogliere in sè altre idee, cioè ad avere molteplici rappresentazioni dei corpi (prop. 14-15). In ciascuno di questi contatti, come dal rapporto del corpo con gli altri corpi risulta un movimento che deriva dall’uno e dagli altri, così l’idea corrispondente ci rappresenta lo stato del nostro corpo e quello degli altri corpi con cui è in rapporto: perciò «le idee che abbiamo dei corpi esterni esprimono più la natura del nostro corpo che quella dei corpi esterni» (Et., II, 16, dim.).
Prop. 15. L’idea che costituisce l’essere formale della mente umana non è semplice, ma composta di molte idee.
Prop. 16. L’idea di qualunque affezione del corpo umano da parte dei corpi esterni deve involgere la natura del corpo umano e nello stesso tempo quella del corpo esterno.
Nelle due proposizioni successive Spinoza passa a spiegare la memoria e l’associazione delle idee. La spiegazione che egli ne dà è fisiologica: la persistenza delle immagini è messa in rapporto con la persistenza delle impressioni materiali nel corpo. Ma questo non implica una dipendenza: è un semplice richiamo a ciò che avviene nella serie corporea parallela. Siccome l’idea o immagine del corpo esterno non è tanto un rispecchiamento di questo, quanto uno stato nostro, nel quale concorre anche la natura del corpo esterno, così non è affatto necessario che questo esista realmente perchè noi ne abbiamo l’immagine: basta che l’azione sua, lo stato prodotto in noi, persista e non sia tolta da un’altra azione contraria. L’azione sua, cioè lo stato corrispondente in noi tende, in altre parole, a persistere indefinitamente; perchè si cancelli, è necessario intervenga in noi un’altra azione, un altro stato. Quando in noi, scomparso l’oggetto, persiste l’immagine illusoria, l’errore non sta nell’avere l’immagine dell’oggetto, ma nel non avere l’immagine di ciò che ha sospinto l’oggetto fuori della cerchia dell’esistenza reale: questa immagine darebbe alla prima il suo vero carattere di semplice rappresentazione memorativa. Che anzi il conservare l’immagine degli oggetti non più presenti, conoscendone la non esistenza, è un atto di potenza della mente e come un tentativo di tenere presente anche ciò che cade fuori della limitata sfera dell’esperienza immediata. Queste immagini sono certo meno vive di quelle delle cose presenti: ma in sè sono della stessa natura di queste e non vi è alcuna essenziale differenza tra l’immagine attuale e quella di cose puramente ricordate o immaginate.
Anche la spiegazione che Spinoza dà dell’associazione è in apparenza fisiologica: laddove l’intelletto collega le idee secondo la loro natura in un ordine obbiettivo uguale per tutti, l’associazione immaginativa le collega secondo le affezioni del corpo: ossia secondo quei rapporti soggettivi che si stabiliscono fra le rappresentazioni per effetto della causalità empirica e che riproducono i rapporti accidentali che la causalità empirica stabilisce fra gli elementi del nostro corpo e gli altri corpi; che cioè riproducono i rapporti accidentali che si stabiliscono fra le nostre affezioni corporee.
Siccome l’anima ci rappresenta il corpo corrispondente non in sè, come è nella realtà assoluta, ma solo come è nell’esperienza finita, nei suoi rapporti causali accidentali con gli altri corpi, dai quali la sua esistenza è determinata, così non si può dire che essa conosca il corpo nella sua intrinseca natura, ma soltanto nelle sue affezioni; nelle quali, come sappiamo, concorre non solo la natura del corpo che ne è il soggetto, ma anche quella dei corpi agenti su di esso (prop. 19).
2) Le prop. 20-23 ci dànno la teoria dell’idea mentis: teoria necessaria a Spinoza per spiegare la coscienza riflessa. Ogni modo ha un lato reale ed un lato ideale; ma questo, in quanto è anch’esso un che di reale, deve avere il suo lato ideale, la cogitatio della cogitatio. Vale a dire l’idea deve essere la coscienza dell’affezione corporea e di se stessa (idea mentis): l’idea mentis non è che la mens in quanto ha coscienza di sè: «mentis idea et ipsa mens una eademque est res» (prop. 20-22). Nella prop. 23 Spinoza stabilisce per la mens ciò che ha detto sopra (prop. 19) rispetto al corpo. Anche la idea mentis, in quanto è la coscienza che la mente ha di se stessa e in quanto la mente non coglie la natura del corpo se non nelle sue affezioni, non è una vera e propria coscienza che la mente abbia della sua natura, ma è soltanto la coscienza delle sue proprie affezioni.