Esempi di generosità proposti al popolo italiano/La speranza generosa/VIII
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Era Càleb serbato a sopravvivere a’ due grandi conducitori del popolo, Mosè e Giosuè: la tenacità della sua generosa fiducia nei comuni destini doveva essere quasi rappresentata dalla tenacità della vegeta vita. Vita più piena non so se rincontrisi in tutta la storia: perch’egli vide la sua gente oppressa inaffiare de’ propri sudori la terra straniera, e lavorò forse anch’egli con le sue mani a taluna di quelle piramidi che noi vediamo tuttavia sorgere dal deserto quasi sfingi giganti, enimma della potenza e del nulla umano, trofei della tirannide e della morte. Poi vide i miracoli della liberazione: e prima ancora che questi incominciassero, il germe della fede ch’e’ nutriva nel cuore, gli venne fecondato dalla parola di Mosè, e fiorì a un tratto in opere di pensato coraggio. Poi vide i miracoli della solitudine ancora più grandi; come una greggia immensa, inesperta dello spontaneo ubbidire e del libero comandare a sè stessa, a dispetto delle proprie diffidenze e mattìe, fu condotta dalla verga d’un solo pastore; e le sue cupidigie e paure non la dispersero quasi rena del deserto; e, unita, seguitò la sua via, come fiume che rumoreggia chiuso tra forti argini ed alti. Poi vide una nuova mèsse di meraviglie sotto il raggio ardente di Dio germinare in pro del suo popolo; e, vincitore della comune disperazione e delle contraddizioni fraterne, ch’è il più terribile de’ nemici, varcò il fiume sacro, e vide l’arca del patto fermata sicuramente sotto tende ospitali; e stette a lungo tra le generazioni novelle, monumento vivente delle benedizioni d’Israello e delle divine magnificenze.
Nè però insuperbì di quanto aveva e veduto e operato; nè de’ propri patimenti degnò, come tanti usano, fare arme di cupidigia o di vanità. Nè solo a Mosè, ma al compagno della sua fede, a Giosuè, prontamente si sottomise, riconoscendolo capitano: chè ben sapeva come, ne’ momenti difficili principalmente, richiedesi l’unità del comando; e nel comando riguardava non tanto i laboriosi e invidiosi diritti quanto i doveri tremendi, e la malleveria che non è mai soddisfatta abbastanza. La cauta modestia era in lui fatta più virtuosa dalla coscienza del proprio valore; onde, giunta l’ora della mercede, e’ la chiese a fronte alta. Non la chiese però di vantaggi facili e d’agi ingloriosi; domandò la possessione d’un terreno ch’egli doveva con nuove fatiche e pericoli meritare. Nè si sa che Mosè avesse a lui prestabilita la parte; e, se ciò fosse, l’avrebbe Càleb rammentato a Giosuè espressamente. Dal che si vede e la sua generosa fiducia, e come nelle minori partizioni del terreno, e in altre cose assai, fosse libera, di necessità, al successore la scelta, e come il consentimento degli anziani del popolo a questa con libertà concorresse.