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questa parola. La vigoria di quel tempo sino ad oggi persevera in me tanto a combattere quanto a andare, e mi sento così valido com’ero a quegli anni. Or, perchè io ho fedelmente seguito il Signore Dio mio, dammi, Giosuè, il monte d’Ebron, là dove sono città grandi e munite; che sia eredità de’ miei figli». Giosuè lo benedisse, e gli assegnò quel paese, consentendo Eleazaro e i capi delle famiglie, e la moltitudine tutta quanta.
Era Càleb serbato a sopravvivere a’ due grandi conducitori del popolo, Mosè e Giosuè: la tenacità della sua generosa fiducia nei comuni destini doveva essere quasi rappresentata dalla tenacità della vegeta vita. Vita più piena non so se rincontrisi in tutta la storia: perch’egli vide la sua gente oppressa inaffiare de’ propri sudori la terra straniera, e lavorò forse anch’egli con le sue mani a taluna di quelle piramidi che noi vediamo tuttavia sorgere dal deserto quasi sfingi giganti, enimma della potenza e del nulla umano, trofei della tirannide e della morte. Poi vide i miracoli della liberazione: e prima ancora che questi incominciassero, il germe della fede ch’e’ nutriva nel cuore, gli venne fecondato dalla parola di Mosè, e fiorì a un tratto in opere di pensato coraggio. Poi vide i miracoli della solitudine ancora più grandi; come una greggia immensa, inesperta dello spontaneo ubbidire e del libero comandare a sè stessa, a dispetto delle proprie diffidenze e mattìe, fu condotta dalla verga d’un solo pastore; e le sue cupidigie e paure non la dispersero quasi rena del deserto; e, unita, seguitò la sua via, come fiume che rumoreggia chiuso tra forti argini ed alti. Poi vide