Er zervitore quarelato

Giuseppe Gioachino Belli

1833 Indice:Sonetti romaneschi III.djvu sonetti letteratura Er zervitore quarelato Intestazione 26 aprile 2025 100% Da definire

L'ammalato Er venardì ssanto
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833

[p. 1 modifica]

ER ZERVITORE QUARELATO.

     Oh,[1] cquanno lei me parla d’un brillante,
C’intennémo,[2] e nnun ciò[3] ggnente in contrario;
Ma nnò cquanno me disce un zolitario,
Credenno de parlà cco’ un iggnorante.

     Drent’a un libbro ch’io sempre me sce svario,[4]
C’è: “Er zolitario è un vermine ch’ha ttante
Canne de vita, o un passero, o un birbante
Che ccampa cór diggiuno e ccór breviario.„

     Cuer che ppoi disce la padrona mia,
Ch’io nell’essenza[5] sua je l’ho ttruffato,
La mi’ padrona disce una bbuscìa.

     In cuesto io nun ciò ccorpa[6] né ppeccato:
L’anello suo je l’ho pportato via,
Perché nnun je l’avéssino[7] arrubbato.

Roma, 10 febbraio 1833.



Note

  1. Oh, pronunziato con prolungato suono, esprime affermazione e concordanza di opinioni.
  2. Ci intendiamo.
  3. Ci ho.
  4. Mi ci diverto.
  5. Assenza.
  6. [Non ci ho] colpa.
  7. Avessero.